La guerra civile inglese (conosciuta anche come rivoluzione inglese o prima rivoluzione inglese) fu un conflitto civile combattuto in Gran Bretagna tra il 1642 e il 1651, nell’ambito delle cosiddette Guerre dei tre regni.
Il contesto storico
Dopo la morte di Elisabetta I Tudor (1603), che non lasciò eredi diretti, il trono di Inghilterra e di Irlanda passò al parente più prossimo, Giacomo Stuart, già re di Scozia col nome di Giacomo VI, il quale assunse anche la corona inglese con il nome di Giacomo I d’Inghilterra. Per la prima volta si trovavano riunite sotto lo stesso sovrano l’Inghilterra anglicana, l’Irlanda cattolica e la Scozia calvinista. Il regno di Giacomo (durato fino al 1625) fu un’età di forti contrasti e lacerazioni che investirono tutti gli ambiti, ma in particolare quello religioso.
Il re infatti si impegnò nel diffondere l’Anglicanesimo, sempre più vicino a posizioni quasi cattoliche, in un paese che invece richiedeva una riforma pericolosamente (dal punto di vista della Corona) vicina a posizioni protestanti. Il movimento puritano, diffuso soprattutto nelle classi più abbienti, teorizzava il ripristino del più ortodosso calvinismo e si ispirava a un modello di società fondata sul primato dell’individuo, della sua religiosità e delle sue scelte autonome. Da Giacomo il trono passò al figlio Carlo I Stuart; in questo periodo esplose il conflitto tra il re e il Parlamento, principalmente a causa di questioni fiscali. Il matrimonio con Enrichetta, figlia del re Enrico IV di Francia e fervente cattolica, e la nomina nel 1633 ad arcivescovo di Canterbury di William Laud, prelato della corrente filo-cattolica della Chiesa Anglicana, alienarono al re il favore della maggioranza anglicana, che seguiva idee calviniste. Carlo I dunque esacerbò i conflitti che laceravano il paese sul piano religioso e nella gestione del potere.
Il Parlamento nel 1628 votò la Petition of Right con il quale chiese al re:
- di non imporre tasse senza l’approvazione del parlamento;
- di non imprigionare un uomo libero senza regolare processo;
- di non sottoporre uomini liberi a tribunali speciali;
- di non costringere uomini liberi ad alloggiare truppe nelle loro case.
Il re, contestando questi diritti, istituì tribunali monarchici negando a tutti gli uomini liberi di essere giudicati da altri loro pari, provocando così forti tensioni tra rappresentanti del popolo e monarchia. Inoltre, Carlo I stava riscuotendo tributi con la consapevolezza di non poterlo fare: vi era infatti, tra le altre, una tassa che le città marinare dovevano pagare in tempo di guerra (ship money).
Il re eluse la petizione dei diritti ed estese la tassa a tutti i suoi sudditi. Dal momento che tale pretesa avrebbe avuto senso solo se ci fosse stata una guerra, il re decise quindi di prendere parte al conflitto in atto in Scozia, suo paese di origine, con l’intento di conquistare e portare ordine in Irlanda; tuttavia per far ciò gli era necessario un esercito. La questione irlandese divenne un problema tale da creare le basi per la rivoluzione inglese.
Parlamenti nella Guerra civile inglese |
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Corto Parlamento aprile 1640 il re convoca il Parlamento per ottenere il concorso finanziario necessario a proseguire la guerra contro gli scozzesi. Dopo tre settimane viene decretato il suo scioglimento. Lungo Parlamento (1) novembre 1640 il Parlamento viene riconvocato per le necessità della guerra Lungo Parlamento (2) 1645 Rump Parliament dicembre 1648 Parlamento di Barebone o dei Santi o Little Parliament luglio 1653 – sciolto 16 dicembre 1653 First Protectorate Parliament 1654 Second Protectorate Parliament 1656 Third Protectorate Parliament 1659 Rump Parliament restaurato 1659 |
Nel 1629 Carlo sciolse il Parlamento e diede vita a un governo personale. In questo modo il malcontento si spostò verso la figura del sovrano. Una delle concause che portarono il re allo scioglimento del parlamento fu la questione religiosa: continuando ad appoggiare la chiesa anglicana, Carlo si dimostrò ostile alle tendenze riformate di molti dei suoi sudditi inglesi e scozzesi; un numero sempre maggiore di questi ultimi, ormai, auspicava lo smantellamento della chiesa anglicana. Nel 1628 sorse un movimento puritano che chiedeva una chiesa molto simile a quella scozzese, cosa che il re non poté concedere: ciò avrebbe richiesto nomine elettive, e la corona non poteva allora rinunciare ai vescovi e ai parroci, attraverso i quali esercitava il proprio potere. Davanti alla richiesta di un nuovo ordine sociale, oltre che economico, il parlamento fu nuovamente sciolto e il re cominciò una politica decisamente assolutistica.
Per non apparire in contraddizione con le sue posizioni in materia religiosa, Carlo volle allora imporre il sistema di culto inglese anche alla Scozia calvinista; ma gli scozzesi respinsero questa pretesa: rifiutarono di abbandonare le proprie terre e prepararono un’armata, dichiarando guerra a Carlo. In quel periodo però l’esercito era di stanza in Irlanda, dove erano emersi conflitti di natura religiosa fra cattolici e calvinisti che provocavano non pochi problemi alla Corona inglese. Infatti nel 1641 era scoppiata in Irlanda una rivolta: proprietari, uomini liberi, contadini cattolici insorsero contro la nascente classe di coloni protestanti inglesi. Carlo, dunque, fu costretto a cedere e, ritornando sui suoi passi, tollerò la chiesa presbiteriana in Scozia.
Il re dovette riconvocare il parlamento, tra i cui membri vi era anche John Pym, una delle figure più importanti di questo periodo. Quest’ultimo, prontamente, approfittò della situazione per incitare il popolo a puntare i fucili contro il re, di origine scozzese. L’esercito reale, tornato dall’Irlanda, passa di fatto sotto il comando di John Pym (che divenne “l’altro re”). Il parlamento, con la Grande Rimostranza, approva 200 articoli della Magna Charta; ogni articolo era diretto contro la famiglia Stuart, soprattutto contro il re.
L’opposizione al re si faceva sempre più forte non solo nella società civile, ma anche nella rappresentanza parlamentare; tuttavia le forze parlamentari erano discordi: i 200 articoli vengono approvati con una maggioranza di soli 11 voti. John Pym deve rinunciare a proclamare la sua vittoria, e i 200 articoli, piuttosto che edificare un nuovo ordine, provocano la guerra civile.
La sospensione decennale e il Corto Parlamento
Nel 1628 Carlo I per sostenere le spese necessarie all’appoggio militare in Olanda contro la Spagna, convocò il Parlamento. I parlamentari però, invece di concedere sussidi al re, gli chiesero conto di tutte le illegalità commesse, chiedendogli di firmare la cosiddetta Petizione dei Diritti (Petition of Right) con la quale si decretava che ogni imposizione fiscale dovesse essere approvata dal Parlamento stesso, mentre altre pratiche – quali i prestiti forzosi, l’arruolamento obbligato, gli arresti immotivati (contro l’Habeas corpus della Magna Carta) – venivano dichiarate illegali. Per questo motivo il re sciolse il Parlamento appena un mese dopo la riconvocazione.
Durante i dieci anni d’assenza del Parlamento, Carlo I, sostenuto dall’arcivescovo di Canterbury William Laud e dal Consiglio della Corona, tentò di racimolare denaro attraverso l’imposizione di nuovi tributi, come ad esempio lo ship money – esteso non più soltanto alle città portuali – e combatté strenuamente il puritanesimo, applicando una pesante censura ai testi religiosi allora in circolazione. Tentò inoltre di diffondere l’Anglicanesimo in Scozia, regione di fede calvinista, provocando una rivolta. Carlo I si trovò costretto a convocare il Parlamento per chiedere l’approvazione di ulteriori tasse necessarie a formare un esercito da inviare contro gli insorti. Ciò avvenne il 13 aprile 1640 (Short Parliament) e Carlo I tentò di aggraziarsi il favore del Parlamento con l’abolizione della Ship Money, per farsi finanziare le ostilità in Scozia. Il parlamento, composto da un terzo di rappresentanti di fede puritana, rispose criticando l’operato di Carlo I e decretò la sospensione dei sussidi. Il re rispose con lo scioglimento del parlamento il 5 maggio dello stesso anno.
Cronologia del conflitto
Il re cercò di liberarsi dei parlamentari che gli erano più ostili ma questi, avvertiti in tempo, riuscirono a salvarsi (anche con l’appoggio della popolazione di Londra, sempre più insofferente all’atteggiamento di Carlo I). Scoppiò così una guerra civile tra monarchici e parlamentari (soprannominati Roundheads – teste rotonde – dai loro avversari perché portavano capelli piuttosto corti paragonati a quelli delle truppe del re). La guerra all’inizio vide prevalere i monarchici, ma dopo breve tempo la situazione si capovolse.
Il re, disperato, tentò di negoziare con gli scozzesi, i quali lo arrestarono e lo vendettero ai parlamentari. Carlo I riuscì però a fuggire e la guerra continuò ancora per un anno. Alla fine vinsero i parlamentari. Il leader di questi ultimi, Oliver Cromwell, espulse dal parlamento i seguaci del re. Il parlamento condannò a morte il sovrano e fu proclamata la repubblica inglese o Commonwealth, di cui Cromwell assunse la guida con il titolo di Lord Protettore del Regno.
La prima fase: 1642-1649
Si crearono due partiti:
- il partito del re (aristocrazia e Chiesa anglicana)
- l’opposizione parlamentare (ceti in ascesa come gentry, professionisti, mercanti, artigiani).
Il parlamento, un tempo unito nella lotta contro la ship money, era ora spaccato a metà; per capire la storia inglese dobbiamo entrare nelle chiese, dove ci sono parroci arrabbiati, che si rivolgono dal pulpito alla popolazione:
«Contro il re e contro la religione stanno avidi mercanti, possidenti impoveriti e rozza plebaglia; dalla parte del re stanno tutti gli uomini privilegiati e tutti gli uomini istruiti, e cioè tutti i vescovi, tutti i lords (principi, duchi, marchesi, conti), tutti eccetto due. Dalla parte del re stanno ancora tutti i gentiluomini, eccetto una quarantina di atei.» |
(…dal punto di vista di un parroco anglicano) |
«I liberi possidenti e gli onesti commercianti che stanno dalla parte del parlamento sono la forza della civiltà; i cavalieri, i contadini asserviti e i mendicanti che stanno dalla parte del re sono la forza della iniquità.» |
(… dal punto di vista di un parroco puritano) |
Mappa raffigurante l’Inghilterra nel periodo della guerra civile
Nel 1642 la cavalleria fedele al re Carlo, composta principalmente dall’aristocrazia e ricordo della società medioevale, si scontrò con l’esercito del Parlamento, le Teste rotonde. Londra e il sud caddero in mano alle teste rotonde, Nottingham e il centro in mano al re. I cavalieri avanzarono, senza giungere però a conquistare, in due anni di guerra, la città di Londra; questo perché le teste rotonde cominciarono a conseguire alcune vittorie, grazie soprattutto a un nuovo capo militare puritano ed esponente della gentry: Oliver Cromwell. Questi organizzò un esercito di nuovo modello formato da volontari altamente specializzati e qualificati, con ferrea disciplina militare (New Model Army). Cromwell andò all’attacco dell’esercito di Carlo e, nel giro di quattro anni, i cavalieri furono annientati; il re non poté più avanzare la richiesta di guidare un esercito.
La guerra civile sembrò concludersi nel 1646, con la Battaglia di Oxford; il parlamento si impegnò a legiferare per lo smantellamento dei sistemi feudali, sancì l’istituzione della proprietà privata e la legittimazione delle recinzioni; vennero smantellate le figure dei vescovi, e con essi la chiesa anglicana, a favore di un modello presbiteriano. In compenso il re rimase solo un simbolo, non poté più contare sulla vecchia aristocrazia. Alcune forze avrebbero voluto l’abolizione della monarchia, ma i presbiteriani la vollero mantenere: temevano infatti che il decadimento della casa reale preparasse il terreno a riforme più radicali da parte del popolo. Il re però non accettò di restare al potere se non fosse stato restaurato il vecchio ordine; Cromwell fu costretto a riprendere l’esercito per garantire le conquiste rivoluzionarie: si crearono quattro partiti: il partito degli indipendenti (coloro che volevano ancora il re), dei presbiteriani, degli zappatori (coloro che volevano assegnare la terra a chi la lavorava, di stampo socialista ante litteram) e dei livellatori (coloro che volevano assegnare la terra agli affittuari). I presbiteriani, attraverso accordi con la corona, vollero la restaurazione e il re arrivò a chiedere che la Scozia, con il suo esercito, invadesse l’Inghilterra; l’esercito di Cromwell, costituito da livellatori e zappatori, intervenne, cacciando dal parlamento i presbiteriani e destituendo la monarchia.
Il re, processato e condannato per alto tradimento, il 30 gennaio 1649 fu decapitato: cadde così il principio del diritto divino dei sovrani e nacque un nuovo principio, quello della sovranità popolare.
La seconda fase: 1653-1658
Dal 1653 ebbe inizio una vera e propria dittatura militare; il territorio venne diviso e sottoposto a fidati governatori militari. Nel 1658 il dittatore Cromwell muore. L’Irlanda aveva conosciuto una guerra continua dall’inizio della ribellione del 1641, con la maggior parte dell’isola controllata dai Confederati irlandesi. Sempre più minacciati dagli eserciti del Parlamento inglese, dopo l’arresto di Carlo I nel 1648, i Confederati firmarono un trattato di alleanza con i monarchici inglesi. Il comune monarchico e le forze confederate sotto il Duca di Ormonde tentarono di eliminare l’esercito parlamentare di Dublino, ma i loro avversari li sconfissero nella battaglia di Rathmines (2 agosto 1649). Come ex membro del Parlamento l’ammiraglio Robert Blake bloccò la flotta del Principe Rupert a Kinsale, così Oliver Cromwell poté attraccare a Dublino il 15 agosto 1649 con un esercito per sedare l’alleanza monarchica in Irlanda. Lo sterminio dei monarchici in Irlanda nel 1649 da parte di Cromwell ha ancora una forte risonanza per molti irlandesi.
Dopo l’assedio di Drogheda, il massacro di circa 3.500 persone, circa 2.700 soldati monarchici e 700 altri, tra civili, prigionieri e sacerdoti cattolici (Cromwell sostenne che tutti gli uomini possedevano armi) divenne una delle memorie storiche che spinse l’Irlanda a lottare contro l’Inghilterra e i cattolici contro i protestanti nel corso degli ultimi tre secoli. Tuttavia, il massacro ebbe anche un significato simbolico della percezione irlandese della crudeltà di Cromwell, dato che morirono molte più persone nella guerriglia e nelle operazioni di terra bruciata nel paese che negli infami massacri di Drogheda e Wexford.
La conquista parlamentare del territorio irlandese continuò per altri quattro anni, fino al 1653, quando l’ultimo dei Confederati irlandesi e le truppe realiste si arresero. Gli storici hanno stimato che circa il 30% della popolazione irlandese sia morta o andata in esilio a causa delle guerre. I vincitori confiscarono a quasi tutti i cattolici irlandesi le proprietà dei terreni, che furono assegnati ai creditori del Parlamento, ai soldati parlamentari che avevano prestato servizio in Irlanda e agli inglesi che vi si erano stabiliti prima della guerra.
In Scozia l’esecuzione di Carlo I modificò la dinamica della guerra civile, combattutasi tra realisti e Covenanter dal 1644. Dal 1649, la lotta aveva lasciato i realisti scozzesi disorganizzati e il loro leader, il marchese di Montrose, era andato in esilio. In un primo momento, Carlo II incoraggiò Montrose a sollevare un esercito di Highlanders a combattere dalla parte dei realisti. Quando i Covenanters scozzesi, che non erano d’accordo con l’esecuzione di Carlo I e che temevano per il futuro della Scozia e l’indipendenza del loro paese nel quadro del nuovo Commonwealth, offrirono la corona di Scozia al marchese Montrose, Carlo II abbandonò Montrose ai suoi nemici. Quest’ultimo, che aveva riunito una forza mercenaria in Norvegia, era già sbarcato e non poteva abbandonare la lotta; egli non riuscì a suscitare la ribellione di molti dei clan delle Highlands e i Covenanters sconfissero il suo esercito nella battaglia di Carbisdale a Ross-shire, il 27 aprile 1650.
I vincitori catturarono Montrose poco dopo e lo portarono a Edimburgo; il 20 maggio il Parlamento scozzese lo condannò a morte e lo fece impiccare il giorno dopo.
Cromwell arrivò in Scozia il 22 luglio 1650 e procedette ad assediare Edimburgo; alla fine di agosto, le malattie e la carenza di forniture avevano però ridotto il suo esercito, da lui ritirato verso la sua base a Dunbar. Un esercito scozzese, riunito sotto il comando di David Leslie, cercò di bloccargli la ritirata, ma Cromwell lo sconfisse nella battaglia di Dunbar il 3 settembre. L’esercito di Cromwell poi prese Edimburgo, ed entro la fine dell’anno, occupò gran parte della Scozia meridionale. Nel luglio 1651, le forze di Cromwell attraversarono la baia Fife del Firth of Forth e sconfissero gli scozzesi nella battaglia di Inverkeithing (20 luglio 1651). Il successivo 3 settembre, a Worcester, ci fu la sconfitta definitiva di Carlo II e degli scozzesi nella rivoluzione inglese.
La terza fase: 1658-1660
Con la scomparsa di Cromwell venne a mancare un leader alla rivoluzione inglese: suo figlio, che gli succedette, non riuscì a sostituire degnamente la figura paterna. Apparve necessaria, perciò, la restaurazione di un ordine politico più solido. Un esercito guidato da George Monck, uomo che fu fedele a Cromwell, marciò su Londra e restituì i poteri al Parlamento. Carlo II Stuart, figlio di Carlo I, rientrò in Inghilterra dall’esilio olandese: la monarchia, la Camera dei Lord e la Chiesa anglicana furono così restaurate. La ricostituzione dei tre pilastri del potere, tuttavia, non significò affatto un ritorno puro e semplice al passato: grazie al potere che il Parlamento aveva rivendicato, in reazione alla politica di accentramento posta in atto da Giacomo I e Carlo I, e dopo la condanna a morte di quest’ultimo, l’Inghilterra non vide mai più sovrani assolutisti sul proprio trono.
Battaglie principali
- Battaglia di Edge Hill 23 ottobre 1646
- Battaglia di Stratton 16 maggio 1647
- Battaglia di Lansdowne 5 luglio 1643
- Battaglia di Roundway Down 13 luglio 1643
- Battaglia di Chalgrove Field 18 giugno 1643
- Battaglia di Marston Moor 1644
- Battaglia di Preston 17 al 19 agosto 1648,
- Battaglia di Naseby 14 giugno 1645
- Battaglia di Dunbar (1650)
- Battaglia di Worcester 3 settembre 1651
Bibliografia
- Lawrence Stone, Le cause della Rivoluzione Inglese 1529-1642, Einaudi, Torino 1982.
- Peter Linebaugh e Marcus Rediker, I ribelli dell’Atlantico. La storia perduta di un’utopia libertaria, Feltrinelli, Campi del sapere, 2004.
- Christopher Hill, Il mondo alla rovescia. Idee e movimenti rivoluzionari nell’Inghilterra del ‘600, Einaudi, 1981.
- Aurelio Musi, Le vie della modernità, Sansoni, 2000.
Fonte: Wikipedia
Categorie:D04.02- Rivoluzione inglese
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