Antonio De Lisa- Praga, l’alchimia e il Golem di Rabbi Löw

Il Golem e Rabbi Loew ben Bezalel in un disegno di Mikolas Ales (1852 - 1913)
Il Golem e Rabbi Loew ben Bezalel in un disegno di Mikolas Ales (1852 – 1913)

Praga magica Praga e il Golem di Rabbi Löw

Del Golem sapevo qualcosa, qualche vaga informazione. Avevo portato con me il romanzo  Il Golem (Der Golem) dello scrittore ed esoterista Gustav Meyrink. Quel libro Meyrink l’aveva scritto nel 1915. A quella figura, inoltre, si era ispirato lo scrittore argentino Jorge Luis Borges nella poesia “Il Golem” tratta dalla raccolta L’altro, lo stesso. Invece, Praga magica, del critico Angelo Maria Ripellino (Einaudi, 1973) l’avevo letto tutto.

Praga era narrata non solo nei suoi splendori, ma anche nelle sue ombre non meno fascinose: quelle del Quartiere ebraico, del Golem, delle taverne, degli stranieri che vi abitarono, della letteratura tedesca che vi fiorí, di Hasek e di Kafka, di Apollinaire, di Meyrink e dei dadaisti boemi. Ma forse non ne avevo compreso lo spirito.

Per capire quel libro bisognava conoscere da vicino la Praga alchemica ed esoterica di Rodolfo II, i vicoli della città vecchia, il quartiere ebraico e altri bugigattoli di solito fuori dalla portata dei turisti.

In ambito letterario, l’atmosfera magica che caratterizzò i luoghi e i tempi dell’imperatore Rodolfo II sono stati oggetto della narrazione di autori (tra gli altri) come Leo Perutz (Di notte sotto il Ponte di Pietra), Gustav Meyrink (L’Angelo della finestra d’Occidente), John Banville (La notte di Keplero) e Bruce Chatwin (Utz). Ciascuno di questi autori ha saputo raccontare un aspetto diverso della personalità del monarca, focalizzandosi di volta in volta su uno tra i suoi tanti interessi. Perutz narra del suo amore per la bella moglie del mercante ebreo Mordechai Meisl, e dei suoi rapporti con la comunità ebraica e in particolare con Rabbì Loew (il leggendario creatore del Golem); Meyrink racconta del suo rapporto con i già citati Dee e Kelly; Banville ce lo mostra interessato ai poteri delle stelle mentre disserta di matematica con Keplero e Brahe; Chatwin lo prende a modello in qualità di collezionista esemplare.

La Praga di Rodolfo II ribolliva di alchimia e di misteri. Ma cosa avevano a che fare con il Golem? Quello che sapevo del Golem è che nel XVI secolo il citato rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga, cominciò a creare Golem per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell’argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola “verità” (in ebraico אמת [emet]).

Il Golem è una figura antropomorfa immaginaria della mitologia ebraica e del folklore medievale. Il termine deriva probabilmente dalla parola ebraica gelem che significa “materia grezza”, o “embrione”, termine presente nella Bibbia (Antico Testamento, Salmo 139,16) per indicare la “massa ancora priva di forma”, che gli Ebrei accomunano ad Adamo prima che gli fosse infusa l’anima. In ebraico moderno golem significa anche robot.

C’era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene: il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in “morte” (in ebraico מת [met]); ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava. Il Golem, non come deità ma come una sorta di angelo, la cui natura nella Qabbalah è segreta, però creato dal maestro in grado di unirne il potere spirituale alla Volontà di Dio, si racconta operasse anche per la difesa di alcune comunità ebraiche dell’Europa orientale. Ripreso il controllo della situazione, il mago decise di smettere di servirsi dei golem che nascose nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora oggi. La sinagoga Staronova si trova nel quartiere ebraico di Praga.

A una rapida occhiata non rivelava molto per lo scopo delle nostre ricerche. Ma fu lì che qualcuno mi disse di andare nel vecchio cimitero ebraico della città. Il vecchio cimitero ebraico di Praga (in ceco Starý Židovský Hřbitov), fondato nel 1439, è uno dei monumenti storici più significativi dell’antico quartiere ebraico praghese nonché uno dei più celebri cimiteri ebraici in Europa.

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Uno scorcio del cimitero

È stato per oltre 300 anni, a partire dal XV secolo, l’unico luogo dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono all’incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe, perché il cimitero non poteva espandersi fuori dal perimetro esistente. Durante l’occupazione tedesca, il cimitero fu risparmiato, infatti le autorità tedesche decisero che sarebbe rimasto a testimonianza di un popolo estinto.

In alcuni punti si sono sovrapposti fino a 9 strati di diverse sepolture; le lapidi venivano staccate dal suolo, veniva ammonticchiata della terra per una nuova sepoltura, veniva rimessa la vecchia lapide e in più quella nuova a fianco. Non di tutti rimane una lapide.

La densità di lapidi, tardogotiche, rinascimentali, barocche, l’una quasi contro l’altra, il silenzio del luogo e la scarsa illuminazione (le lapidi sono quasi tutte all’ombra, oscurati dalle fronde degli alti sambuchi che crescono nel cimitero) creano un effetto unico con un’aura spettrale.

E in questo luogo che si trova la tomba di Rabbi Löw, il creatore del Golem.

Ma non si può capire niente del Golem se non si conosce, almeno approssimativamente, la Kabbalah ebraica, il ramo più esoterico dell’ebraismo. Secondo la leggenda, chi veniva a conoscenza della kabbalah, e in particolare dei poteri legati ai nomi di Dio, poteva fabbricare un Golem, un gigante di argilla forte e ubbidiente, che poteva essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori. Poteva essere evocato pronunciando una combinazione di lettere alfabetiche.

Si dice che il Golem sia stato formato attraverso il testo Sefer Yetzirah: esso risale alla sapienza di Avraham e si distingue per l’esegesi sui segreti dell’alfabeto ebraico, delle Sefirot nel legame con l’anatomia del corpo umano, con i pianeti e con mesi, giorni e segni zodiacali: queste tre figure – l’uomo, il mondo e l’anno – rappresentano tre testimoni completi. Il maestro che voleva formare un Golem, così si racconta, si serviva delle lettere ebraiche.

Il Golem era dotato di una straordinaria forza e resistenza ed eseguiva alla lettera gli ordini del suo creatore di cui diventava una specie di schiavo, tuttavia era incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché era privo di un’anima e nessuna magia fatta dall’uomo sarebbe stata in grado di fornirgliela.

Praga e il Golem erano diventati ai miei occhi ricettacoli di misteri, di cui mi sfuggiva la chiave. Ogni conoscenza rimandava a un’altra conoscenza, ogni indizio a un altro indizio. Come in un labirinto. Una fascinazione enigmatica. E questo enigma è ancora aperto.

Antonio De Lisa



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