Storia dell’Islàm- I primi quattro califfi

Storia dell’Islàm- I primi quattro califfi

A Medina, il giorno stesso della morte del loro profeta, i compagni fedelissimi di Maometto, primi fra cui Abu Bakr, Omar ibn al-Khattab, Abu Ubayda ibn al-Jarrah, Talha ibn Ubayd Allah e alcuni altri, tutti meccani coreisciti (cioè più o meno imparentati con la tribù dei Quraysh della Mecca), si radunano per dare una successione a Maometto. Si voleva evitare che i medinesi nominassero uno di loro al governo, e il prescelto fu Abu Bakr.

Abu Bakr (632-634)

Abu Bakr ‘Abd Allah ibn Abi Quhafa era coetaneo di Maometto, suo amico d’infanzia e primo convertito maschio e maggiorenne all’Islam (lo avevano preceduto la moglie di Maometto, Khadija, e il minorenne cuginetto Ali ibn Abi Talib). Fu eletto come “Khalīfat rasūl Allāh” (Vicario o successore del Profeta di Allah), che in italiano è ridotta a “califfo”. Questo titolo ingombrerà la Storia araba fino al 1926.
Il neo-califfo Abu Bakr dovette lottare subito contro lo scissionismo delle tribù arabe ribelli, moto che è passato alla storia come “Ridda”. La Ridda fu combattuta e vinta da due grandi generali musulmani, Khalid ibn al-Walid e ʿIkrima ibn Abī Jahl, che fra le altre vittorie, annoverano quella nella battaglia di ‘Aqraba’, contro la tribù dei Banu Hanifa, nel 633 Abū Bakr, passato ai posteri come un personaggio mite e gentile, regnò fino al 634 anno in cui morì. Alla sua successione fu chiamato Omar ibn al-Khattab.

Omar (634-644)

Omar ibn al-Khattab, secondo califfo dell’Islam, salito al potere trovò, dopo la Ridda, la Penisola arabica unita sotto il vessillo islamico. Quindi poté anzitutto, con l’ausilio del suo generale Khalid ibn al-Walid, scagliarsi contro le province di confine del deserto arabo-siriano, soggiogando i reami semi-sedentarizzati del Nord. Quindi, le armate musulmane si riversarono in Siria, Persia ed Egitto.

I due ciclopi che premevano l’Arabia a Nord, l’Impero sasanide e quello bizantino, erano in crisi dopo la ventennale guerra che era terminata solo nel 628. Bisanzio, retta dall’imperatore Eraclio, aveva recuperato Siria e Palestina sconfiggendo i Sasanidi, ma né il vincitore né tanto meno lo sconfitto erano in grado ancora di affrontare un nuovo scontro militare. Sicché le armate musulmane senza grosse difficoltà poterono in pochi anni prendere Palestina e Siria. Già nel 633 Abū Bakr aveva inviato forze ausiliare contro la Palestina, creando disordini ai Bizantini. Poi, nell’aprile 634 Khalid ibn al-Walid invase la Siria con un esercito regolare che, assoggettò la Palestina in disordine, occupò prima Palmira e poi Damasco. Eraclio reclutò un poderoso esercito, con cui poté scacciare i musulmani da Damasco, ma non poté sostenere l’urto di uno scontro frontale nel luglio 636, nella battaglia sul fiume Yarmuk. Siria e Palestina erano stabilmente sotto dominazione araba, e vennero rette da Abū ʿUbayda. Il califfo Omar visitò Damasco nel 637 Gerusalemme cade l’anno dopo. Nel frattempo, gli arabi tenevano un altro fronte aperto, ed era quello contro i Sasanidi. Nel 633 milizie arabe avevano occupato al-Ḥīra, capitale dello stato vassallo dei Persiani. Ne erano stati scacciati dall’imperatore persiano Yazdagird nel 634, con la perduta Battaglia del Ponte. Ma i musulmani non rinunciarono. Nell’estate 637 un piccolo contingente arabo sbaragliò un esercito sasanide di 20.000 uomini nella Battaglia di al-Qadisiyya. Pochi mesi dopo, la capitale Ctesifonte cadeva in mano araba, e poi ancora anche tutto l’Iraq e la Persia, dopo la battaglia di Ǧalūla. L’Impero sasanide era completamente inglobato nel Califfato arabo.

E le vittorie arabe proseguivano ancora. Ora Medina puntava all’Egitto. Qui i Copti, come i Monofisiti in Siria, erano scontenti del governo ortodosso bizantino. E quando il generale ʿAmr ibn al-ʿĀṣ occupò la cittadina egizia di frontiera di ʿArish (12 dicembre 639) per far dispetto al Califfo, molti furono quasi contenti. ʿAmr ibn al-ʿĀṣ, vista la situazione, si spinse anche fino ad occupare Pelusio, sul Delta, e poi marciò su Babilonia (che era un fortino nei pressi dell’odierno Cairo), caposaldo bizantino. Qui, con l’aiuto di un contingente arabo in ausilio alla sua cavalleria yemenita, sbaraglia i Bizantini (luglio 640) occupando la città (641). Nel frattempo, si era combattuta una battaglia ad Eliopoli (640). Quindi, preso tutto l’Egitto, restava ai bizantini solo Alessandria, che resse un anno, fino a che nel 642 il Patriarca copto non firmò una pace con gli Arabi, in seguito alla quale i bizantini si ritirarono via mare. Preso l’Egitto, l’espansionismo arabo diresse le sue mire sulla Cirenaica. Le fiorenti città costiere bizantine di Cirene, Leptis Magna, Bengasi caddero in tre anni, tra il 642 ed il 645. L’Africa settentrionale si avviava ad essere una terra musulmana.

Dal 640 il califfo Omar dovette escogitare un sistema di gestione di questo ciclopico impero che si andava creando. Anzitutto, trattò l’Impero come un grosso fondo dato in fiducia alla comunità islamica, con il califfo come amministratore. Certo, nelle province dove la resistenza anti-araba era ancora forte (nel Khorasan e in Persia), oppure dove c’era stata una guerra d’annessione (in Egitto e in Siria), il potere del Califfo era più discusso che, ad esempio, in Iraq, che si era arreso incondizionatamente agli Arabi a seguito del tracollo persiano.
Intanto, il califfato incamerò i beni demaniali e dei nemici dello Stato arabo, mentre tutti gli altri proprietari rimasero nei loro fondi. Le nuove terre demaniali arabe furono concesse a contadini della Penisola Araba con un contratto d’affitto, il qatīʿ. I coltivatori di religione musulmana pagarono, dopo alcune diatribe, una tassa molto inferiore sulle terre, la usr. La maggior parte delle tasse, insomma, erano pagate dai non arabi e dai non musulmani. Le tasse citate dai testi erano la gizya e il kharāǧ. La prima era il testatico sui non musulmani, la seconda era la tassa di proprietà dei terreni. Chi pagava la gizya era un dhimmi, cioè “membro delle religioni tollerate dalla legge”.

Questo è il periodo dove si consolidano e vengono fondate nuove città di arabi fuori d’Arabia, come Kufa e Bassora in Iraq, Fusṭāṭ (oggi Vecchia Cairo) in Egitto, Qayrawān in Tunisia (allora chiamata Ifrīqiya), e dall’insediarsi di grosse comunità arabe nel Mashreq e nel Maghreb. Le “città fondate” arabe si chiamarono amṣār, e divennero guarnigioni e centri commerciali di emigrati arabi. Una delle cause di questa colossale espansione araba fu proprio il sovrappopolamento della Penisola arabica. Molti arabi già si erano trasferiti in precedenza fuori d’Arabia, soprattutto a Bosra e Gaza, in Palestina, e in tutta la Mezzaluna Fertile tra VI e VII secolo si va diffondendo un idioma più affine al dialetto arabo semitico che a quello, sempre semitico, aramaico. Sicché, le cause dell’espansione arabe non sono religiose, ma demografiche. I religiosi ebbero solo un ruolo minoritario.

C’è da aggiungere, riguardo all’espansione araba, che spesso i cristiani, gli ebrei e le popolazioni locali in genere vedevano negli arabi invasori non dei nemici, ma dei “liberatori”. Un testo apocalittico ebraico del VII secolo, dove un Angelo parla ad un rabbino, dice così: “Non aver paura, Ben Yoahy (nome dell’interlocutore dell’Angelo); il Creatore, sia benedetto, ha solo portato il Regno di Ismaele per salvarti da questa malvagità (dove la malvagità e Bisanzio)… il Santissimo, sia benedetto, farà sorgere per loro un profeta, secondo la Sua volontà, e conquisterà per loro la terra, ed essi verranno e la faranno risorgere…” Un testo successivo, però scritto da un autore storico cristiano siriano, dice invece: “Perciò il Dio della vendetta ci liberò dai Romani per mezzo degli Arabi,… Ci guadagnammo non poco a essere salvati dalla crudeltà dei Romani e dal loro aspro odio verso di noi.” Nel frattempo, gli occupanti concessero notevoli esenzioni ai samaritani in luce del supporto da loro dato agli arabi; lo stesso accadde in vari altri luoghi.

Intanto a Medina, ormai capitale di un impero, il califfo ʿOmar viene assassinato dallo schiavo persiano Luʾluʾa, il 4 novembre 644, venendo sepolto accanto ad Abū Bakr e a Maometto, in quella che oggi è la Moschea del Profeta a Medina. È il primo caso di un califfo ucciso, ma non l’ultimo. I restanti Sahaba (Compagni di Maometto) gli fanno succedere ʿUthmān.

ʿUthmān (644-656)

Regna per 12 anni, dal 644 al 656, e suoi meriti sono l’aver rinominato e riassestato Medina, l’aver riordinato il Corano con la Sunna (che è la consuetudine avita), e l’aver ideato il calendario arabo che si basa sulla data dall’Egira (622).
Il califfato di ʿUthmān fu segnato dal nepotismo, di cui fu accusato questo califfo, dall’espansione araba verso l’Atlantico, che incontrò però la resistenza dei Berberi africani in Algeria, e dal moto di ribellione interno a Medina. ʿUthmān era inoltre, come il Governatore di Siria Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, membro della famiglia patrizia meccana degli Omayyadi. Si dice che negli ultimi anni di regno ʿUthmān si fosse rimbambito, provocando il malcontento degli ormai onnipotenti patrizi meccani. Sicché le forze ribelli, composte da elementi egiziani e kufani, e dalla terza moglie di Maometto, ʿĀʾiša, con i meccani Talha e Zubayr b. al-ʿAwwām, e il generale conquistatore d’Egitto, ʿAmr, anch’esso malcontento, assediarono Medina una prima volta, scendendo poi a patti. Ma la pace durò poco, e il 17 giugno 656 le forze ribelli entrarono in Medina uccidendo il Califfo. Era la prima volta che un Califfo era assassinato da musulmani. Al califfato salì il cugino, genero, figlio e fratello adottivo di Maometto: ʿAlī ibn Abī Ṭālib.

ʿAlī (656-661)

ʿAlī ibn Abī Ṭālib salì al Califfato dopo essere stato scartato per ben tre volte. Era uno degli ultimi compagni di Maometto, e dovette subito fronteggiare il moto indipendentista dei ribelli. Nell’ottobre 656 il Califfo uscì da Medina per non rientrarvi mai più, e si recò a Kufa, in Iraq, che divenne la nuova capitale del califfato arabo. Di lì Alì marciò su Bassora, dove si erano addensati i ribelli, affrontandoli nella battaglia del Cammello o di Bassora, poiché si svolse attorno al cammello di ʿĀʾiša. I ribelli furono sconfitti, e i loro capi chi esiliato chi ucciso. Quindi, scongiurato un pericolo, il Califfo dovette fronteggiarne un altro. Il potente governatore di Siria, Muʿāwiya, non aveva gradito l’uccisione del parente ʿUthmān. Ed era deciso a prendere il potere e a salire al califfato.

Lo scontro freddo fra Damasco e Kufa divenne caldo quando nel maggio 657 le forze di ʿAlī ibn Abī Ṭālib si scontrarono a Ṣiffīn con i siriani. Il 26 luglio gli alidi stavano per vincere ma Muʿāwiya propose un arbitrato, con due arbitri per decidere sulle ragioni del conflitto. L’arbitrato di Adhruh si risolse in un nulla di fatto, così come l’altro arbitrato di Dūmat al-Ǧandal. Dopo che Muʿāwiya prese l’Egitto, praticamente nessuno più rispettò l’autorità di ʿAlī. Questi, indebolito sempre più dall’eresia kharigita, fu assassinato proprio da uno di questi kharigiti, tale Ibn Muljam, nel 661. Il figlio al-Ḥasan cedette tutti i vestigi del potere califfale a Muʿāwiya, che divenne legittimo quinto Califfo dell’Islam. Saliva al potere la dinastia omayyade.



Categorie:G40.03- Storia dell'Islam - History of Islam

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