Conquiste e riflusso musulmano- L’impero Moghul in India

Conquiste e riflusso musulmano- L’impero Moghul in India

L’India Moghūl (1526-1857)

L’ultimo grande impero indiano prima di quello britannico fu quello dei Moghūl. Fu chiamato così perché gli invasori che conquistarono l’India nel XVI secolo erano Mongoli, o meglio Turco-Mongoli, discendenti dei guerrieri di Genghiz khān e di Tamerlano (Tīmūr). Nei due secoli che erano trascorsi tra Genghiz khān e Tamerlano, i Mongoli si erano trasformati, innanzi tutto culturalmente.

Le conquiste effettuate li avevano posti in contatto con civiltà assai superiori, i cui elementi avevano largamente assorbito. Essi avevano formato una grande compagine politica: con Genghiz khān le orde mongole si erano aggregate in un grande impero accentrato e organizzato secondo strutture nuove rispetto a quelle tradizionali della stirpe. In questa compagine i guerrieri mongoli costituivano l’aristocrazia militare, ma i quadri amministrativi erano composti da stranieri (Cinesi, Persiani, ecc.), che si erano giovati della notevole tolleranza cui s’ispirava il governo di Genghiz khān per pervenire ad una grande influenza nell’impero.
Erano poi venuti la conversione dei Mongoli all’islamismo e il rafforzarsi delle influenze persiane. Particolarmente rilevante era stato l’ingresso di elementi turchi nella società mongola, che era così divenuta una società turco-mongola. Alla morte di Genghiz khān (1226) l’unità dei suoi domini si ruppe, lo stesso avvenne dopo il secondo grande impero mongolo edificato da Tamerlano.

Quella mongola restava però pur sempre una grande potenza e, per quanto riguarda l’India, la conquista che aveva compiuto alla fine del XIV secolo del sultanato di Delhi le forniva un titolo storico e anche giuridico per affermare una pretesa sul Hindustan. Esistevano cioè le premesse per una riconquista dell’India settentrionale. Abbiamo già visto che, dopo la spedizione in India di Tīmūr (1398), il fondatore della penultima dinastia dei sultani di Delhi, quella dei Sayyid, derivò la sua investitura dal vassallaggio rispetto alla dinastia di Tīmūr. Fu un discendente di Genghiz khān e di Tamerlano, il principe Bābur (o Bāber, “il Leone”), che fondò in India l’impero dei Moghūl.

Nel 1526 il Príncipe Babur, discendente di Genghis Moghūl e di Tamerlano, valicò il Khyber Pass e conquistò gran parte dell’India del Nord e dell’Afghanistan dopo aver sconfitto l’ultimo Sultano di Delhi, Ibrahim Shah Lodi. Nasceva cosí la dinastia Moghūl che ebbe il “periodo d’oro” dal 1556, regno di Jalaluddin Mohammed (meglio noto come Akbar-e-Azam, “Akbar il Grande”),al 1707, data della morta di Muhammad Aurangzeb Alamgir. La dinastia si comcluse con Bahadur Shah II, deposto dagli Inglesi alla fine del “Grande Ammutinamento” del 1857.

La gran parte del “periodo d’oro” storico-politico si svolse nel momento in cui la East India Company metteva piede e si insediava nell’India Settentrionale, proprio grazie ad un Imperatore Moghul, Nuruddin Salim Jahangir.

Il “momento magico” dei Moghūl fu anche il momento piú straordinario della loro architettura. Dopo la moschea fatta costruire da Babur per celebrare la vittoria ed altre moschee dei suoi immediati successori, le prime grandi opere si debbono ad Akbar-e-Azam (1556-1605), sotto il quale nasceva uno stile che fondeva stilemi islamici e hindu: di particolare bellezza la tomba dell’Imperatore a Sikandra, nei pressi di Agra.

Le cose piú straordinarie si ebbero con il Príncipe Khurram, divenuto poi l’Imperatore Shabud-din Mohammed Shah Jahan (1627-1658), sotto il quale lo stile Moghul raggiunse un altissimo livello di eleganza e di ricchezza dei dettagli in una serie di costruzioni fatte erigere a Delhi e Agra.

Vanno ricordati il Lal Qila (“Forte Rosso”) di Agra con all’interno la Moti Masjid (“Moschea della Perla”), gli splendidi Shalimar Gardens di Lahore e numerose moschee e tombe, tra cui il Taj Mahal, considerato il piú bel monumento dell’India.

La stagione dell’apertura e dell’integrazione ebbe fine sotto il regno di Aurangzeb (1659-1707), che da un lato portò l’impero alla sua massima espansione territoriale, conquistando quasi tutto il sud dell’India, ma dall’altro ne stremò le risorse finanziarie con continue campagne militari e soprattutto, con l’accento posto su di un rinnovato rigore islamico delle leggi e dei costumi, si alienò le classi dirigenti induiste. La guerriglia maratha, che già aveva posto gravissimi problemi militari ad Aurangzeb, divenne un pericolo mortale per l’impero dopo la sua morte e il rafforzamento della Confederazione maratha nelle regioni centrali del paese.

Nei decenni successivi l’impero si frantumò per le spinte centrifughe delle regioni periferiche e per il proliferare inarrestabile di piccoli potentati locali dotati di armati propri. I colpi decisivi vennero dall’occupazione di fatto della più vasta e più ricca delle province, il Bengala, da parte della East India Company dopo il 1757-1764 e con la devastante occupazione di Delhi da parte dei maratha nel 1773.

Da allora in poi, e soprattutto dopo l’occupazione britannica di Delhi nel 1803 nel corso di una delle guerre anglo-maratha, la titolarità dell’impero moghul divenne del tutto nominale e la East India Company ne ridusse gradualmente le prerogative. Il tentativo di restaurazione dei moghul nel corso dell’insurrezione del 1857-1858  mostrò tuttavia il forte richiamo esercitato dall’immagine dell’impero, che fu definitivamente soppresso in quell’occasione dalla Gran Bretagna, la cui regina Vittoria assunse poco dopo il titolo di imperatrice dell’India.

La cultura e lo stile Moghūl propriamente detti furono principalmente fenomeni urbani, ma in tale ambito prosperarono straordinariamente. Una nuova lingua si impose, l’Urdu, che aveva la sua origine nella lingua franca degli accampamenti militari e nella quale si fusero elementi di Turco, di Persiano, la lingua di corte e della burocrazia, di Arabo, la lingua della religione, e di Hindi, la lingua del popolo. Musica, Poesia e Belle Arti toccarono durante l’epoca vertici altissimi ed universalmente riconosciuti.



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