Marc Bloch, 1929
Una ragnatela di significati
“L’uomo sta in una ragnatela di significati da lui stesso tessuta”
Geertz
Nel decennio 1990-2000 la storia culturale è divenuta uno dei paradigmi di riferimento della storiografia occidentale. La storia culturale non è una teoria unitaria che prescrive come organizzare la conoscenza storica né definisce norme per la selezione dei temi degni di studio. Essa si caratterizza invece per una pluralità di approcci che hanno origine da discipline e tradizioni diverse, con cui condivide l’idea che ogni conoscenza sia legata alla lingua, alla comunicazione e quindi alla cultura, ovvero che il pensare, il sentire e l’agire nella storia siano mediati dalla cultura.
Un riferimento: Peter Burke
“La raison d’être di uno storico della cultura è
far emergere i collegamenti fra attività diverse”
Peter Burke
Nel tracciare il bilancio della storia culturale, Peter Burke ha preso le mosse da due grandi classici, “La cultura del Rinascimento in Italia” di Burckhardt e “L’autunno del Medioevo” di Huizinga. Ha segue quindi le diverse incarnazioni della storia culturale nella sociologia (Weber), nella storia dell’arte, nella storia della cultura popolare. Dopo aver trattato della risposta marxista all’approccio culturale, l’autore si concentra sulla stagione più recente, segnata a partire dagli anni Settanta dall’influenza dell’antropologia nonché delle opere di Bachtin, Elias, Foucault e Bourdieu, e caratterizzata dalla messa a fuoco di una vasta serie di tematiche nuove come la storia del corpo, la memoria, la costruzione delle identità individuali e collettive. Infine ha tracciato un’ipoteso di sviluppodella storia culturale, ipotizzando che in futuro essa si estenda tra l’altro anche alla storia della politica, della violenza, delle emozioni.
La risposta a una crisi degli studi storiografici
La cosiddetta svolta culturalista della storiografia è stata una reazione allo scetticismo che, dagli anni 1970-80, ha messo in discussione la possibilità di pianificare il progresso. Essa si è sviluppata anche in risposta ai limiti della stessa disciplina storica: la Storia sociale, ad esempio, aveva eliminato l’individuo come soggetto agente e ignorato la volontà individuale nella pratica sociale. Attorno al 1990 la storia culturale è divenuta un orizzonte concettuale capace di coagulare diversi approcci storiografici, quali la Storia della vita quotidiana tedesca, la storia della mentalità riconducibile alla scuola francese delle Annales, la microstoria italiana (analisi approfondita di singoli casi su scala ridotta) e l’Antropologia culturale anglosassone (Storia del corpo). La storia culturale è stata fortemente influenzata anche dalla linguistica francese, in particolare dall’analisi del discorso di Michel Foucault.
All’inizio del XXI sec. la disciplina si è autodefinita come “nuova storia culturale”, distinguendosi così da quella più antica, che dall’Illuminismo aveva annunciato la “culturalizzazione” inarrestabile dell’umanità. Soprattutto in Germania il concetto di cultura fu per lungo tempo utilizzato esclusivamente in riferimento ai ceti dirigenti, come testimonia la visione, ormai superata, della storia culturale come storia di singoli generi artistici. È considerato uno dei precursori della nuova storia culturale lo Svizzero Jacob Burckhardt, storico della cultura, che considerava quest’ultima una delle tre potenze della storia accanto allo Stato e alla religione.
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