La coppa di Nestore è un reperto archeologico rinvenuto nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull’isola d’Ischia, dall’archeologo tedesco Giorgio Buchner.
L’iscrizione che si trova sul vaso, databile intorno all’ultimo venticinquennio dell’VIII secolo a.C.,[1] costituisce uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica.[2]

La coppa è una kotyle, ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici. Fu importata nella colonia greca di Pithekoussai, l’odierna Ischia, da Rodi, secondo alcuni insieme a una partita di vasi contenenti preziosi unguenti orientali, e portata alla luce nel 1955 dagli archeologi Giorgio Buchner e Carlo Ferdinando Russo.[3] Faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni. La coppa reca inciso su di un lato in alfabeto euboico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da tre versi, il primo con metro giambico e il secondo e terzo perfetti esametri dattilici, che allude alla famosa coppa descritta nell’Iliade di Omero:
(GRC)«Νέστορος [εἰμὶ] εὔποτον ποτήριον ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης» | (IT)«Io sono (?) la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona» |
Le poche, piccole lacune sono tutte interpretabili con sicurezza ad eccezione della seconda parola del primo rigo, che presenta quattro o cinque lettere mancanti. Se si accoglie l’integrazione riportata nel testo, l’iscrizione si riferisce a quanto descritto nell’XI libro dell’Iliade,[4] v. 632, in cui si narra della leggendaria coppa dell’eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla:

L’incisione presente sul lato della kotyle e, in basso, la trascrizione
(GRC)«τοῖσι δὲ τεῦχε κυκειῶ ἐϋπλόκαμος Ἑκαμήδη,τὴν ἄρετ’ ἐκ Τενέδοιο γέρων, ὅτε πέρσεν Ἀχιλλεύς,θυγατέρ’ Ἀρσινόου μεγαλήτορος, ἥν οἱ Ἀχαιοὶἔξελον οὕνεκα βουλῇ ἀριστεύεσκεν ἁπάντων.ἥ σφωϊν πρῶτον μὲν ἐπιπροίηλε τράπεζανκαλὴν κυανόπεζαν ἐύξοον, αὐτὰρ ἐπ’ αὐτῆςχάλκειον κάνεον, ἐπὶ δὲ κρόμυον ποτῷ ὄψον,ἠδὲ μέλι χλωρόν, παρὰ δ’ ἀλφίτου ἱεροῦ ἀκτήν,πὰρ δὲ δέπας περικαλλές, ὃ οἴκοθεν ἦγ’ ὁ γεραιός,χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον: οὔατα δ’ αὐτοῦτέσσαρ’ ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστονχρύσειαι νεμέθοντο, δύω δ’ ὑπὸ πυθμένες ἦσαν.ἄλλος μὲν μογέων ἀποκινήσασκε τραπέζηςπλεῖον ἐόν, Νέστωρ δ’ ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν.ἐν τῷ ῥά σφι κύκησε γυνὴ ἐϊκυῖα θεῇσινοἴνῳ Πραμνείῳ, ἐπὶ δ’ αἴγειον κνῆ τυρὸνκνήστι χαλκείῃ, ἐπὶ δ’ ἄλφιτα λευκὰ πάλυνε,πινέμεναι δ’ ἐκέλευσεν, ἐπεί ῥ’ ὥπλισσε κυκειῶ.» | (IT)«Apparecchiava intanto una bevandala ricciuta Ecamède. Era costeidel magnanimo Arsìnoo una figliuolache il buon vecchio da Tenedo condottaavea quel dì che la distrusse Achille,e a lui, perché vincea gli altri di senno,fra cento eletta la donâr gli Achivi.Trass’ella innanzi a lor prima un bel descosu piè sorretto d’un color che imbruna,sovra il desco un taglier pose di rame,e fresco miel sovresso, e la cipolladel largo bere irritatrice, e il fioredi sacra polve cereal. V’aggiunseun bellissimo nappo, che recatoaveasi il veglio dal paterno tetto,d’aurei chiovi trapunto, a doppio fondo,con quattro orecchie, e intorno a ciaschedunadue beventi colombe, auree pur esse.Altri a stento l’avrìa colmo rimosso;l’alzava il veglio agevolmente. In questola simile alle Dee presta donzellapramnio vino versava; indi tritandosu le spume caprin latte rappreso,e spargendovi sovra un leggier nembodi candida farina, una bevandauscir ne fece di cotal mistura,che apprestata e libata, ai due guerrierila sete estinse e rinfrancò le forze.» |
(Iliade, XI, trad. V. Monti) |
Interpretazioni alternative
Esistono varie interpretazioni dell’iscrizione alternative a quella più diffusa e comunemente accettata dagli studiosi. Alcune di queste si avvalgono di correzioni del testo, per spiegare l’effetto umoristico dell’incoerenza che si percepisce tra il primo rigo e gli altri. Per alcuni studiosi il primo rigo dovrebbe leggersi “Νέστορος μὲν…” (‘La coppa di Nestore può esser buona, ma…’),[5] oppure “Νέστορος ἔρροι …” (‘Coppa di Nestore, va’ via!’).[6] Una terza ipotesi è che il testo sia uno skolion, risultato di una sfida di improvvisazione poetica durante un simposio:[2] qualcuno scrisse il primo rigo, poi toccò a un secondo aggiungere un secondo verso e così via. Secondo una diversa interpretazione (C. O. Pavese 1996), invece, il testo è un’iscrizione di possesso (“Io sono di Nestore”) e non implica alcun riferimento al personaggio dell’Iliade. L’ipotesi più recente è quella di Yves Gerhard (Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 176, 2011, pp. 7–9), il quale propone Νέστορος ἔ[ασον] εὔποτον ποτήριον: “Lascia da parte la coppa di Nestore, per quanto eccellente sia; ma chiunque berrà da questa coppa sarà immediatamente colto dal desiderio di Afrodite dalla bella corona.”
Il più antico documento di lingua greca
Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con il Vicino Oriente e Cartagine, la Grecia e la Spagna, l’Etruria meridionale, sino alla Puglia, la Calabria ionica e la Sardegna (tanto che Buchner, contrariamente a quanto si era fino a quel momento ritenuto, poté identificare Ischia come la prima colonia greca dell’Italia meridionale), costituisce uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e rappresenta soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero.
Collocazione
Il reperto è custodito presso il Museo Archeologico di Pithecusae, situato nel complesso di Villa Arbusto di Lacco Ameno, nell’isola d’Ischia, costruito nel 1785 da Don Carlo Acquaviva, duca di Atri e fortemente voluto da Buchner.
Note
- ^ Eva Cantarella, Itaca: eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, vol. 2, Feltrinelli Editore, 2006, ISBN 8807818175.
- ^ Salta a:a b Barry B. Powell, Who invented the Alphabet: The Semites or the Greeks?, in Archaeology Odyssey, 1:01, inverno 1998.
- ^ Giorgio Buchner e Carlo Ferdinando Russo, La Coppa di Nestore e un’iscrizione metrica da Pithecusa dell’VIII secolo a.C., Accademia Nazionale dei Lincei: Rendiconti, vol. 10, Roma 1955.
- ^ Barry Powell Archiviato il 30 dicembre 2005 in Internet Archive. la definisce “la prima allusione letteraria dell’Europa”. Altri studiosi, tuttavia, rifiutano l’ipotesi secondo cui l’iscrizione si riferisce all’Iliade, sostenendo che la descrizione della Coppa di Nestore esisteva nella mitologia e nella tradizione orale indipendentemente dai poemi omerici.
- ^ A. Kontogiannis, Η γραφή in: M. Z. Kopidakis (ed.), Ιστορία της ελληνικης γλώσσας. Atene, Elliniko Logotechniko kai Istoriko Archeio, 1999, pagg. 360-379; cfr. Margherita Guarducci.
- ^ Tarik Wareh: Scritti greci Descrizione e discussione online sulla Coppa di Nestore Archiviato il 23 maggio 2006 in Internet Archive.
Bibliografia
- Giorgio Buchner, Pithekoussai, I, Monumenti Antichi dei Lincei, Roma 1993.
- (EN) Giorgio Buchner, Pithekoussai, in Expedition Magazine, vol. 8, n. 4, luglio 1966, pp. 7-12. URL consultato il 16 marzo 2017.
- Joachim Latacz, Homer, der erste Dichter des Abendlandes (Omero, il primo poeta dell’Occidente), ediz. inglese a cura di Ann Arbor, ISBN 0-472-08353-8.
- Carlo Odo Pavese, La iscrizione sulla kotyle di Nestor da Pithekoussai, Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 114 (1996) 1–23.
- Yves Gerhard, La “coupe de Nestor”: reconstitution du vers 1, Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 176 (2011) 7-9.
Fonte: Wikipedia
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