Linguaggio e obiettivi del Movimento “Occupy Wall Street”

Il movimento compie un anno

Il movimento “Occupy Wall Street” compie un anno. Proviamo a farne un ritratto sulla base di documenti del momento in cui è esploso.

Occupation Blues

*LYRICS*

If I had a million dollars
I’d rent me cop
feed him full of steroids
and watch him pop pop

‘cause I’d own
own your government

If I had a million dollars
I’d be on T.V.
and I’d tell you just why
you oughta vote for me

If I had a millon dollars
I’d buy me a lake
and I’d say to the hungry
let them eat cake

If I had a million dollars
I’d buy me a nazi
I’d tie a flag to his eyes
and tell him to fuck me.

let me tell it to you straight now
so you make no mistake now
fuck your government

let me break it on down for y’all
on why we occupying Wall Street
Because a few feast
while most don’t eat

AI ain’t got no million
no hundred thousand
I ain’t even got ten dollars
to my name

All i got
is a handful of nickels
hoping to the lord its enough
to buy me a bagel

I got them I’m the 99% minority blues

Gli avvenimenti

L’occupazione del Ponte di Brooklyn

Brooklyn Bridge Occupied

Posted Oct. 1, 2011, 4:56 p.m. EST byOccupyWallSt

Police have kettled the march on the Brooklyn Bridge and have begun arresting protesters. At least 20 arrested so far.

Follow the action

UPDATE: 5:15PM – Brooklyn Bridge has been shut down by police

UPDATE: 5:55PM – At least 50 arrested.

UPDATE: 8:17PM – NYTimes reporting hundreds arrested – including a reporter – police appear to have deliberately misled protesters.

UPDATE: 8:40PM – Around 400 peaceful protesters arrested.

UPDATE 10/2 2:20AM – Over 700 protesters arrested.

Immagini

I Poster

 

I Siti

La Rivista Adbusters

http://www.adbusters.org/

Occupy Wall Street Journal

http://occupywallst.org/

Occupy Together

About OCCUPY TOGETHER

September 23rd, 2011 · Sam · Announcements Comments Off

Welcome to OCCUPY TOGETHER, an unofficial hub for all of the events springing up across the country in solidarity with Occupy Wall St. As we have followed the news on facebook, twitter, and the various live feeds across the internet, we felt compelled to build a site that would help spread the word as more protests organize across the country. We hope to provide people with information about events that are organizing, ongoing, and building across the U.S. as we, the 99%, take action against the greed and corruption of the 1%.

We will try our best to provide you with the most accurate information possible. However, we are just a few volunteers and errors are bound to occur. Please be patient as we get this site off the ground and populated and please contact us if you have any info on new events, corrections, or suggestions for this site. You can contact us at info[at]occupytogether[dot]org.

We will only grow stronger in our solidarity and we will be heard, not just in New York, but in echoes across this nation.

For more information about us, the movement, and answers to questions, please check out our FAQ.

Important note: Occupy Together will never ask for any monetary donations. We suggest that, if you want to donate monetarily, that you visit this site to help those who currently Occupy Wall St.

http://www.occupytogether.org/

La solidarietà delle Unions

#OccupyWallStreet Union March From Foley Square on Wall Street

Posted Oct. 4, 2011, 8:36 p.m. EST by OccupyWallSt

On October 05, 2011, at 3:00 in the afternoon the residents of Liberty Square will gather to join their union brothers and sisters in solidarity and march. At 4:30 in the afternoon the 99% will march in solidarity with #occupywallstreet from Foley Square to the Financial District, where their pensions have disappeared to, where their health has disappeared to. Together we will protest this great injustice. We stand in solidarity with the honest workers of:

  • AFL-CIO (AFSCME)
  • United NY
  • Strong Economy for All Coalition
  • Working Families Party
  • TWU Local 100
  • SEIU 1199
  • CWA 1109
  • RWDSU
  • Communications Workers of America
  • CWA Local 1180
  • United Auto Workers
  • United Federation of Teachers
  • Professional Staff Congress – CUNY
  • National Nurses United
  • Writers Guild East

And:

  • VOCAL-NY
  • Community Voices Heard
  • Alliance for Quality Education
  • New York Communities for Change
  • Coalition for the Homeless
  • Neighborhood Economic Development Advocacy Project (NEDAP)
  • The Job Party
  • NYC Coalition for Educational Justice
  • The Mirabal Sisters Cultural and Community Center
  • The New Deal for New York Campaign
  • National People’s Action
  • ALIGN
  • Human Services Council
  • Labor-Religion Coalition of New York State
  • Citizen Action of NY
  • MoveOn.org
  • Common Cause NY
  • New Bottom Line
  • 350.org
  • Tenants & Neighbors
  • Democracy for NYC
  • Resource Generation
  • Tenants PAC
  • Teachers Unite

Together we will voice our belief that the American dream will live again, that the American way is to help one another succeed. Our voice, our values, will be heard.

Le adesioni degli intellettuali

Il discorso di SLAVOJ ZIZEK

SLAVOJ ZIZEK, il filosofo sloveno, il 9 ottobre ha parlato agli occupanti di Liberty Plaza, a New York. Quella che segue è una trascrizione parziale del suo discorso (dato che il sistema dei “microfoni umani” rende difficile sentire tutte le parole). Il testo è stato pubblicato dal sito www.occupywallst.org (trad. di Democrazia Km zero

… Ci dicono che siamo sognatori. I veri sognatori sono coloro che pensano che le cose possono andare avanti all’infinito così come sono. Noi non siamo sognatori. Noi ci siamo svegliati da un sogno che si è trasformato in un incubo. Noi non vogliamo distruggere nulla. Noi siamo solo testimoni di come il sistema sta distruggendo se stesso. Tutti conosciamo le classiche scene dei cartoni animati. Il carrello arriva sull’orlo di un precipizio. Ma continua a camminare. Ignorando il fatto che non c’è nulla, sotto. Solo quando si guarda in basso e ci si rende conto, allora si cade giù. Questo è quello che stiamo facendo qui. I ragazzi qui a Wall Street stanno dicendo a chiunque: “Ehi, guarda giù!”. (Applausi).

Nel mese di aprile del 2011, il governo cinese vietato in tv, nei cinema e nei romanzi di tutte le storie che contengano una realtà alternativa o viaggi nel tempo. Questo è un buon segno per la Cina. Significa che la gente sa ancora sognare alternative, perciò bisogna vietare questo sogno. Qui non si pensa a un tale divieto. Poiché il sistema dominante ha soppresso la nostra capacità di sognare. Guardate i film che vediamo per tutto il tempo. E’ facile immaginare la fine del mondo. Un asteroide distrugge ogni forma di vita e cose così. Ma non potete immaginare la fine del capitalismo. Allora, cosa ci facciamo, qui? Lasciate che vi racconti una barzelletta meravigliosa dei vecchi tempi del comunismo.

Un ragazzo è stato inviato dalla Germania dell’Est a lavorare in Siberia. Lui sapeva che la sua posta sarebbe stato letta dalla censura. Così ha detto ai suoi amici: dobbiamo concordare un codice. Se la lettera che vi mando è scritta in inchiostro blu, quello che scrivo è vero. Se è scritta in inchiostro rosso, è falso. Dopo un mese ai suoi amici attiva la prima lettera. Tutta scritta in blu. Dice, la lettera: tutto è meraviglioso, qui. I negozi sono pieni di buon cibo. I cinema proiettano bei film occidentali. Gli appartamenti sono grandi e lussuosi. L’unica cosa che non si può comprare è l’inchiostro rosso.

Questo è il modo in cui viviamo. Abbiamo tutte le libertà che vogliamo. Ma ciò che ci manca è l’inchiostro rosso. La lingua per articolare la nostra non-libertà. Il modo in cui ci insegnano a parlare di guerra, di libertà e di terrorismo, e così via, falsifica la libertà. E questo è quello che state facendo qui: state dando a tutti noi dell’inchiostro rosso.

C’è un pericolo. Non innamoratevi di voi stessi. Passiamo dei bei giorni, qui. Ma ricordate: il carnevale è a buon mercato. Ciò che conta è il giorno dopo. Quando dovremo tornare alla vita normale. Will there be any changes then. Ci saranno dei cambiamenti, a quel punto. Non voglio che vi ricordiate di questi giorni, sapete, come – oh, eravamo giovani, era bellissimo. Ricordate che il nostro messaggio di base è: siamo autorizzati a pensare a delle alternative. Il sistema si è rotto. Non viviamo nel mondo migliore possibile. Ma c’è molta strada da percorrere. Ci sono domande davvero difficili che dobbiamo affrontare. Sappiamo quello che non vogliamo. Ma cosa vogliamo? Quale organizzazione sociale è in grado di sostituire il capitalismo? Che tipo di nuovi leader vogliamo?

Ricordate: il problema non è la corruzione o l’avidità. Il problema è il sistema che ti spinge a rinunciare. Attenzione: non solo i nemici. Ma anche i falsi amici che sono già al lavoro per diluire questo processo. Allo stesso modo in cuis i prende il caffè senza caffeina, la birra senza alcol, il gelato senza grassi. Cercheranno di fare di tutto questo una innocua protesta morale. (parole incomprensibili)… Ma il motivo per cui siamo qui è che ne abbiamo abbastanza di un mondo dove riciclare lattine di coca cola… Dove l’uno per cento va ai bambini affamati del mondo. E questo è sufficiente per farci stare bene.  (…)

Possiamo vedere che per molto tempo abbiamo permesso che anche il nostro impegno politico fosse esternalizzato. Lo rivogliamo indietro. Noi non siamo comunisti. Se “comunismo” vuol dire il sistema che è crollato nel 1990, ricordate che oggi i comunisti sono i capitalisti più efficienti e spietati. In Cina oggi abbiamo un capitalismo ancora più dinamico del vostro capitalismo americano, e che non ha bisogno della democrazia. Il che significa che quando voi criticate il capitalismo, non lasciatevi ricattare da chi dice che così si è contro la democrazia. Il matrimonio tra democrazia e capitalismo è finito.

Il cambiamento è possibile. Allora, cosa consideriamo oggi possibile? Basta seguire i media. Da un lato la tecnologia e la sessualità, e tutto sembra essere possibile. Si può viaggiare sulla luna. Si può diventare immortali grazie alla biogenetica. Ma guardate ai campi della società e dell’economia. Quasi tutto è considerato impossibile. Si vogliono aumentare un pochino le tasse a i ricchi, e ti dicono che è impossibile, perdiamo competitività. Volete più soldi per l’assistenza sanitaria: ti dicono che è impossibile, perché significa creare uno uno stato totalitario. C’è qualcosa che non va, in un mondo in cui vi è stato promesso che sarete immortali, ma dove non si può spendere un po’ di più per l’assistenza sanitaria. (parole incomprensibili)… impostare le nostre priorità direttamente qui. Non vogliamo più elevati standard di vita. Noi vogliamo un migliore tenore di vita. L’unico senso in cui qui ci sono comunisti è che ci preoccupiamo per i beni comuni. Il bene comune della natura. I beni comuni che vengono privatizzati dalla proprietà intellettuale. I beni comuni della biogenetica. Per questo e solo per questo dovremmo combattere.

Il comunismo ha fallito assolutamente. Ma i problemi dei beni comuni sono qui. Ci dicono che non siamo americani qui. Ma ai fondamentalisti conservatori che sostengono che essi sì, sono veramente americani, deve essere ricordato qualcosa. Che cos’è il cristianesimo? E’ lo Spirito Santo. Cos’è lo Spirito Santo? E’ una comunità egualitaria di credenti legati da amore reciproco. E che hanno solo la propria libertà e la responsabilità di esercitarla. In questo senso lo Spirito Santo è qui ora. E giù a Wall Street ci sono i pagani che adorano idoli blasfemi. Quindi tutto quello che serve è la pazienza. L’unica cosa che mi fa paura è che star qui un giorno solo e andare a casa: poi ci si riunisce una volta all’anno, beviamo birra e nostalgia ricordando ciò che bei giorni abbiamo avuto qui. Promettiamo a noi stessi che non andrà così.

Sappiamo che spesso le persone desiderano qualcosa, ma in realtà non lo vogliono. Non abbiate paura di volere davvero ciò che desiderate. Vi ringrazio molto!

Il discorso di Naomi Klein

Abbiamo ritenuto importante tradurre e pubblicare quest’articolo di Naomi Klein  che riporta il suo discorso integrale pronunciato a Wall Street. Speriamo sia di stimolo.
«Giovedì notte ho avuto l’onore di essere invitata a parlare in “Occupy Wall Street”. Dal momento che l’amplificazione è (disgraziatamente) bandita, e tutto quello che dicevo doveva essere ripetuto da centinaia di persone in modo che gli altri potessero sentire (una specie di “microfono umano”), quello che in realtà volevo dire in Liberty Plaza aveva l’obbligo di essere molto sintetico. Detto questo, questa è la versione integrale del discorso.
Vi amo.
E non lo dico solo perché centinaia di voi possano dirsi a vicenda “ti amo”, anche se questo è un aspetto positivo del microfono umano. Dite agli altri ciò che vorreste fosse detto a voi, solo più forte.
Ieri, uno dei relatori  alla commissione lavoro ha detto: “Ci siamo trovati”. Questa  opinione contiene in sé la bellezza di ciò che si sta creando qui. Un ampio spazio aperto (del resto un’idea così grande non può essere contenuta da qualsiasi spazio) per tutte le persone che vogliono un mondo migliore in modo che possano trovarsi l’un l’altro. Vi siamo davvero grati.
Se c’è una cosa che so è che l’un percento della popolazione ama la crisi. Quando la gente è nel panico e disperata e nessuno sembra sapere cosa fare è il momento ideale di fare approvare la loro lista di desideri di politiche pro-aziendali: privatizzare l’istruzione e la sicurezza sociale, tagliare i servizi pubblici, eliminare le ultime limitazioni al potere delle grandi multinazionali. In mezzo alla crisi economica, questo sta accadendo in tutto il mondo.
E c’è solo una cosa che può bloccare questa strategia, e per fortuna, è una cosa molto grande: il novantanove per cento. E questo novantanove percento sta scendendo in piazza da Madison a Madrid per dire “No. Noi non pagheremo la vostra crisi “.
Questo slogan è nato in Italia nel 2008. E’ rimbalzato attraverso la Grecia, la Francia e l’Irlanda e infine si è fatto strada nella piazza in cui la crisi è iniziata.
“Perché stanno protestando?” Chiedono gli esperti sconcertati in TV. Nello stesso momento, il resto del mondo si chiede: “Perché ci avete messo così tanto?” “Ci stavamo chiedendo quando avreste avuto l’intenzione di farvi vedere” E soprattutto: “Benvenuti”
Molte persone hanno paragonato “Occupy Wall Street”  alla cosiddetta protesta no-global che ha attirato  l’attenzione mondiale a Seattle nel 1999. Quella è stata l’ultima volta in cui un movimento globale, guidato da giovani e decentralizzato ha preso di mira il potere delle multinazionali. E sono fiera di avere fatto parte del movimento che chiamammo “il movimento dei movimenti”.
Ma ci sono  importanti differenze. Per esempio, noi scegliemmo i vertici come nostri obiettivi: l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale, il G8. I vertici sono transitori per loro natura, durano solo una settimana. Questo ha reso anche noi troppo transitori. Siamo apparsi, preso le prime pagine dei giornali, e poi scomparsi. E nella frenesia di iper-patriottismo  e di militarismo che ha seguito gli attacchi dell’11 settembre  è stato facile  spazzarci via completamente, almeno in Nord America.
Occupy Wall Street invece ha scelto un bersaglio fisso. E voi non avete messo una data di scadenza alla vostra permanenza qui. Questo è saggio. Solo stando fermi si puo’ mettere su radici. Questo è fondamentale. Nell’era dell’informazione troppi movimenti spuntano come fiori bellissimi ma muoiono rapidamente. È perché non hanno radici. E non hanno piani a lungo termine  per reggere a lungo. Così, quando arriva la tempesta, vengono spazzati via.
Essere orizzontali e profondamente democratici è meraviglioso. Ma questi principi sono compatibili con il duro lavoro di strutture costruttive e di istituzioni abbastanza robuste  per le tempeste a venire. Ho grande fiducia che questo accadrà.
Qualcos’altro questo movimento sta facendo di giusto: avete fatto voto di non-violenza. Vi siete rifiutati di dare ai media immagini di finestre rotte e combattimenti da strada a cui tanto anela. E questa formidabile disciplina ha fatto sì che la storia raccontata sia stata ripetutamente quella della vergognosa e non provocata brutalità della polizia.  Avete avuto più giudizio.
Ma la più grande differenza che fa un decennio è che nel 1999 stavamo ereditando un capitalismo al culmine di un boom economico frenetico. La disoccupazione era bassa, i portafogli azionari erano gonfi. E i media erano ubriachi di denaro facile. Allora era tutto in fase di apertura, non di chiusura.
Abbiamo evidenziato che la deregolamentazione che c’era dietro quella frenesia ha espresso il suo prezzo. Il danneggiamento degli standard del lavoro. Il danneggiamento degli standard ambientali. Le aziende stavano diventando più potenti dei governi e questo stava danneggiando le nostre democrazie. Ma a essere onesti, mentre i bei tempi scorrevano si imponeva di alimentare un sistema economico basato sull’avidità, almeno nei paesi ricchi.
Dieci anni dopo sembra che non ci siano più paesi ricchi. Solo un sacco di gente ricca. Persone che si sono arricchite saccheggiando la ricchezza pubblica ed esaurendo le risorse naturali in tutto il mondo.
Il punto è che ognuno oggi può vedere che il sistema è profondamente ingiusto e che sta sbandando fuori controllo. L’avidità senza freni ha demolito l’economia globale. E sta demolendo anche la natura. Stiamo pescando eccessivamente nei nostri oceani, inquinando la nostra acqua col fracking (acqua, sabbia e sostanze chimiche sparate ad alta pressione sottoterra n.d.r.) e la perforazione in acque profonde, rivolgendoci alle più sporche forme di energia sul pianeta, come le cave di catrame dell’Alberta. E l’atmosfera non riesce ad assorbire la quantità di carbonio che stiamo emettendo, creando così un pericoloso riscaldamento. La nuova normalità sono i disatri seriali: economici ed ecologici.
Questi sono i fatti sul terreno. Sono così palesi, così evidenti, che è molto più facile entrare in contatto con il pubblico di quanto non lo fosse nel 1999, e per costruire il movimento velocemente.
Sappiamo tutti che il mondo è capovolto: ci comportiamo come se non ci fosse una fine a ciò che è realmente finito-i combustibili fossili e lo spazio atmosferico per assorbire le loro emissioni. E ci comportiamo come se ci fossero limiti rigorosi e inamovibili a quanto è in realtà è abbondante- le risorse finanziarie per costruire il tipo di società della quale abbiamo bisogno.
Il compito del nostro tempo è quello di cambiare questa situazione: per sfidare questa falsa scarsità. Insistere sul fatto che possiamo permetterci di costruire una società decente e inclusiva – e al tempo stesso, rispettare i limiti reali di ciò che la terra può sopportare.
I cambiamenti climatici ci dicono che dobbiamo fare questo con una scadenza. Questa volta il nostro movimento non può distrarsi, dividersi, o essere bruciato o spazzata via dagli eventi. Questa volta dobbiamo avere successo. E non sto parlando di regolamentare l’operato delle banche e aumentare le tasse ai ricchi, anche se questo è importante.
Sto parlando di cambiare i valori di base che governano la nostra società. Quest’obiettivo è difficile da inserire in una singola rivendicazione mediaticamente efficace, ed è altrettanto difficile immaginare come portarlo avanti. Ma il fatto di essere difficile non la rende meno urgente.
Questo è quello che vedo accadere in questa piazza. Nel modo in cui vi state alimentando a vicenda, state riscaldandovi l’un l’altro, condividendo le informazioni liberamente ed esprimendo attenzione alla salute, gruppi di meditazione e formazione. Ciò che più mi colpisce qui dice: “Mi importa di te.” In una cultura che addestra le persone ad evitare lo sguardo l’uno dell’altro, per dire: “Lasciateli morire”, questa è una dichiarazione profondamente radicale.
Qualche considerazione finale.
In questa grande lotta, qui ci sono alcune cose che non contano.
·         Cosa vestiamo.
·         Se agitare i pugni o fare segni di pace.
·         Se i nostri sogni di un mondo migliore hanno un’amplificazione mediatica
E qui ci sono alcune cose che contano.
·         Il nostro coraggio.
·         La nostra bussola morale.
·         E come ci trattiamo l’un l’altro.
Abbiamo scelto una lotta contro le forze economiche e politiche più potenti del pianeta.  Questo fa paura. E quanto più aumenterà la forza di questo movimento tanto più la lotta farà paura. Siate sempre consapevoli che ci sarà la tentazione di passare a obiettivi più piccoli – come, ad esempio, la persona seduta accanto a voi a questo incontro. Dopo tutto, questa è una battaglia più facile da vincere.
Non cedete alla tentazione. Non sto dicendo di non rimproverarsi. Ma questa volta, cerchiamo di trattare l’un l’altro come se avessimo intenzione di lavorare fianco a fianco nella lotta per molti, molti anni a venire. Perché questo è il compito che ci verrà richiesto.
Trattiamo questo bel movimento come se fosse la cosa più importante del mondo. Perché lo è. Lo è davvero».

Tradotto da Liberazione

La solidarietà di Noam Chomsky

Noam Chomsky Announces Solidarity With #occupywallstreet

Posted Sept. 26, 2011, 6:57 p.m. EST by

Anyone with eyes open knows that the gangsterism of Wall Street — financial institutions generally — has caused severe damage to the people of the United States (and the world). And should also know that it has been doing so increasingly for over 30 years, as their power in the economy has radically increased, and with it their political power. That has set in motion a vicious cycle that has concentrated immense wealth, and with it political power, in a tiny sector of the population, a fraction of 1%, while the rest increasingly become what is sometimes called “a precariat” — seeking to survive in a precarious existence. They also carry out these ugly activities with almost complete impunity — not only too big to fail, but also “too big to jail.”

The courageous and honorable protests underway in Wall Street should serve to bring this calamity to public attention, and to lead to dedicated efforts to overcome it and set the society on a more healthy course.

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Right Here All Over

A new angle on Occupy Wall Street reveals the strong micro community that has formed there.

Directed by Alex Mallis + Lily Henderson
Cinematography by Ed David
Edited by Lily Henderson + Alex Mallis
Assistant Camera: Andrew McMullen + Diana Eliavoz
Assistant Producers: Dana Salvatore + Jillian Mason
Titles by Jason Drakeford.

La risposta di San Francisco

Rassegna Stampa

New York, scontri tra manifestanti e polizia nel corteo di ‘Occupy Wall Street’

Il Fatto Quotidiano, 6 ottobre 2011

Dopo la violenza e gli arresti, la preoccupazione degli indignados statunitensi è un’altra: che i democratici di Barack Obama addomestichino la rivolta dal basso per farla diventare un Tea Party liberal e progressista. Intanto la protesta dilaga in tutti gli Usa

Scontri tra manifestanti e polizia, arresti (18 per gli organizzatori, molte decine per alcuni testimoni) e polemiche. E’ finita così la marcia degli ‘indignados’ statunitensi, che da tre settimane occupano lo Zuccotti Park. La violenza quasi al termine della manifestazione (iniziata nel pomeriggio e terminata alle 21, le tre del mattino in Italia), quando il corteo pacifico è giunto nei pressi della zona off limits della borsa di Wall Street. Alcuni manifestanti hanno cercato di forzare gli sbarramenti e la polizia ha reagito: ha circondato la testa del serpentone (in prima linea anche il regista premio oscar Michael Moore) e c’è stato l’incontro ravvicinato. Violento.

Prima di allora, la marcia è stata non solo pacifica, ma anche altamente simbolica. Dopo i contatti dei giorni scorsi, infatti, diverse unions sono scese in piazza insieme ai giovani di “Occupy Wall Street“. Ieri sera, nella marcia che ha percorso una decina di isolati di Lower Manhattan – da Foley Square, accanto a City Hall, sino a Zuccotti Park, quartier generale del movimento – si sono visti migliaia di aderenti ai sindacati più influenti di New York e d’America (tra gli 8 e i 12 mila manifestanti, dicono gli organizzatori).

C’erano gli iscritti all’AFL-CIO, la maggior organizzazione dei lavoratori americani; gli United Auto Workers e la Transit Workers Union (che rappresentano gran parte dei conducenti d’autobus di New York); la United Federation of Teachers, cui fanno capo gli insegnanti delle scuole pubbliche della città; gli infermieri delle National Nurses United. E ancora il Professional Staff Congress della City University, con un patrimonio di 20 mila aderenti, tra professori e staff tecnico e amministrativo.

Il popolo dei sindacati, insieme a migliaia di giovani ma anche a molti newyorkesi di tutte le età (“Sono una ragazza degli anni Sessanta e manifesto contro il disastro che è diventata la nostra democrazia”, spiegava una newyorkese di 63 anni, Susan Enoch) hanno urlato slogan e innalzato cartelli con le parole d’ordine della rivolta contro il capitalismo rapace di Wall Street e i limiti della democrazia americana. “Cosa c’è nei vostri portafogli?”, “Noi siamo il 99%”. “Dov’è il mio bailout?”, “Salva la nostra Repubblica!”, “Eguaglianza. Democrazia. Rivoluzione”.

Molti ragazzi portavano cartelli con cifre a molti zeri: le migliaia di dollari di debito con cui quasi tutti gli studenti americani escono dal college. Canti, danze, marce improvvisate sono andati avanti per ore (a New York City non sono necessari permessi per organizzare sit-in e marce). Con il buio ormai calato sulla città, si udiva nel parco il suono di tamburi e si respirava un forte odore di incenso bruciato tra i ‘saccopelisti’, pronti a passare un’altra notte per strada.

“Occupy Wall Street” quindi cresce. Il movimento si è dotato di un organo di stampa, l’”Occupy Wall Street Journal”. Oltre a New York, manifestazioni contro “l’avidita delle corporations” si sono svolte a Boston, Chicago, Los Angeles e in decine di college grandi e piccoli d’America: Albany, Buffalo, Binghamton, Ann Arbour. Ce ne sarà una oggi a Washington, che prenderà di mira K Street e le potentissime società di lobbying.

La forza del movimento è testimoniata dalle parole di Stuart Appelbaum, leader sindacale newyorkese, che alcuni giorni fa si chiedeva: “Ma questi sono un branco di hippies o degli agitatori?”, e che ieri era a manifestare con i ragazzi. La forza del movimento è testimoniata da inattesi attestati di simpatia (“Non li si può biasimare”, ha detto il chairman della Fed, Ben Bernanke), ma soprattutto dal tentativo ormai esplicito dei democratici di mettere il cappello sul movimento. Importanti esponenti della sinistra del partito hanno dato il loro appoggio all’occupazione: Peter Welch, Louise Slaughter, Keith Ellison, Raul Grijalva.

Nelle prossime ore una serie di seminari e di teach-in si svolgeranno a Zuccotti Park e nelle aree immediatamente vicine. “Un modo per concretizzare le nostre proposte”, ci dice l’organizzatore di un incontro su come azzerare il debito dei laureati. In questo momento una delle preoccupazioni più forti, e delle ragioni di critica, è proprio la presunta natura di pura protesta di “Occupy Wall Street”, il rilancio di slogan nobili ma vuoti, che difficilmente potranno cambiare qualcosa. “Non abbiamo ancora richieste. Stiamo costruendo un processo per formulare richieste”, ha spiegato Drew Hornbein, uno dei ragazzi che da 19 giorni occupano Lower Manhattan, riconoscendo implicitamente la difficoltà di elaborare un vero programma di riforme.

C’è comunque, dentro e fuori il movimento, un’altra paura, o attesa. Che la rivolta venga “addomesticata”, che diventi uno strumento in mano ai democratici, una sorta di “ala sinistra” della campagna presidenziale di Barack Obama. Ai più attenti tra gli osservatori non è sfuggito l’appoggio caloroso che ha dato alla protesta Van Jones, ex-collaboratore di Obama sulle questioni ambientali, oggi animatore del gruppo “Rebuild the Dream”. Jones sta girando i college d’America spiegando agli studenti il modello che ha fatto il successo del Tea Party: migliaia di gruppi minuscoli, diffusi sul territorio, senza un leader nazionale, tenuti insieme da una sola etichetta. “Tea Party Movement”, appunto.

“Occupy Wall Street” potrebbe allora diventare, nei disegni della Casa Bianca e di molti democratici, un Tea Party liberal e progressista. Si tratterebbe di un ruolo più limitato, di un obiettivo più circoscritto, rispetto al sogno di dare uno scossone all’America.

Roberto Festa

Occupy Wall Street (Wall St. Protests, 2011)

The New York Times

Occupy Wall Street, a diffuse group of activists who claim to stand against greed, corporate influence, gross social inequality and other disparities between rich and poor, converged on the financial district on Sept. 17, 2011, encamping in Zuccotti Park, a privately owned park open to the public, at Liberty Street and Broadway.

The idea, according to some organizers, was to camp out for weeks or even months to replicate the kind, if not the scale, of protests that had erupted earlier in 2011 in places as varied as Egypt, Spain and Israel.

On the group’s Web site, they describe themselves as a “leaderless resistance movement with people of many colors, genders and political persuasions. The one thing we all have in common is that we are the 99 percent that will no longer tolerate the greed and corruption of the 1 percent.”

The 1 percent refers to the haves: that is, the banks, the mortgage industry, the insurance industry. The 99 percent refers to the have-nots: that is, everyone else. In other words, said a group member: “1 percent of the people have 99 percent of the money.”

The police made scores of arrests on Sept. 24, as hundreds of demonstrators, many of whom had been bivouacked in the financial district as part of the lengthy protest, marched north to Union Square without a permit. As darkness fell, large numbers of officers were deployed on streets near the encampment in Zuccotti Park, where hundreds more people had gathered.

Efforts to maintain crowd control suddenly escalated: protesters were corralled by police officers who put up orange mesh netting; the police forcibly arrested some participants; and a deputy inspector used pepper spray on four women who were on the sidewalk, behind the orange netting.

On Oct. 1, the police arrested more than 700 demonstrators who marched north from Zuccotti Park and took to the roadway as they tried to cross the Brooklyn Bridge. The police said it was the marchers’ choice that led to the enforcement action, but protesters said they believed the police had tricked them, allowing them onto the bridge, and even escorting them partway across, only to trap them in orange netting after hundreds had entered.

The police’s actions suggested the flip side of a force trained to fight terrorism, but that may appear less nimble in dealing with the likes of the Wall Street protesters.

Three weeks into the protest, similar demonstrations were popping up in other cities across the country with the aid of social media and with the same loosely organized structure as the original demonstration.

On Oct. 3, protesters were camped out in Los Angeles near City Hall, assembled in front of the Federal Reserve Bank building in Chicago and marching through downtown Boston to rally against corporate greed, unemployment and the role that financial institutions have played in pushing the country into its continuing economic malaise.

Occupy Wall Street plans to continue the protest indefinitely.

The Police Response

In everyday policing situations, the one-two punch of uniformed response usually goes like this: Blue shirts form the first wave, with white shirts following. But those roles seem reversed in the police response to the Wall Street protests.

As the protests lurched into their third week, it was often the white shirts — the commanders atop an army of lesser-ranking officers in dark blue. — who laid hands on protesters or initiated arrests. Video recordings of clashes showed white shirts — lieutenants, captains or inspectors — leading underlings into the fray.

And a white shirt is the antagonist in the demonstrations’ defining image thus far: Deputy Inspector Anthony Bologna’s dousing of penned-in women with pepper spray on Sept. 24, which seemed to surprise at least one of the blue shirts standing near him.

Police officers, law enforcement analysts and others cited a number of reasons for it. The prevalence of white shirts around Zuccotti Park, the center of the protests, signals how closely the department monitors high-profile events. Strategies are carefully laid out; guidelines for crowd dispersal are rehearsed; arrest teams are assembled. It is all in an effort to choreograph a predictable level of control.

Yet in the pepper-spray episode on Sept. 24, critics say, judgment was lacking.

Raymond W. Kelly, commissioner of the New York Police Department, said that its Internal Affairs Bureau would look at the decision by the officer to use pepper spray, even as Mr. Kelly criticized the protesters for “tumultuous conduct.” The office of the Manhattan district attorney, Cyrus R. Vance Jr., also opened an investigation into the episode, which was captured on video and disseminated on the Internet

The New York Times

A Manifesto for the Wall Street Protesters

Eighty years ago, the American economy was in crisis, created by our boom-bust financial system.

Twenty years, some progressive legislation and a global conflict later, we’d managed to balance capitalism with a new social contract, and America became the most productive nation on earth. Workers enjoyed world-class educations, job security, good pay, health care and secure pensions.

The highest tax rate was 90 percent, and the ratio of executive-to-worker pay was 24 to 1. Over the last few decades, the social contract has unraveled. Productivity per work hour has increased dramatically, but workers’ wages have been stagnant, while corporate profits have skyrocketed and executive pay is now hundreds of times the average employee’s. We the people can’t wait 20 years. (And who wants another global conflict?) We do want progressive legislation.

We don’t need to destroy job-creating capitalism. We do need to restore the balance of the social contract so all Americans can help the economy grow.

RICHARD KENT GREEN

The New York Times

A New York, le mouvement des “indignés” prend de l’ampleur

Le Monde

New York Correspondant – “Ça monte”, lit-on sur la pancarte. Et c’est vrai : “place de la Liberté”, comme ils nomment le square qu’ils squattent à deux pas de la Bourse new-yorkaise, les “indignés” américains du mouvement Occupons Wall Street étaient environ 1 500, dimanche 2 octobre, soit trois fois plus que les jours précédents. Beaucoup grâce au maire, Michael Bloomberg, qui avait envoyé ses forces de police, la veille, arrêter les 600 à 700 militants partis traverser le pont de Brooklyn, situé non loin de là. Le soir même, les premières images faisaient le tour du Net. D’un coup, l’intérêt médiatique était monté de plusieurs crans. Fox News, la chaîne de télévision conservatrice, éructait contre cette “bande de fainéants”.

Kyle Kneitinger, 22 ans, y était. Les policiers, raconte-t-il, les attendaient en nombre et les ont accompagnés jusqu’à ce que les manifestants, parvenus au tiers du pont, ne s’aperçoivent que d’autres forces de l’ordre avançaient vers eux à rebours. Pris au piège. “Personne n’a entendu” lorsqu’un officier a intimé l’ordre d’évacuer les lieux, assure-t-il. Les “indignés” ont-ils cherché à perturber la circulation ? “Ce n’était pas notre projet, dit Kyle, mais c’est arrivé. On ne savait plus quoi faire : certains se sont assis, d’autres se sont mis à courir. Les tabassages ont commencé.”

Les brutalités n’ont pas trop duré. Quand il a compris que tous seraient raflés, il s’est approché d’un véhicule de police pour se “rendre”. Menotté dans le dos, il s’est retrouvé en cellule. “On était 40, presque tous des nouveaux.” Un formulaire lui a été remis : il y est accusé de “désordre sur la voie publique, entrave à la circulation et obstruction à l’action des autorités”. Huit heures plus tard, il a été relâché, comme ses compagnons.

A 11 heures, dimanche, il était de retour place de la Liberté. “Ce qui se passe ici est merveilleux”, dit cet étudiant en ingénierie électrique de 22 ans, venu de Buffalo, à 650 kilomètres à l’ouest de New York, qui dénonce “les lobbies qui dévoient la démocratie”. Le mouvement s’est d’ailleurs trouvé un slogan unificateur symptomatique : “Nous sommes les 99 %”, pour signifier que leur seul adversaire, c’est ce 1 % de “riches” et leurs lobbies. “Ils se sentent invincibles. Tous leur est bon pour faire des profits” et le quotidien des autres 99 % se détériore désespérément, proclame-t-il.

SALARIÉS, AVEC OU SANS EMPLOI, ET FUTURS DIPLÔMÉS

Aujourd’hui, le mouvement prend incontestablement de l’ampleur. Il revendique une présence de groupes d'”occupation” des quartiers d’affaires dans plus de 100 villes, dont les plus grandes : de Houston à Chicago, de Philadelphie à San Francisco. A Boston, les “indignés” campent face au bâtiment de la Réserve fédérale (Fed, la banque centrale américaine).

A New York, ils se retrouvent en assemblée générale deux fois par jour. Des commissions ont été instaurées, sur les finances, les relations avec le mouvement dans les autres cités. Une infirmerie d’urgence a été créée. Deux sites Internet centralisent la multitude des initiatives et des blogs relaient les activités du mouvement. Twitter est leur organe de connexion. Ils se sont dotés d’un journal de 4 pages : The Occupied Wall Street Journal…

Désormais, la composition du mouvement évolue également. Jeunes salariés, avec ou sans emploi, et futurs diplômés gagnent en nombre, marginalisant les premiers initiateurs, plus proches d’une mouvance anarchisante. Ils suscitent un intérêt croissant dans les milieux progressistes. A Boston, Michael Moore et le professeur de philosophie de Princeton Cornel West leur ont rendu visite. A New York, ils ont invité le Prix Nobel d’économie Joe Stiglitz et l’économiste Jeff Madrick, récent auteur du best-seller Age of Greed (“Une ère de rapacité”), à s’exprimer devant eux.

Quant à la référence à la place Tahrir du Caire et aux “indignés” espagnols, elle leur est devenue quasi identitaire.



Categorie:A00.28- Il linguaggio del conflitto

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