Una minoranza sciita: gli ‘alawiti (علوي)
‛alawiti (ʿalawīyyah : علوية ) è il nome attribuito dall’amministrazione mandataria francese, nel 1920, ai membri della setta musulmana sciita dei nusayriti, stanziata in Siria nella regione fra Tripoli e Latakia, con riferimento alla devozione estrema da essi professata per ‛Ali ibn Abi Talib.
Nonostante rappresentino solo il 20% della popolazione siriana, gli ‛alawiti hanno avuto un ruolo di rilievo nella storia della Siria indipendente. Presenti soprattutto nella classe militare, dalle loro fila sono uscite personalità come Zaki al-Arsuki, fondatore del partito Ba’th siriano, e Hafiz al-As‛ad, presidente dal 1971 al 2000.
In Siria, gli ‛alawiti vivono nelle montagne lungo la costa del mar Mediterraneo. Latakia e Tartus sono le città principali della regione. In passato si concentravano inoltre nelle piane attorno ad Hama e Homs. Oggi gli ‛alawiti vivono in tutte le principali città della Siria. Stime sul loro numero esatto variano tra 2 e 3 milioni, ovvero circa il 10% della popolazione siriana.
Ci sono invece meno di 200.000 alauiti in Libano (specialmente concentrati nell’ʿAkkār e a Tripoli), mentre ancor meno vivono nelle regioni di Hatay, Adana e Mersin, nella Turchia meridionale.
Gli ‛alawiti non devono essere confusi con gli aleviti della Turchia, malgrado il loro nome sia assai simile. Gli aleviti turchi discendono infatti dai Kizilbāsh, una diramazione sciita-sufi fortemente connessa al primo movimento safavide in Persia (XVI secolo) che ha poco in comune con il movimento dei Nusayri, di cui fanno parte gli alawiti.
L’origine degli ‛alawiti è oggetto di discussione. Secondo alcune fonti essi erano in origine dei Nusayri, una setta che spezzò i legami con gli sciiti duodecimani nel IX secolo. Gli ‛alawiti fanno risalire le loro origini all’undicesimo Imam, Ḥasan al-ʿAskarī (m. 873), e al suo pupillo Ibn Nuṣayr (m. 868). Nuṣayr si proclamò bāb o porta (rappresentante) dell’11º Imam. La setta sembra sia stata organizzata da un seguace di Ibn Nuṣayr noto come al-Khaṣībī, che morì ad Aleppo attorno al 969. Il nipote di al-Khaṣībī, al-Ṭabarānī, si trasferì a Latakia sulla costa siriana dove elaborò il credo nusayri e, con i suoi discepoli, convertì gran parte della popolazione locale. Oggi gli ‛alawiti pur essendo appena il 20% dell’intera popolazione siriana, costituiscono una minoranza religiosa assai potente dal punto di vista politico.
Gli ‛alawiti vennero fondati nel X secolo, durante la dinastia hamdanide di Aleppo, ma vennero scacciati quando la dinastia cadde, nel 1004. Nel 1097 i Crociati inizialmente li attaccarono, ma in seguito si allearono con loro contro gli ismailiti. Nel 1120 gli alauiti vennero sconfitti dagli ismailiti e dai Curdi, ma tre anni dopo combatterono con successo questi ultimi. Nel 1297 ismailiti e alauiti cercarono di negoziare una fusione, senza però giungere a niente.
Gli ‛alawiti vennero perseguitati attivamente durante il dominio mamelucco, dal 1260 in avanti. Apparentemente alcuni dei turchi si convertirono e divennero alauiti. Dopo che gli alauiti attaccarono il villaggio ismailita di Masyaf, nel 1832, il Pascià di Damasco inviò delle truppe contro di loro.
Dopo la caduta dell’Impero Ottomano, Siria e Libano vennero poste sotto mandato francese. I Francesi concessero autonomia agli ‛alawiti e ad altri gruppi minoritari e arruolarono gli alauiti nelle loro truppe coloniali. Durante il Mandato, molti capi tribù alauiti sposarono il concetto di una nazione alauita separata e cercarono di convertire la loro autonomia in indipendenza. Un territorio degli “Alaouites” venne creato nel 1925. Nel maggio 1930 venne creato il governo di Latakia, che durò fino al 28 febbraio 1937.
Nel 1939 una parte della Siria nord-occidentale, il sangiaccato di Alessandretta, nell’odierna Provincia di Hatay, che ospitava un gran numero di alauiti, venne ceduto alla Turchia dai Francesi, facendo infuriare la comunità alauita e i Siriani in generale. Zakī al-Arsūzī – il giovane capo alauita di Iskandarūn (Alessandretta), che guidò la resistenza all’annessione della sua provincia da parte dei turchi, divenne in seguito uno dei fondatori del partito Baʿth assieme a Michel Aflaq. Dopo la seconda guerra mondiale, quando le province alauite vennero unite con la Siria, i seguaci alauiti di Sulaymān al-Murshid cercarono di resistere all’integrazione. Egli venne catturato ed impiccato a Damasco nel 1946 dal governo siriano, il cui Paese era recentemente diventato indipendente.
La Siria divenne indipendente il 16 aprile 1946. A seguito della Guerra arabo-israeliana del 1948 per il controllo della Palestina, la Siria passò attraverso una serie di colpi di stato militari nel 1949, l’ascesa del Partito Baʿth, e l’unificazione della nazione con l’Egitto nella Repubblica Araba Unita nel 1958. La RAU durò per tre anni e si dissolse nel 1961, quando un comitato militare segreto, che includeva diversi ufficiali alauiti insoddisfatti, tra cui Ḥāfiẓ al-Asad e Ṣalāḥ Jadīd, aiutò il Partito Baʿth a prendere il potere nel 1963. Nel 1966, gli ufficiali dell’esercito di orientamento alauita si ribellarono ed espulsero il vecchio Baʿth che aveva guardato a Michel ʿAflaq e Ṣalāḥ al-Dīn al-Bītār per la sua leadership. Questi promossero Zakī al-Arsūzī come il “Socrate” del loro ricostituito Partito Baʿth.
Nel 1970, l’allora colonnello dell’Aeronautica Militare Ḥāfiẓ al-Asad prese il potere ed incitò un “movimento correzionista” nel Partito Baʿth. Nel 1971 al-Asad divenne presidente della Siria. Lo status degli alauiti venne migliorato significativamente e nel 1974 l’Imam Musa al-Sadr, capo degli sciiti duodecimani del Libano, proclamò l’accettazione degli alauiti come veri musulmani. Fino a quel momento le autorità musulmane – sia sunnite sia sciite – si erano rifiutate di riconoscerli come veri musulmani e, di fatto, la massima parte del mondo sunnita e sciita rifiuta ancor oggi di riconoscere come musulmani gli ‛alawiti. Gli Asad sono stati vigili nel promuovere la tolleranza religiosa.
La maggioranza sunnita dei siriani non apprezzò il potere ‛alawiti e i Fratelli Musulmani cercarono di assassinare al-Asad il 25 giugno 1980 prendendo a pretesto l’eliminazione dalla Costituzione dell’articolo secondo il quale l’Islam era la “religione di Stato” e che il Presidente della Repubblica doveva essere musulmano. Asad rispose inviando nel 1982 le sue truppe migliori, al comando di suo fratello Rifāʿa, contro la roccaforte sunnita di Ḥamā. L’esercito siriano, all’atto pratico, eliminò i simpatizzanti dei Fratelli Musulmani nel “massacro di Ḥamā”, durante il quale tra le 20 000 e le 30 000 persone vennero uccise. Dalla rivolta di Ḥamā, con la conseguente repressione, la Siria non ha manifestato forme violente di opposizione al regime fino all’inizio della Guerra civile siriana del 2011
Dopo la morte di Ḥāfiẓ al-Asad nel 2000, il figlio Bashār al-Asad ha mantenuto le linee guida del regime di suo padre. Anche se gli alauiti dominano all’interno dei vertici militari e dei servizi segreti, il governo civile e l’economia nazionale sono ampiamente guidate dai sunniti. Il regime di Asad è attento a permettere a tutte le sette religiose di condividere il potere e l’influenza nel governo.
Teologicamente, gli ‛alawiti odierni sostengono di essere sciiti duodecimani, ma tradizionalmente sono stati indicati come “estremisti” (ghulāt) e sono considerati al di fuori dell’Islam dalla corrente principale dei musulmani, a causa della loro quasi deificazione di ʿAlī b. Abī Ṭālib. Queste notizie hanno il grande limite di non essere del tutto sicure, dal momento che la religione alauita è una religione esoterica, rivelabile per gradi a pochi giudicati in grado di capirla nella sua intima essenza. Nel passato era avversata dal mondo sunnita e addirittura proibita e per questo gli alauiti nascosero la loro fede ricorrendo allo strumento della taqiyya. Essi affermano di essere dalla parte della verità e che il loro mostrarsi come devoti dell’islam sunnita o sciita è una specie di vestito puramente esteriore, mentre la sostanza del loro credo resta segreta.
Essi discendono dai popoli che abitavano la Siria prima della conquista islamica, alcuni studiosi oggi affermano che gli ‛alawiti nascosero la civiltà e la cultura dei greci e fenici della costa siriana prima della diffusione dell’Islam. Solo uno dei libri sacri degli ‛alawiti, il Kitāb al-Majmū’, è stato tradotto in francese e stampato. Questo avvenne a metà del XIX secolo, a Beirut per opera di un alauita convertito al Cristianesimo che venne in seguito ucciso da un ‛alawiti per la sua apostasia.
Questa corrente religiosa ha molte similitudini con l’Ismailismo. Come gli sciiti ismailiti, gli ‛alawiti credono in un sistema di incarnazione divina, così come in una lettura esoterica del Corano. Contrariamente agli ismailiti, gli ‛alawiti considerano ʿAlī come manifestazione (teofania) della divinità, simbolizzata come una sorta di triade divina. Come tale, ʿAlī è il “Significato”; Maometto, che ʿAlī creò con la sua luce, è il “Nome“; e Salmān al-Fārisī il “Cancello“. Il catechismo ‛alawita è espresso nella formula: “Mi rivolgo al Cancello; mi inchino al Nome; adoro il Significato”. Gli ‛alawiti credono di essere i veri e migliori musulmani.
La religione ‛alawita, essendo segreta e non accettando gli ‛alawiti convertiti, non consentono la pubblicazione dei loro testi sacri. La gran parte conosce ben poco dei contenuti dei suoi testi sacri o della sua teologia, che è custodita gelosamente da una ristretta cerchia di iniziati di sesso maschile. All’età di 18 o 20 anni tutti gli uomini ricevono poche ore di corso di iniziazione ma da quel momento sta a loro decidere se vogliono o meno diventare studenti di religione, associarsi ad uno Shaykh e cominciare li lungo processo di iniziazione e il corso di studi della religione.
Poiché solo un libro è stato tradotto, i non appartenenti sanno poco della teologia ‛alawita e vengono ripetute molti concetti senza possibilità di effettuare alcun controllo critico. L’ultimo libro dello storico Hanna Batatu ha una breve ma affidabile sezione sulla dottrina alauita, la teologia e i dibattiti recenti all’interno della comunità. Molti Shaykh importanti oggi rigettano gran parte della tradizione delineata nel Kitāb al-Majmūʿ. Quanto sincero sia questo rifiuto della bidʿa’ (innovazione perniciosa) non v’è alcuna possibilità di sostenerlo ma esso ha una lunga tradizione all’interno della comunità. I Francesi cercarono di spingere i principali Shaykh alauiti a dichiarare la religione alauita come una religione distinta e non-musulmana, agli inizi degli anni venti.
La religione ‛alawita sembra basarsi sullo gnosticismo e sul neoplatonismo. Secondo la fede ‛alawita, tutte le persone erano in origine delle stelle nel mondo della luce, ma caddero dal firmamento a causa della disobbedienza. Il mondo materiale è un luogo pieno di pericoli, nemici e impurità. Il male essenziale di questa esistenza presente può essere evitato con l’aiuto del divino creatore. Ogni ‛alawita ha nella sua anima una parte della luce del divino creatore, cui si può accedere e che porta alla retta via e alla salvezza. I fedeli credono che si dovranno trasformare o rinascere sette volte prima di tornare ad avere un posto tra le stelle, dove ʿAlī è il principe. Se meritevoli di biasimo, essi rinascono talvolta come cristiani o giudei, tra i quali rimarranno fino a quando l’espiazione sarà completa. Gli infedeli rinascono direttamente come animali.
A causa della natura altamente sincretistica della religione, gli studiosi hanno sostenuto che l’alawismo è correlato al Cristianesimo perché anche gli ‛alawiti hanno una trinità, bevono vino come possibile forma di comunione e riconoscono il Natale. Diverse fonti sostengono che i loro riti comprendono resti dei rituali sacrificali fenici.
Anche se gli ‛alawiti riconoscono i cinque pilastri dell’Islam, essi li considerano doveri simbolici e pochi li seguono, motivo questo perché la massima parte dei musulmani (sunniti) considerino eretici gli alauiti. Gli sforzi di Hafiz al-Asad di portare i suoi correligionari all’interno della corrente principale dell’Islam compresero la costruzione di moschee nelle principali città alauite. Dei chierici riformatori hanno incoraggiato i seguaci alauiti a pregare regolarmente e a seguire i principi base dell’Islam. Bashār al-Asad ha imitato il padre nel suo intento di “sunnitizzare” l’Alauismo e gli shaykh alauiti sono incoraggiati a negare la divinità di ‘Alī e a proclamarsi duodecimani.
L’insistenza sul conformismo ha portato a ricche ricompense politiche. Gli alauiti godono così di tutti i diritti dei musulmani in Siria e con i due Asad reggono addirittura da decenni l’incarico di Presidente della Repubblica, che deve essere ricoperto da un musulmano secondo la costituzione, senza trascurare i favoritismi loro concessi dagli ultimi due Presidenti della Repubblica. Cionondimeno, gli alauiti hanno pagato un duro prezzo per tale successo, negando la loro distintiva tradizione religiosa. In buona sostanza hanno infatti rinunciato (almeno formalmente) ai tratti distintivi della loro religione.
Gli ‛alawiti che hanno speculato sul successo di questo “baratto” sono notevolmente più ottimisti circa la percentuale di Siriani che li considerano musulmani, di quanto non sia la componente drusa della popolazione siriana. Diversi sostengono che il 50% o più dei siriani accettano gli alauiti come musulmani (sondaggi non condotti su basi scientifiche suggeriscono che pochi sunniti credono veramente che gli alauiti siano autentici musulmani, anche se i Siriani più liberali – il che spesso significa “più tiepidi” – li accettano come correligionari, similmente a quanto fanno i cristiani americani meno tradizionalisti nei confronti dei mormoni). La motivazione che gli alauiti propongono per il loro successo politico è quella di aver dimostrato più dei Drusi la loro “islamicità”. Una nativa di Latakia, una donna ‛alawita sui trent’anni con una istruzione avanzata, ha dato la seguente spiegazione:
« Siamo accettati come musulmani perché abbiamo lavorato duramente per questo. Abbiamo copiato i sunniti. Alcune alauite si coprono i capelli e indossano il hijab, sia per motivi personali o perché vogliono sposare dei sunniti. Noi non mangiamo prosciutto, noi digiuniamo durante il Ramadan. Abbiamo costruito moschee nelle nostre città principali. Alcuni alauiti vanno alla preghiera del venerdì e al Hajj. Mio nonno era uno shaykh moderno che incoraggiava tutti a pregare nella moschea di Jableh. Le fondazioni di beneficenza create e gestite da Jamil al-Asad (fratello del defunto Presidente Hafiz al-Asad) finanziano centinaia di alauiti per farli partecipare al Hajj e le donne che lavorano per l’organizzazione devono indossare il hijab. Hafiz al-Asad pregava nella moschea e digiunava. Quando sua madre e suo figlio morirono, pregò per loro nella moschea. Costruì la moschea di Na’isa a Qardaha, sua città natale, in nome di sua madre. Tutte queste cose sono la prova per i sunniti che gli alauiti cercano tenacemente di essere parte dell’Islam e di essere esattamente come loro. » |
Oggi gran parte degli ‛alawiti conosce solo i principi dell’Islam sunnita perché vengono loro insegnati nelle lezioni obbligatorie di religione durante la scuola dell’obbligo. I testi scolastici siriani non fanno menzione della parola “alauita” né fanno riferimento alla diversità di credo e di pratica religiosa islamica. L’introduzione del sistema scolastico statale nella regione alauita, durante gli ultimi 50 anni, ha trasformato l’identità religiosa degli alauiti. Anche se sanno di essere differenti dai sunniti, non sanno esattamente in che modo lo sono. La maggior parte vi parlerà delle cerimonie religiose popolari in cui si impegnano le loro famiglie, che includono le visite annuali ai sacrari dei santi (cosa biasimata dall’Islam sunnita), il sacrificio della pecora il 10 dhu l-hijja e l’indossare talismani.
Tradizionalmente gli ‛alawiti hanno cinque sotto-sette; Ghaybiyya, Haydariyya, Murshidi (da Sulayman al-Murshid), Shamsiyya (setta del Sole) e Qamariyya (setta della Luna).
Le sette hanno una suddivisione tribale. Oggi, si trovano pochi ‛alawiti che sanno cosa significhino queste sette. Anche se molti giovani ‛alawiti possono dire a quali tribù appartengono i loro genitori, non si tende per forza d’abitudine a sposarsi all’interno della tribù, e a livello sociale le tribù stesse hanno poco significato. In politica questo può non essere vero.
Evidentemente gli Asad si impegnano molto per assicurarsi che le differenti tribù siano rappresentate equamente nei posti di vertice dell’esercito, allo stesso modo in cui cercano di spartire gli incarichi governativi tra i vari gruppi etnici e religiosi della Siria.
BIBLIOGRAFIA
Meir Mikhael Bar-Asher, Arieh Kofsky, The Nusayri-Alawi Religion: An Enquiry into Its Theology and Liturgy (Jerusalem Studies in Religion and Culture),
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