Ushabti

Il termine ushabti, ovvero “colui che risponde”(dal verbo usheb, “rispondere”), indica una categoria di statuette funerarie che gli Egiziani collocavano nelle tombe dal Medio Regno sino all’epoca Tolemaica. Da uno o più esemplari per corredo funerario, il loro numero aumenta nel tempo fino a raggiungere le molte centinaia di esemplari. Nei corredi funerari del Nuovo Regno gli ushabti possono essere deposte all’interno di cofanetti in legno dipinto, che imitano nella forma le antiche cappelle arcaiche del Basso Egitto.

Le statuette venivano animate magicamente grazie al capitolo VI del Libro dei Morti, che portavano, quasi sempre, iscritto o dipinto sul corpo: “O ushabti! se io sarò chiamato, e se io sarò numerato per eseguire ogni sorta di lavori che sono eseguiti nel mondo sotterraneo… e sarò numerato in qualunque tempo per fare prosperare i campi, per irrigare le rive, per trasportare le sabbie dall’oriente ad occidente, “eccomi”, dici tu allora”.L’ushabti può così contribuire alla sopravvivenza eterna del defunto, sostituendolo nei lavori agricolo dell’oltretomba e utilizzando a tale scopo gli strumenti agricoli, la zappa e l’aratro, che stringe nelle mani e il sacchetto per le sementi che tiene sulla schiena.

Nel 1817 Giovanni Battista Belzoni trovò nell’ultima camera dell’ipogeo di Sety I (KV 17) nella Valle dei Re, a Tebe, centinaia di statuette ushabti, molto varie per materiale, tecnica e stile di esecuzione, tali ushabti ora arricchiscono collezioni egiziane grandi e piccole di tutto il mondo.

Ushabti del faraone Sethi I
Ushabti del faraone Sethi I

Gli ushabti recano scritto sopra il VI cap. del Libro dei Morti. L’iscrizione ha la funzione di invitare la statuetta ad animarsi, se invocata dal defunto, per alleviare la sua fatica nello svolgimento del lavoro nei campi dell’aldilà. Infatti gli egiziani amavano talmente il loro paese che immaginavano i campi di Iaru, il loro paradiso, molto simile all’Egitto, anche lì bisognava quindi lavorare la terra, scavare i canali, seminare e raccogliere. Per questo motivo le statuette hanno nelle mani le zappe: sono degli aiutanti che magicamente si animeranno per lavorare. Ushabti significa “colui che risponde” ed è la parola con la quale la statuetta è denominata nella formula che serve ad invocarla.L’uso di porre queste statuette nelle tombe compare nel Medio Regno, in un certo senso sostituiscono i modellini di pietra e legno precedenti e contemporanei. All’inizio gli ushabti sono scolpiti nel legno o nella pietra, ma dal Nuovo Regno il loro numero comincia a salire fino a giungere nell’epoca tarda a uno standard di 365 statuette in ogni tomba (un servitore per ogni giorno dell’anno) oppure 401, ovvero 365 più 36 capisquadra; e a questo punto il materiale più comune per la loro realizzazione diviene la faience, un impasto quarzoso poi invetriato con una colorazione azzurra o verde acqua, spesso lavorato a stampo  per favorire una produzione seriale. I capisquadra sono facilemnete riconoscibili perchè vestiti con l’abito da viventi, mentre solitamente l’aspetto dell’ushabti è mummiforme.



Categorie:B01.04- Riti funerari egizi - Egyptian funeral rites

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2 replies

  1. Seguo il suo sito da un po di tempo e la ringrazio per le sue profonde e bellissime Ricerche.

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