
Un ambigramma (leggibile quindi, in identico modo, anche ruotando di 180° l’immagine) con i nomi di Muḥammad (ﻣﺤﻤﺪ) e di ʿAlī (ﻋﻠﻲ).
Lo sciismo imamita o duodecimano
Lo Sciismo viene normalmente distinto in tre grandi filoni: quello maggioritario dei Duodecimani (o Imamiti), quello degli Ismailiti (o Settimani) e quello degli Zayditi, oggi quantitativamente il più esiguo.
Caratteri generali dello sciismo
Gli sciiti devono il loro nome all’espressione “shīʿat ʿAlī” (fazione di ʿAlī), sovente abbreviata semplicemente in “Shīʿa“. Hanno cominciato il loro lento cammino di differenziazione da quello che, sotto Ahmad ibn Hanbal, diventerà il Sunnismo per motivi al contempo politici e spirituali.
L’occasione fu offerta dall’assassinio perpetrato dalle forze califfali omayyadi ai danni di al-Ḥusayn b. ʿAlī, figlio di ʿAlī b. Abī Ṭālib, avvenuto nel 680 a Karbalāʾ, in Iraq.[1] In quell’occasione si pose con forza la questione-cardine dell’Imamato: se cioè ammettere che alla suprema carica islamica potesse accedere un qualsiasi credente (come era già stato il caso di Mu’awiya ibn Abi Sufyan e di suo figlio e successore Yazid ibn Mu’awiya), oppure riservare il posto di Califfo/Imam a un appartenente alla cerchia ristretta dei Compagni del Profeta e – con l’inevitabile trascorrere del tempo – riservarlo a un appartenente al lignaggio di Maometto (Ahl al-Bayt).
Gli alidi si cominciarono a differenziare dal resto della Umma, dal momento che considerarono unica legittimata a governare l’Ahl al-Bayt, mentre il resto dei musulmani ritenne che qualsiasi fedele di buona capacità religiosa, non necessariamente discendente del Profeta, anche se preferibilmente appartenente alla sua tribù – i Coreisciti -, potesse guidare a pieno titolo la Comunità islamica.[2]
Col tempo gli alidi misero per scritto le loro riflessioni teologiche e politologiche, evolvendo verso quello che diventerà il vero e proprio Sciismo. Da quanti si potranno di lì a poco legittimamente chiamare “sunniti” (la definizione sarà data da Ibn Ḥanbal, col suo auspicio che la Umma fosse una Ahl al-sunna wa l-jamāʿa, cioè “Gente che si rifà alla tradizione [di Maometto] e che non origina secessioni“), gli sciiti presero a differenziarsi anche a proposito di alcuni altri istituti giuridici, ammettendo, ad esempio, la legittimità del matrimonio a tempo prefissato, detto mutʿa, sulla scorta di precisi hadit del Profeta, negando (come facevano i sunniti) che Maometto avesse posto fine a una tal pratica preislamica al ritorno dalla conquista di Khaybar.
Secondo alcuni studiosi sunniti (e, negli ultimi tempi, i wahhabiti in particolare), una parte dello Sciismo penserebbe che dal Corano – raccolto all’epoca del califfo ʿUthmān b. ʿAffān – siano stati espunti alcuni passaggi e una sura intera (la sūrat al-wilāya, ovvero “capitolo della luogotenenza“) che attestavano la designazione a succedergli, fatta da Maometto in favore di ʿAlī. Questa affermazione è decisamente respinta dagli attuali sciiti che ribadiscono invece che nello Sciismo nessuno avrebbe mai affermato l’incompletezza del Testo Sacro islamico.
Nel suo Uṣūl al-Kāfī, Muḥammad ibn Yaʿqūb al-Kulaynī, o Kulīnī (vissuto nel X secolo), affermò peraltro sull’autorità di Jābir:
« Ho sentito Abū Jaʿfar dire: «Chiunque fra la gente [di fede islamica] pretenda di aver collazionato l’intero Corano come Allāh l’ha rivelato, è un mentitore. Solo ʿAlī e gli Imām dopo di lui l’hanno raccolto e mandato a memoria come Allāh l’aveva rivelato» » |
ovvero
« Jābir riferisce di aver ascoltato l’Imām Muḥammad al Bāqir[3] dire: «Nessuno può rivendicare di aver compilato il Corano così come Allah l’ha rivelato, a meno che non sia un bugiardo. La sola persona che l’ha compilato e memorizzato secondo la sua rivelazione è stato ʿAlī ibn Abī Ṭālib e gli Imām che sono venuti dopo di lui»[4]. » |
Affermazioni non dissimili sono riscontrabili nel Tafsīr al-Shāfiʿī min kitāb al-kashshāf di Tabrisī (o Tabarsi).
Quanti nello sciismo negano che il Corano sia stato in qualche modo alterato per odio nei confronti della Ahl al-Bayt, si rifanno all’autorità di Abū Jaʿfar Muḥammad b. ʿAlī Ibn Bābawayh al-Qummī, detto Shaykh Ṣadūq (Il venerabile grandemente veritiero), che affermò:
« La nostra fede è che il Corano rivelato da Allāh al Suo Profeta Maometto è quello che sta tra le due copertine ( daffatayn ). Ed è quello che è in mano ai credenti, e non è più lungo… E colui che afferma che diciamo che è più lungo, è un mentitore”[5]. » |
Tutte queste differenziazioni, non toccando alcun punto della dogmatica islamica (non essendo articolo di fede la completezza o meno del Corano), non legittimano comunque quelle fazioni più estremiste del sunnismo wahhabita che parlano dello Sciismo come di un’eresia. Tale atteggiamento del tutto recente contraddice la lunga tradizione moderata dell’Islam sunnita che ha sempre considerato lo sciismo come una variante dell’Islam e che ha costantemente negato per 14 secoli che si possa applicare ai suoi seguaci la definizione di kuffār.[6]
Lo sciismo – minoritario in termini assoluti (tra il 6 e l’11% dei fedeli musulmani di tutto il mondo) – è maggioritario in Iraq, in Libano e in alcune aree del Golfo Persico e, con poche eccezioni, del tutto dominante in Iran, dove lo sciismo fu forzatamente imposto dalla dinastia dei Safavidi (1501-1722).
Il termine sciismo viene da shīʿat ʿAlī, il partito di ʿAlī. La parola shīʿa è già riportata diverse volte nel Corano per indicare l’affiliazione alla scuola di pensiero di personaggi, sia positivi che negativi, dei Libri Sacri, come i profeti Abramo e Mosè da una parte e Faraone dall’altra.
Alla morte di Maometto, nel 632, la questione della sua successione fu all’origine della più grande divisione all’interno dell’Islam. I discepoli di ʿAlī ibn Abī Ṭālib, indicati anche dal Profeta con il termine di sciiti, ritenevano che gli unici legittimati ad esercitare il potere fosse l’Ahl al-Bayt, la “Gente della Casa” (la famiglia del Profeta), e che dunque ˁAlī, la loro Guida, sulla base delle indicazioni fornite dal Profeta (vedi Ghadīr Khum), fosse l’unico successore legittimo. Essi sostenevano che il ruolo di Imam (guida religiosa) e Califfo (autorità politica) dovessero cumularsi in un’unica persona, ma dovettero riconoscere come primo Califfo Abū Bakr, eletto dal resto della comunità (umma).
La disputa sembrò ricomporsi con l’accesso di ʿAlī al Califfato dopo la morte violenta del 3° Califfo ʿUthmān ibn ʿAffān. (Egli fu dunque quarto Califfo per i sunniti e primo Imām per gli sciiti). Ma il suo potere fu contestato da Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, governatore omayyade della Siria, che gli si ribellò apertamente. ʿAlī fu assassinato nella moschea di Kufa da un seguace del kharigismo.
I suoi discepoli riposero allora tutte le loro aspettative sui suoi due figli, al-Ḥasan ibn ʿAlī e al-Ḥusayn ibn ʿAlī. Ḥasan fu indicato da ʿAlī come suo successore all’Imamato, ma fu costretto a sciogliere il suo esercito e accettare un accordo con Muʿāwiya, stipulando però con lui un patto secondo il quale, alla morte di questi, il potere sarebbe tornato ad al-Ḥasan o, in sua mancanza, a suo fratello al-Ḥusayn.
Ma Muʿāwiya, contravvenendo al patto, nominò suo figlio Yazīd per la successione al Califfato. al-Ḥasan nel frattempo era morto, forse avvelenato dallo stesso Muʿāwiya, ed al-Ḥusayn, che ne aveva ereditato l’Imamato, rifiutò categoricamente di giurare fedeltà a Yazīd, sia per questione di legittimità, sia per una pretesa indegnità mostrata dallo stesso. Messo di fronte alla scelta tra la sottomissione o lo scontro, al-Ḥusayn intese raggiungere la città irachena di Kufa, dove gli alidi erano molto forti e gli avevano promesso il loro sostegno.
Ma le truppe califfali intercettarono al-Ḥusayn a Kerbelāʾ, sulla strada per Kufa, impedendogli anche l’accesso all’acqua dell’Eufrate. al-Ḥusayn, con soli 72 combattenti (gli abitanti di Kufa erano stati nel frattempo duramente repressi e si guardarono bene dall’intervenire in suo soccorso), dovette fronteggiare l’assai maggiore contingente armato califfale spedito dal wālī di Kufa e l’esito non poteva essere altro che la morte sua, dei suoi familiari e dei suoi discepoli. La battaglia di Kerbelāʾ, del 680, segnerà la definitiva rottura tra gli sciiti ed il resto della comunità che più avanti prenderà il nome di Ahl al-Sunna (da cui il nome attuale di sunniti).
Il destino tragico di al-Ḥusayn scosse le coscienze dei musulmani e accrebbe la determinazione a lottare per l’ideale di un potere giusto e rispettoso dei principi fondamentali dell’Islam originario. Il martirio divenne il simbolo della lotta contro l’ingiustizia. Il senso dello sciismo è in questo massacro e quindi nel culto dei martiri. Tutti i discendenti di al-Ḥusayn, ovvero gli Imam dell’ Ahl al-Bayt, la Famiglia del Profeta, ebbero un destino tragico, fatto di prigionia e avvelenamenti. Per gli sciiti, gli Imam sono le guide, i custodi del Libro. La loro legittimità non deriverebbe dalla discendenza carnale dal Profeta, ma dalla loro eredità spirituale; essi ebbero una conoscenza del significato del Corano e ne spiegarono il senso esoterico (bātin ) ai fedeli.
Il dodicesimo Imam di questa catena di successione iniziata con ʿAlī e proseguita con al-Ḥasan e al-Ḥusayn, sfuggì alla repressione del califfo di turno occultandosi nell’874. Questo fenomeno sovrannaturale mise dunque termine alle rivendicazioni sul potere temporale e diede una dimensione fortemente escatologica e religiosa allo sciismo. Gli sciiti duodecimani, ovvero coloro che prestano fede a tali dodici Imam, da quel momento in avanti accettarono passivamente l’ordine politico stabilito, nell’attesa della parusia del 12° Imam che, alla fine dei tempi, tornerà a manifestarsi e a ristabilire la giustizia in Terra. In questa attesa, nessun potere politico è pienamente legittimo. La Rivoluzione Islamica del 1979 in Iran ha in parte modificato questo atteggiamento, stabilendo il potere del giurisperito (velāyat-e faqih ) che, pur non esente da difetti ed errori, cerca di creare e gestire una società islamica quanto più giusta possibile e preparare le condizioni per il ritorno dell’Imam Atteso.
Lo sciismo è basato su cinque fondamenti dottrinali:
- il Monoteismo (Tawḥīd);
- la Profezia (Nubuwwa);
- l’Imamato (Imāma);
- la Resurrezione (Maʿād);
- la Giustizia di Dio (ʿAdl).
I Cinque Pilastri (Professione di Fede, Preghiera, Elemosina, Digiuno e Pellegrinaggio) sono ugualmente riconosciuti – il primo coincide d’altronde con il monoteismo – ma considerati e definiti come “Obblighi di Fede”.
Monoteismo (Tawḥīd)
Lo sciismo riconosce, come tutte le altre scuole islamiche, l’Unità Divina e il testo sacro del Corano. Esso considera che il Corano abbia un senso evidente ed uno nascosto, senza comunque che il secondo annulli o pregiudichi il primo, e che il testo sacro vada studiato anche esotericamente. Gli Imām sono gli incaricati di insegnare ai fedeli più ricettivi questa gnosi.
Profezia (Nubuwwa)
Lo sciismo riconosce il profeta Maometto ed attribuisce a lui e agli altri Profeti biblici la qualità dell’infallibilità assoluta ( ʿiṣma ) mentre il sunnismo gliela riconosce solo in materia di fede. Per infallibilità assoluta si intende la totale astensione dai peccati, sia maggiori che minori, e dagli errori nel ricevere e trasmettere la Rivelazione.
In aggiunta i Profeti hanno il dovere di provare agli uomini la provenienza divina del loro messaggio e per questo compiono miracoli. Il miracolo più grande dell’ultimo Profeta dell’Islam è il Corano stesso la cui conoscenza gli venne trasmessa direttamente nel cuore senza l’intermediazione dei sensi.
Imamato (Imāma)
È l’articolo di fede che più caratterizza lo sciismo. Dio non volle permettere che gli uomini si perdessero e per questo ha inviato loro i Profeti per guidarli. Ma la morte di Maometto mette fine alla catena profetica iniziata con Adamo e continuata con Noè, Abramo, Mosè e Gesù. Occorreva dunque un garante spirituale della condotta degli uomini che fosse e desse prova della veracità della religione e dirigesse la comunità. Questi è l’Imām, la Guida. Egli deve soddisfare un certo numero di condizioni: conoscere la religione, essere giusto ed esente da difetti, in altre parole essere il migliore del suo tempo. Egli viene investito dallo stesso Profeta e quindi dall’Imam che lo ha preceduto.
Contrariamente ai sunniti, dunque, gli sciiti affermano che la comunità, dopo la morte del Profeta, doveva essere guidata da ʿAlī, suo cugino e genero avendone sposato la figlia Fāṭima, e dal Profeta nominato primo Imām. E i discendenti di ʿAlī dovevano esserne gli eredi nell’Imamato. Questa rivendicazione in origine possedeva un carattere esclusivamente politico-religioso, ma nel tempo è venuta a rappresentare un aspetto fondamentale della teologia sciita. La concezione dell’Imamato da parte degli sciiti, diversamente dal Califfato contemplato dagli altri musulmani, incarna sia l’autorità temporale che quella spirituale, ed è considerato la continuazione del ciclo della profezia.
La fede in un salvatore è condivisa da molte religioni, se non tutte. Nell’Islam l’idea di un salvatore è presentata in modo chiaro nella dottrina di al-Mahdi (aj) (il Ben Guidato): egli, con la benedizione di Dio, si leverà e colmerà la terra di giustizia dopo che questa sarà stata sopraffatta dall’ingiustizia e dalla oppressione. L’idea di un salvatore o di una buona conclusione per l’umanità è argomento di molti versetti Coranici e Ahadith. Per esempio, nel Sacro Corano leggiamo:
وَلَقَدْ كَتَبْنَا فِي الزَّبُورِ مِن بَعْدِ الذِّكْرِ أَنَّ الاَرْضَ يَرِثُهَا عِبَادِيَ الصَّالِحُونَ
“Abbiamo scritto nei Salmi, dopo il Monito: “I Miei servi giusti erediteranno la terra” (Sûra Al-Anbiâ’; 21: 105).
وَنُرِيدُ أَن نَّمُنَّ عَلَى الَّذِينَ اسْتُضْعِفُوا فِي الاَرْضِ وَنَجْعَلَهُمْ أَئِمَّةً وَنَجْعَلَهُمُ الْوَارِثِينَ
“Eppure Noi volevamo colmare di favori coloro che erano che erano stati oppressi sulla terra e farne delle guide e degli eredi (nostri)” (Sûra Al-Qasas; 28: 5).
Sull’idea di un salvatore vi sono Ahadith narrati sia da sunniti sia da shi°iti, eccone alcuni:
لا تذهب الدنيا حتىيملك العرب رجل من أهل بيتي يواطئ اسمه اسمي
سننالترمذي – حديث رقم 2156
يلي رجل من أهلبيتي يواطئ اسمه اسمي قال عاصم وأخبرنا أبو صالح عن أبي هريرة قال لو لم يبق من الدنيا إلا يوم لطول الله ذلك اليوم حتى يلي (الحديث)
سننالترمذي – حديث رقم 2157
“Anche se l’intero corso dell’esistenza del mondo fosse giunto al suo termine e ne restasse solo un giorno (prima del Giorno del Giudizio), Dio prolungherebbe quel giorno tanto tempo fino a che potesse accogliere il regno di una persona della mia famiglia che porterà il mio nome”.
1. Il Profeta (S) disse anche:
المهدي منا أهلالبيت يصلحه الله في ليلة
سنن ابنماجه – حديث رقم 4075
“Al-Mahdi (aj) è uno di noi, i componenti della famiglia (Ahl ul-Bayt). Dio preparerà per lui {le sue incombenze} in una notte.”
2. Inoltre il Profeta (S) disse:
المهدي من عترتي من ولد فاطمة
سنن أبيداود – حديث رقم 3735
“Al-Mahdi(aj) sarà uno della mia famiglia, uno dei discendenti di Fatima”
3. Si narra anche che Jabir Ibn Abdillah al-Ansari udì il Messaggero di Dio (S) dire:
لا تزال طائفةمن أمتي يقاتلون على الحق ظاهرين إلى يوم القيامة قال فينزل عيسى ابن مريم صلى الله عليه وسلم فيقول أميرهم تعال صل لنا فيقول لا إن بعضكم على بعضأمراء تكرمة الله هذه الأمة
صحيح مسلم – حديث رقم 225
“Un gruppo della mia gente lotterà per la verità fino a quasi il Giorno del Giudizio, quando Gesù, figlio di Maria, scenderà e, quando la loro guida gli chiederà di dirigere la preghiera, Gesù rifiuterà dicendo: “No. Invero è fra di voi che Dio ha formato le guide per gli altri, allo scopo di rendere onore a questa azione.”
A questo proposito c’è da fare una precisazione riguardo al concetto di Sunna. Si intende per Sunna tutto il corpus di leggi e consuetudini derivanti da ciò che il profeta Maometto disse, fece, omise di dire e di fare, cui alluse ecc. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono però solo i sunniti a seguire la Sunna, come il nome potrebbe indurre a credere, perché altrettanto fanno gli sciiti. La differenza sta in primo luogo nelle catene di trasmettitori, ovvero nelle fonti di tale Sunna. I sunniti ne privilegiano alcune, gli sciiti talora altre. In secondo luogo, i sunniti considerano Sunna anche le integrazioni apportate dai primi Califfi, e gli Sciiti fanno altrettanto con le integrazioni apportate dai primi dodici Imam. I trasmettitori usati dagli uni sono considerati inaffidabili o addirittura mentitori dagli altri e viceversa.
Secondo gli sciiti duodecimani, i primi dodici Imām – investiti in tale ruolo da Dio stesso, dal Profeta o dall’Imam precedente – sono stati rappresentanti infallibili di Dio stesso su questa terra e custodi della Rivelazione. L’infallibilità è dovuta al fatto che l’Imam trae la sua autorità da Dio, così da non poter impartire insegnamenti minati dal dubbio dell’errore.
Dopo l’occultazione del 12° Imam gli uomini sono liberi in rapporto al potere temporale mentre l’insegnamento fluisce sempre dall’Imam per il tramite dei religiosi di più elevata dottrina e qualità morali, ineffabilmente ispirati da lui.
Nello Sciismo la prassi religiosa non è fissata ab eterno in tutti i suoi particolari e pertanto l’interpretazione (ijtihād) resta aperta e problemi nuovi possono essere risolti con nuove soluzioni.
Alla fine dei tempi l’Imam nascosto si manifesterà ripristinando l’autorità legittima e la giustizia fra gli uomini.
Lo Sciismo, sorto da una controversia di natura dinastico-legittimista, è evoluto presto in una forma anche dottrinalmente lontana dall’Islam predicato da Maometto. Diverse sue concezioni concernenti la figura dell’Imam appaiono alla maggioranza sunnita nettamente eterodosse e, fino a tempi non lontani, furono aspramente condannate e ferocemente combattute come eretiche. Vediamone alcune. Sin dalle origini si ebbe un acceso dibattito sulla natura della persona dell’Imam. In ambienti estremisti, kaysaniti e ismailiti, si sostenne la dottrina della divinità dell’Imam concepito come una sorta di “volto di Dio” (wajh Allah), ovvero il volto che Dio mostra al creato, dottrina che si perpetua nell’Ismailismo odierno. Tale dottrina è in parte mitigata nello Sciismo imamita o duodecimano, maggioritario nell’Iran e Iraq attuali, in cui si tende piuttosto ad accreditare una concezione che si basa sul principio – cui probabilmente non è estranea una lontana eco cristologica – della “doppia natura” dell’Imam: uomo che conterrebbe una particola di Luce divina. L’Imam – secondo una suggestiva metafisica o teologia della luce, sarebbe una “irradiazione” (tajalli) della stessa Luce divina.
Gli zayditi, che si continuano nell’attuale Sciismo dello Yemen, hanno invece sempre negato aspetti divini nella figura dell’Imam, riconoscendogli soltanto l’infallibilità (è sempre guidato da Dio) e l’impeccabilità. La dimensione divina dell’imam è anche alla base dell’idea che l’imam “sorregga il mondo”, ovvero – come si sosteneva in certi ambienti- senza di lui il mondo crollerebbe; consequenziale è anche la tendenza a considerare il magistero dell’Imam – in quanto “manifestazione” (mazhar ) di Dio sulla terra – superiore a quello dello stesso Profeta, semplice uomo. Infine l’Imam gioca un importante ruolo escatologico. Sin dalle prima riflessione elaborata in ambienti ismailiti e poi ripresa in parte anche nello Sciismo imamita, si afferma l’idea che alla fine del mondo l’ultimo Imam della serie – considerato mai realmente morto – tornerà per instaurare nella veste di Mahdi un regno di giustizia che ripari ai torti subiti dalla comunità sciita, idea che denuncia matrici ebraico-cristiane (cfr. letteratura apocalittica).
Gli sciiti duodecimani riconoscono come maggiori autorità religiose i Marjaʿ al-taqlīd che possono essere più di uno: ciascun fedele deve sceglierne uno (o più di uno in alcuni casi) e seguirne i verdetti giuridici. Altri titoli delle autorità religiose sciite sono quelli di ayatollah (ossia “segno di Allah”), titolo che può coincidere con quello di marjaʿ, e ḥujjat al-islām (trad: prova dell’Islam), di grado inferiore al primo. I religiosi sciiti possono indossare il turbante bianco o nero. Quest’ultimo colore indica i sayyid ovvero i discendenti del profeta Maometto.
Lo sciismo accorda una particolare importanza al culto dei martiri. ʿAlī, al-Ḥasan e soprattutto al-Ḥusayn sono i più importanti. Per al-Ḥusayn si celebrano delle grandiosi manifestazioni di lutto e dolore collettivo per il giorno della sua morte, ʿAshurāʾ, il 10 del mese di Muḥarram, e quaranta giorni dopo, Arbaʿīn.
Guglielmo di Tiro (XII secolo), paragonava questo culto a quello dei martiri cristiani, ed ancor oggi molte sono le assonanze con le cerimonie cristiane del Venerdì Santo.
Resurrezione (Maʿād)
Il mondo arriverà al suo termine nel Giorno della Resurrezione (Qiyāmah), il Giorno del Giudizio. Tutti gli uomini risorgeranno e si presenteranno davanti a Dio che deciderà il loro destino secondo la loro fede e le loro azioni nella vita terrena. Ci saranno ricompense per il bene fatto e punizioni per il male compiuto:
يَآ أَيُّهَا النَّاسُ اتَّقُوا رَبَّكُمْ إِنَّ زَلْزَلَةَ السَّاعَةِ شَيْءٌ عَظِيمٌ * يَوْمَ تَرَوْنَهَا تَذْهَلُ كُلُّ مُرْضِعَةٍ عَمَّآ أَرْضَعَتْ وَتَضَعُ كُلُّ ذَاتِ حَمْلٍ حَمْلَهَا وَتَرَى النَّاسَ سُكَارَى وَمَاهُم بِسُكَارَى وَلَكِنَّ عَذَابَ اللَّهِ شَدِيدٌ
“O uomini, temete il vostro Signore. Il sisma dell’Ora sarà cosa terribile. Il Giorno in cui la vedrete ogni nutrice dimenticherà il suo lattante e ogni femmina gravida abortirà. E vedrai ebbri gli uomini, mentre non lo saranno ma sarà questo il tremendo il castigo di Allah.” (Sûra Al-Hajj; 22: 1-2).
ذَلِكَ بِاَنَّ اللَّهَ هُوَ الْحَقُّ وَأَنَّهُ يُحْيِ الْمَوْتَى وَأَنَّهُ عَلَى كُلِّ شَيْءٍ قَدِيرٌ * وَأَنَّ السَّاعَةَ ءَاتِيَةٌ لاَّ رَيْبَ فِيهَا وَأَنَّ اللَّهَ يَبْعَثُ مَن فِي
الْقُبُورِ
“Così avviene perché Allah è la Verità, è Lui che ridona la vita ai morti. Egli è onnipotente. Già l’Ora si avvicina, nessun dubbio in proposito, e Allah resusciterà quelli che sono nelle tombe.” ( Sûra Al-Hajj; 22: 6-7).
وَنُذِيقُهُ يَوْمَ الْقِيَامَةِ عَذَابَ الْحَرِيقِ
“..e nel Giorno della Resurrezione {li attende} il castigo dell’Incendio” (Sûra Al-Hajj; 22:9).
كُلُّ نَفْسٍ ذَآئِقَةُ الْمَوْتِ وإِنَّمَا تُوَفَّوْنَ اُجُورَكُمْ يَوْمَ الْقِيَامَةِ فَمَن زُحْزِحَ عَنِ النَّارِ وَاُدْخِلَ الْجَنَّةَ فَقَدْ فَازَ
“Ogni anima gusterà la morte, ma riceverete le vostre mercedi solo nel Giorno della Resurrezione. Chi sarà allontanato dal Fuoco e introdotto nel Paradiso, sarà certamente uno dei beati, poiché la vita terrena non è che ingannevole godimento.”( Sûra Âli-°Imrân; 3: 185).
Dio tratterà gli uomini con giustizia, ma l’elemento predominante della Sua Giustizia sarà la Sua Misericordia.
كَتَبَ عَلَى نَفْسِهِ الرَّحْمَةَ لَيَجْمَعَنَّكُمْ إِلَى يَوْمِ الْقِيَامَةِ لاَ رَيْبَ فِيهِ
“Egli si è imposto la Misericordia. Vi riunirà nel Giorno della Resurrezione, sul quale non v’è dubbio alcuno.”( Sûra Al-An°âm; 6: 12).
Giustizia di Dio (ʿAdl)
Gli sciiti affermano che Dio è giusto e che non agisce mai ingiustamente. Di conseguenza ricompensa coloro che credono e compiono buone opere e punisce i malfattori. Per l’affermazione di tale principio l’uomo deve essere libero nella scelta delle proprie azioni ed è per questo che gli è stato conferito il libero arbitrio. Punto questo di divergenza con il sunnismo che ritiene Dio unico Creatore, e quindi anche degli atti dell’uomo.[7]
وَأَنَّ اللَّهَ لَيْسَ بِظَلاَّمٍ لِلْعَبِيدِ
“e Allah non è affatto ingiusto con i Suoi servi” (Sûra Âli °Imrân; 3: 182. Sûra Al-Anfâl; 8: 51. Sûra Al-Hajj; 22: 10)
وَمَا رَبُّكَ بِظَلاَّمٍ لِلْعَبِيدِ
“Il tuo Signore non è affatto ingiusto con i Suoi servi”(Sûra Fussilat; 41: 46)
وَمَآ أَنَاْ بِظَلاَّمٍ لِلْعَبِيدِ
“Non sono mai ingiusto verso i Miei servi”(Sûra Qâf; 50:29).
إِنَّ اللَّهَ لاَ يَظْلِمُ مِثْقَالَ ذَرَّةٍ
“Invero Allah non commette ingiustizia, nemmeno del peso di un atomo” (Sûra An-Nisâ’; 4: 40)
إِنَّ اللَّهَ لاَ يَظْلِمُ النَّاسَ شَيْئاً وَلَكِنَّ النَّاسَ أَنفُسَهُمْ يَظْلِمُونَ
“In verità Allah non commette nessuna ingiustizia verso gli uomini, sono gli uomini che fanno torto a loro stessi” (Sûra Iûnus; 10: 44).
Il gruppo sciita oggi maggiormente diffuso è quello dei cosiddetti Duodecimani (o Imamiti o Giafariti). Essi sono coloro che credono nell’Imamato dei Dodici Imām dell’ Ahl al-Bayt. Ricordiamo i nomi di questi 12 Imām:
- ʿAlī bin Abī Ṭālib, al-Murtaḍa;
- al-Ḥasan ibn ʿAlī, al-Mujtabā;
- al-Ḥusayn ibn ʿAlī, Sayyid al-shuhadāʾ (il Signore dei Martiri);
- ʿAlī ibn al-Ḥusayn, Zayn al-ʿĀbidīn, al-Sajjād;
- Muḥammad ibn ʿAlī, al-Bāqir;
- Jaʿfar ibn Muḥammad, al-Ṣādiq;
- Mūsā ibn Jaʿfar, al-Kāẓim;
- ʿAlī ibn Mūsā, al-Riḍā (in persiano: Reża);
- Muḥammad ibn ʿAlī, al-Taqī;
- ʿAlī ibn Muḥammad, al-Naqī;
- al-Ḥasan ibn ʿAlī, al-ʿAskarī;
- Muḥammad ibn al-Ḥasan, al-Mahdī.
Vi sono poi i cosiddetti Ismailiti o Settimani perché credono fino ad Ismāʿīl, considerato il settimo Imam dopo Jaʿfar al-Ṣādiq. Sono diffusi nell’Africa Orientale, in India e nel mondo occidentale.
Gli Zayditi, diffusi nello Yemen, prendono il loro nome da Zayd, ritenuto quinto ed ultimo Imām dopo ʿAlī Zayn al-ʿĀbidīn.
Gli Alevi, gruppo religioso sincretista diffuso in Turchia orientale, devoti alla figura di ‘Alī ibn Abī Tālib, considerati dal resto del mondo islamico non ortodossi, seguono un’interpretazione gnostico-allegorica ( bātin ) del Corano piuttosto che una di tipo letteralistico ( zāhir ). Non impongono il divieto di consumo dell’alcol e hanno una forte devozione per Gesù e Maria. Hanno sviluppato un modello di trinità basato su Allah, Maometto e ‘Alī. La loro fede è inoltre ricca di elementi animisti.
Infine c’è la setta eterodossa degli Alawiti, minoritaria ma al potere in Siria, presente in Libano e fortemente diffusa in Anatolia orientale.
Diffusione dello sciismo
A motivo del suo essere maggioranza assoluta in Iran, lo sciismo viene a torto indicato come la variante persiana dell’Islam, ma si tratta di un’affermazione errata. Infatti, oltre al fatto che la culla dello sciismo è stata storicamente un paese arabo come l’Iraq, in cui si trovano i suoi maggiori santuari e che le differenziazioni abbiano tutte connotazioni religiose e politiche e nient’affatto etniche, c’è da rilevare come esso sia diffuso – sia pure in senso fortemente minoritario – in tutti i luoghi ove vi sono musulmani e come in alcuni paesi arabi esso sia massicciamente presente.
Oltre che in Iran, infatti, dove lo sciismo ha la maggioranza assoluta, esso è maggioritario in Azerbaijan, in Iraq e nel Bahrain; alte percentuali di sciiti si trovano in Libano, nello Yemen (zayditi) e in Kuwait. Forti minoranze sono presenti anche in Arabia Saudita e Siria (alawiti), mentre negli altri paesi arabi gli sciiti sono fortemente minoritari.
Fuori dal mondo arabo, forti minoranze si trovano in Turchia (aleviti), Afghanistan, Pakistan e India.
Caratteri dello sciismo imamita e differenze con quello ismailita
Nel mondo sciita, dopo la morte dell’Imam Jaʿfar al-Ṣādiq nel 765 vi fu una scissione, determinata dalla morte dell’erede designato, Ismāʿīl, e dalla successiva designazione di suo fratello Musa al-Kazim.
Una parte dei seguaci di Ismāʿīl – per questo chiamati Ismailiti – affermò tuttavia che egli non era morto ma che era entrato in “occultamento” (ghayba) per tornare alla fine dei tempi come Mahdi e restaurare il puro Islam delle origini. Avendo dichiarata esaurita la successione degli Imam al settimo Imam (Ismāʿīl b. Jaʿfar al-Ṣādiq), furono anche chiamati “Settimani“.
Gli sciiti che non seguirono Ismāʿīl ritennero che il vero Imam dopo Jaʿfar fosse il figlio Mūsā al-Kāẓim, poi il nipote Ali al-Rida. L’undicesimo Imam, al-Hasan al-Askari, morì presumibilmente nell’874 e a lui succedette il figlio Muhammad al-Mahdī.
La minore età di quest’ultimo e la sua morte nel campo di sorveglianza in cui era tenuto dalle autorità abbasidi a Samarra misero fine alla discendenza ma i suoi seguaci, al pari di Ismāʿīl, affermarono che il giovinetto non era morto e che si era invece nascosto ai suoi persecutori per ritornare alla fine dei tempi in veste di Mahdi. Avendo dichiarata esaurita la successione degli Imam al dodicesimo Imam, furono anche chiamati “Duodecimani”, o “Imamiti”.
Essi dichiararono che l’Imam “occultato” seguitava ad agire comunque tramite suoi rappresentanti (wakīl) ma la catena di morti precoci e di omicidi (determinati dagli Abbasidi, dissero gli Imamiti) creò ulteriori difficoltà e, con la morte del quarto e ultimo wakīl nel 940, nessun altro venne designato. Tale data segna l’inizio del “Grande Occultamento” che continua fino ad oggi.
Nell’attesa dell’epifania dell’ultimo Imam, nessun potere politico è pienamente legittimo. La Rivoluzione Islamica del 1979 in Iran ha in parte modificato questo atteggiamento, stabilendo il potere del giurisperito (velāyat-e faqih) che, pur non esente da difetti ed errori, cerca di creare e gestire una società islamica quanto più giusta possibile e preparare le condizioni per il ritorno dell’Imam Atteso.
Sotto il profilo giurisprudenziale i Duodecimani, o Imamiti, sono anche definiti Giafariti (da Jaʿfar al-Ṣādiq) mentre in arabo il termine spesso impiegato è Ithnā ʿashariyya, visto che il numero dodici viene reso dalla parola ithnā ʿashara o, in alternativa Imāmiyya.
Note
- Diventata per questo la seconda città santa sciita, dopo Najaf in cui fu sepolto suo padre, primo Imām sciita e quarto califfo dell’Islam.
- Una posizione più radicale (e nei fatti impercorribile) fu quella proposta da un terzo gruppo – assai minoritario – di musulmani: i Kharigiti. Essi pretendevano infatti che la guida della Umma dovesse essere riservata al “miglior musulmano” esistente, indifferenti circa l’estrema difficoltà e aleatorietà di una simile scelta.
- Settimo Imam per gli sciiti duodecimani, o imamiti.
- Uṣūl al-kāfī 1:228.
- Al-Ṣadūq, Kitāb al-iʿtiqādāt, Teheran, 1370 dell’Egira, p. 63; traduzione inglese di A.A.A. Fyzee, The Shi’ite Creed, Calcutta, 1942, p. 85.
- Plurale di kāfir, colpevole di kufra (empietà massima e imperdonabile, per stroncare la quale sarebbe lecito in teoria “versare il sangue”).
- Jean Jolivet, D. Gimaret, “Théories de l’acte humain en théologie musulmane”, Revue de l’histoire des religions, 2/1982, [En ligne], mis en ligne le 18 janvier 2006. URL : http://rhr.revues.org/document4717.html
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