Koethi Zan- Dopo
Koethi Zan, Dopo (The Never List), Longanesi (pagg. 368, euro 14,90, traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani).
Koethi Zan è un’avvocatessa dell’Alabama al suo primo romanzo e riesce a non commettere gli errori degli esordienti, di affastellare le pagine con dettagli inutili. Il thriller in questione si intitola Dopo, il cui titolo originale è The Never List, uscito negli Stati Uniti in primavera e subito divenuto un best seller, edito in Italia da Longanesi (pagg. 368, euro 14,90, traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani). Koethi Zan va diritta allo scopo: l’orrore; o meglio: descrivere quello che viene dopo l’orrore.
Ma intanto facciamo conoscenza con l’autrice. Koethi Zan è nata e cresciuta in un piccolo paesino in Alabama. Si è trasferita a New York dopo aver vinto una borsa di studio all’Università di Yale. Dopo la laurea in giurisprudenza pratica l’avvocatura per oltre 15 anni, lavorando come legale presso case di produzione cinematografiche, studi televisivi e, recentemente, presso MTV. Ora vive a New York con il marito e i figli.
Fin qui l’autrice. L’eroina protagonista del suo romanzo forse un po’ le somiglia, soprattutto per un senso iperprotettivo delle persone care e la paura del futuro. Sembra naturale sprofondare in un thriller dai risvolti inquietanti. Un thriller che purtroppo ricorda molto da vicino storie vere di cui è inondata la cronaca nera, come quelle delle austriache Elisabeth Fritzl e Natascha Kampusch, della belga Sabine Dardenne. E poi di Jaycee Dugard e soprattutto di Amanda Berry, Gina Dejesus e Michelle Knight. Nomi e cognomi che parlano di segregazione e violenza, di «femminicidi» che qualcuno o qualcosa è riuscito a fermare poco prima dell’irreparabile, della morte, ma che nulla e nessuno potrà mai davvero «riparare».
Ed è di questo che parla questo romanzo: di sequestro di persona e torture fisiche ma soprattutto psicologiche. Qui è anche la novità: A infliggere le torture a quattro donne è un professore di psicologia. Dopo dieci anni Jack Derber, accusato e imprigionato per rapimento, sta per essere rilasciato. Jack Derber, colpevole di aver rovinato per sempre l’esistenza di Sarah, la Narratrice, di Tracy, di Christine e di chissà quante altre (quante altre poi lo sapremo…), sta per ottenere la libertà condizionata.
Il meccanismo narrativo scatta a questo punto. Sarah non può consentirlo: Derber non è soltanto un rapitore. È un assassino. L’agente McCordy stimola Sarah-Caroline all’azione. Quest’ultima lo fa con riluttanza, ma comprende in qualche modo che è l’unica terapia possibile. L’impresa più ardua è coinvolgere le sue due compagne di sventura. Certe volte il passato è meglio seppellirlo.
Ma scavare nel passato di Derber, dell’allora stimatissimo professor Derber, significa scoperchiare il verminaio di vizi inconfessabili che lui nascondeva dietro la facciata di uomo fascinoso. Significa anche scavare nel suo passato di adolescente adottato da una famiglia un po’ stramba e diventato fratellastro di un altro tipo poi divenuto assai poco raccomandabile, un sedicente «pastore» di una Chiesa di provincia, una delle tante congreghe in cui il misticismo si confonde con la malattia mentale e gli istinti omicidi. Lì è la chiave che apre la porta sull’orrore. Lì è la traccia che ci fa tornare sul luogo dei delitti.
C’è una sola speranza, per tenere Derber in prigione: ritrovare il corpo di Jennifer. Da qui scaturisce una serie di colpi di scena nel profondo delle pieghe di una società americana di provincia che cela tutti gli orrori possibili.
L’autrice ha spiegato che questo non è«un thriller sulla ferocia degli uomini», bensì «un romanzo sul coraggio delle donne». Diciamo che forse è entrambe le cose.
A.DeL.
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