
A Marina di Ascea, nel Cilento, in Campania, dove passavo le vacanze da piccolo, c’era un posto ai margini del paese che chiamavano “quartiere arabo”. Mia madre le prime volte mi proibiva di andarci, cosa che fece di quel quartiere la meta dei miei pellegrinaggi proibiti. Che ci sarà mai nel quartiere arabo? Ci sono gli arabi? Qualcuno, forse sì. Chissà da quanto tempo era lì, lui e la sua famiglia, dalle invasioni saracene? Probabile. Era uno strano contrasto. Le rovine di Elea da un lato, il quartiere arabo dall’altro. Sono cresciuto al suono di queste sirene. Ho studiato e studio questi due mondi con grande interesse: mondo greco e mondo arabo. Si torna sempre da dove si era partiti.
Questi racconti di viaggio nascono dalla curiosità: conoscere il mondo arabo-islamico. Ma c’è una difficoltà, questo mondo è vasto, qualche volta impenetrabile, va dal Marocco all’Indonesia. Conviene fissare alcuni punti basilari per non smarrirsi. La diversità geografica di questo mondo induce a precisare alcune coordinate, la prima delle quali è il deserto. Ci sarebbero da fare mille considerazioni su che cosa significhi viaggiare a dorso di dromedario nella solitudine del deserto; quali sensazioni evochi; quali pensieri riesca a far emergere dal profondo di se stessi.
E’ come navigare al largo nell’oceano. Lontano. Molto lontano. In fondo gli oceani si somigliano, quello d’acqua e quello di sabbia. Sono l’immagine stessa dell’infinito. E nell’infinito si può abitare solo in spirito. “Più penetri nel deserto più ti avvicini a Dio”, dire un proverbio arabo. E’ un richiamo irresistibile per un credente, ma non è il nostro caso. Ci interessa piuttosto la radicalità della differenza rispetto allo spazio-tempo in cui siamo abituati a vivere.
Il libro della Genesi afferma che Ismaele nacque dalla schiava “Agar (Bibbia)”. Agar partorì ad Abramo un figlio e Abramo chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito (Genesi 16,15).
Alla nascita del figlio Isacco, la moglie Sara si ingelosisce nei confronti della giovane schiava Agar. Abramo si trova allora costretto ad allontanare Agar e il loro figlio Ismaele (cfr. Genesi 21,8-21), che si riducono a vivere nel Deserto di Paran. Più avanti Ismaele prenderà in moglie una egiziana.
Ismaele è perciò considerato il progenitore “nobile” degli Arabi i cui discendenti, da questo punto di vista, possono essere definiti “ismaeliti” (da non confondere con gli sciiti “ismailiti).
La storia del confronto tra i biblici figli di Isacco e i figli di Ismaele è più che millenaria, ma oggi assume un carattere particolare di contrapposizione e di contrasto. L’11 settembre 2001 ha segnato una vera e propria svolta, ma i segnali erano già evidenti prima. Nello stesso mondo arabo-islamico si sono prodotte delle novità assai rilevanti, basti pensare alla cosiddetta Primavera araba (2011-13).
Come si vede, il panorama è vario e presenta molti punti di indubbio interesse. In questo contesto non ci sarà molto spazio per analizzare storicamente questi fenomeni, che dovremo rimandare ad altre occasioni. Si fornirà però lo spunto per un indagine non superficiale della cultura musulmana profonda, quella che fornisce il sostrato di tante evenienze più spettacolari.
E’ assai probabile che il tema del viaggio sia il più trattato nelle opere letterarie. Forse soltanto quello dell’amore è stato oggetto di altrettanto interesse. Anzi, quasi sempre i due argomenti sono strettamente intrecciati, se per amore intendiamo non solo quello affettivo di coppia, ma quello più generale, come quello tra Dio e Abramo, ad esempio. Quasi sempre a monte di un viaggio esiste un desiderio e il desiderio è il motore dell’amore.
Basta la parola “viaggio” per evocare un universo fittissimo di suggestioni contrastanti. Il viaggio simbolo, coagulo di una marea di implicazioni. Il viaggio evoca l’avventura, la migrazione, l’estraniazione, la nostalgia, la fatica, la curiosità, lo stupore, la soddisfazione, il cambiamento, il timore, l’entusiasmo, l’attesa, l’incontro. Ed ecco che nuovamente tutte queste suggestioni si polarizzano, disponendosi intorno a due nuclei opposti : la seduzione contro la paura, la curiosità contro la nostalgia, la fatica contro la soddisfazione e via dicendo.
I significati del viaggio si polarizzano in relazione alla propria cultura ed alla propria esperienza personale. Il viaggio non è qualcosa di oggettivo, ma è straordinariamente soggettivo. E’ un oggetto culturale mutevole. E, soprattutto, in quanto insieme di significati contrastanti, il viaggio scatena sensazioni ed emozioni molto forti. Una di questi è la paura. L’ignoto fa paura ma nello stesso tempo è straordinariamente attraente. Evoca lo spirito primordiale del confronto con un mondo diverso, materiale, corporeo. Era stato Edward W. Said a mettere in guardia nel considerare l’Oriente come un’idea o una costruzione culturale priva di corrispettivo materiale. L’odore dell’Oriente è diverso dal nostro, i cibi hanno un altro sapore, ci si può ammalare.
Anche se si ha una meta, in realtà il viaggio vale per se stesso: ogni momento, ogni tratto del percorso può riservarci dei punti di arrivo: sono le piccole scoperte, sono il susseguirsi di sensazioni diverse nelle quali ci addentriamo mano a mano che proseguiamo. Per questo si dice che i veri viaggiatori siano quelli che si spostano di continuo, lasciandosi guidare dal caso e dalle informazioni che acquisiscono cammin facendo. E’ questo l’ospite inquietante: il caso, la casualità, in contrapposizione alla vita ordinata ma noiosa, rassicurante ma senza orizzonte. “La struttura del transito – ha scritto Eric J. Leed- è una struttura di mutamento e ciò può confondere coloro che vedono la struttura come l’antitesi del mutamento, come la fonte della rigidità e della permanenza e non come un principio di crescita o evoluzione”.
Questi transiti si dispongono lungo le linee di itinerari ben precisi. Ho iniziato dalla Turchia, nel 1997, per poi scorrere il nordafrica da occidente verso oriente. Poi sono penetrato nel Medio Oriente, nella pemisola araba, nell’Iran, nelle steppe dell’Asia centrale (Uzbekistan), con l’intenzione di spingermi pià a est, verso l’Indonesia. Un primo assaggio è consistito nell’eplorazione del mondo Moghul in India.
Il percorso è ancora aperto. Ho dei rimpianti, per esempio di non essre andato in Iraq prima delle due guerre, di non essere andato in Libia quando ancora era possibile, di non essere andato in Siria prima della guerra civile, di non avere forse speranza di visitare il Pakistan. Questo forse è il momento della storia in cui il mondo arabo-islamico attraversa una sua propria transizione bagnata nel sangue, spesso di vittime innocenti. Prima di partire spesso bisogna consultare i bollettini di guerra; intere zone di millenaria civiltà sono precluse; migliaia di chilometri sconvolti dalla guerra. In questi casi bisogna attendere. E studiare.
Antonio De Lisa
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Indice e collegamenti agli articoli
Sulle strade del sultano- Viaggio in Turchia
Grecia ottomana
Il Marocco tra realtà e finzione
Rotte giordane
Nella terra di Sinbad il marinaio- Viaggio in Oman
Il sorriso della steppa. Viaggio a Samarcanda e in Uzbekistan
Il sole belva dell’altopiano-Viaggio nell’Iran profondo
Conquiste e riflusso musulmano- L’impero Moghul in India

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