Storia della scoperta delle Geometrie non euclidee
Sembra che la geometria non euclidea sia stata scoperta almeno quattro volte in 20 anni.
Scoperte simultanee indipendenti non sono rare nella storia della scienza e della matematica, specialmente in periodi in cui molti studiosi si dedicano allo stesso problema e le comunicazioni fra di loro sono scarse.
Il primo ad avere una chiara visione di una geometria coerente in cui il V postulato fosse sostituito dalla sua negazione sembra esser stato Gauss attorno al 1813. In seguito, alla fine del 1818, egli ricevette una lettera di Ferdinand Schweikart che lo informava di esser giunto in modo indipendente a conclusioni sostanzialmente identiche.
Nel 1831 poi, Gauss ricevette da Farkas Bolyai una copia di un trattato sulla geometria non euclidea che suo figlio János Bolyai era in procinto di pubblicare.
Infine, tra i fondatori della geometria non euclidea va citato Nicolaj Ivanovic Lobacevskij che, in anticipo su Bolyai, aveva pubblicato nel 1830 un articolo sull’argomento.
Gauss, il geodeta
Pare che Gauss, ancora quindicenne, pensasse alla possibilità di costruire una geometria coerente partendo dalla negazione del V postulato; egli poi sembrò convinto, come del resto lo erano gli ambienti matematici di Gottinga, della ineluttabile necessità del postulato euclideo.
Solo assai lentamente, a partire dal 1813, si fece strada in lui una geometria diversa da quella euclidea.
Gauss fu il primo ad avere una chiara visione da una geometria coerente in cui il V postulato fosse sostituito dalla sua negazione.
L’idea era nata dopo circa 20 anni di sporadici tentativi di dimostrare il V postulato.
Già nel 1799, in una lettera datata 17 dicembre, Gauss scriveva a Farkas Bolyai, suo ex compagno di Università, che gli chiedeva un’opinione sui suoi lavori concernenti il V postulato:
Mi dispiace di non aver sfruttato la nostra vicinanza di un tempo per conoscere meglio i tuoi lavori sui primi fondamenti della geometria, mi sarei così risparmiato molte inutili fatiche (…) Per quanto mi riguarda, ho compiuto alcuni progressi nel mio lavoro. Comunque, la strada che ho scelto non porta affatto allo scopo che ci siamo prefissi [dimostrare il V postulato] (…) Sembra piuttosto spingermi a dubitare della verità della stessa geometria.
E’ vero che ho ottenuto molti risultati che per la maggior parte sarebbero delle dimostrazioni, ma ai miei occhi essi non dimostrano quasi niente. Per esempio, se potessi provare che è possibile (…) un triangolo la cui area è maggiore di ogni area assegnata, allora sarei in grado di dimostrare in modo rigoroso tutta la geometria. Molti accetterebbero questo come un assioma, ma non io! E’ senza dubbio possibile che l’area sia sempre minore di un certo valore, per quanto lontani fra loro si scelgano i vertici del triangolo. Posseggo molti di questi teoremi, ma in nessuno trovo qualcosa di soddisfacente. |
Nelle ore libere ho pensato anche a un altro tema, che per me è già vecchio di quasi quarant’anni, e cioè ai primi fondamenti della geometria: non so se Le ho mai parlato delle mie vedute in proposito. Anche qui ho consolidato ulteriormente molte cose, e la mia convinzione, che non possiamo fondare la geometria completamente a priori, è divenuta, se possibile, ancora più salda. Nel frattempo, non mi deciderò ancora per molto tempo a elaborare per una pubblicazione le mie molto estese ricerche sull’argomento, e ciò forse non avverrà mai durante la mia vita, perché temo gli strilli dei Beoti, qualora volessi completamente esprimere le mie vedute… |
Gauss diceva infatti di provare “una grande avversione a esser trascinato in una qualunque polemica“
[lettera a H.K. Schumacher].
I Beoti di cui parla Gauss sono quasi sicuramente i seguaci di Kant, i quali ritengono che la geometria sia una forma di conoscenza sintetica ma a priori.
Il 9 aprile 1830 scrive ancora a Bessel:
Secondo la mia più profonda convinzione, la dottrina dello spazio occupa rispetto alla nostra conoscenza a priori un posto del tutto diverso da quello della teoria pura delle grandezze; infatti manca del tutto alla nostra conoscenza della prima quella completa convinzione della sua necessità (e quindi anche della sua assoluta verità), che è propria della seconda; dobbiamo umilmente riconoscere che mentre il numero è un puro prodotto del nostro spirito, lo spazio ha una realtà anche al di fuori del nostro spirito, e le sue leggi noi non le possiamo descrivere interamente a priori. |
Osserverete la stessa cosa (l’incompetenza matematica) nei filosofi contemporanei Schelling, Hegel, Nees von Essembeck, e nei loro seguaci; non vi fanno rizzare i capelli sulla testa con le loro definizioni? Leggete nella storia della filosofia antica quelle che i grandi uomini di quell’epoca, Platone ed altri (escludo Aristotele) davano come spiegazioni. Ed anche con lo stesso Kant spesso le cose non vanno molto meglio; secondo me, la sua distinzione fra proposizioni analitiche e sintetiche è una di quelle cose che cadono nella banalità o sono false. |
Per capire come sia giunto a queste convinzioni è utile tenere presente la sua attività di geodeta e i suoi studi sulla geometria differenziale delle superfici.
Due giuristi alle prese con la geometria: Fernand Karl Schweikart e Franz Adolph Taurinus
E’ significativo notare che tentativi di stabilire un sistema geometrico non euclideo venivano allora da ambienti estranei al mondo matematico.
Il giurista Fernand Karl Schweikart (1780-1859), dopo aver pubblicato un libro di geometria euclidea nel 1807, si dedicò a ricerche sulla teoria delle parallele e raggiunse notevoli risultati. Nel 1818 egli mostrava a Gauss alcuni suoi appunti in cui sosteneva l’esistenza di “due tipi di geometria – una geometria in senso ristretto, la euclidea; ed una seconda geometria astrale (astralische Grossenlehre)” in cui i triangoli “hanno la particolarità che la somma dei loro tre angoli non è uguale a due angoli retti” ed “è tanto più piccola quanto più è grande l’area del triangolo“.
Schweikart affermava inoltre che “l’altezza di un triangolo rettangolo isoscele, pur crescendo al crescere dei lati, tuttavia non può superare un certo segmento che io chiamo costante“, e concludeva che la “geometria euclidea vale nell’ipotesi che la costante sia infinitamente grande“.
La geometria euclidea risultava dunque essere un caso limite della più generale geometria astrale.
Gauss era completamente d’accordo con queste idee e faceva sapere a Schweikart che la comunicazione avuta gli aveva procurato “un piacere straordinario” e affermava di “poter risolvere completamente tutti i problemi della geometria astrale così come è stata finora sviluppata, non appena fosse data la costante C “
A quell’epoca infatti Gauss aveva già maturato le sue idee su quella che, discutendo con l’allievo Friedrich Wachter (1792-1817), aveva chiamato geometria anti-euclidea.
In una lettera del 28 aprile 1817 Gauss scriveva all’amico Heinrich Olbers:
Mi sto convincendo sempre di più che la necessità della nostra geometria non può essere dimostrata, almeno non dalla mente umana né per la ragione umana. Forse in una altra vita perverremo ad altre concezioni sulla natura dello spazio, che ora ci sono irraggiungibili. Fino ad allora si deve annoverare la geometria non con l’aritmetica, che è puramente a priori, ma piuttosto con la meccanica.
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Taurinus era fortemente convinto della necessità del postulato euclideo e della possibilità di dimostrarlo. Nella Theorie der Parallellinien (Teoria delle parallele), pubblicata nel 1825, presentava sviluppi analoghi a quelli di Saccheri e di Lambert e determinava la costante di Schweikart, ma ribadiva il suo rifiuto per l’ipotesi dell’angolo acuto -pur riconoscendo che non ne derivavano contraddizioni- poiché “ripugna ogni intuizione“ dello spazio.
L’anno successivo Taurinus ripubblicava le sue ricerche, perfezionandole, nei Geometriae prima elementa cui allegava un’appendice sugli sviluppi deducibili dall’ipotesi dell’angolo acuto; risultati che egli congetturava essere forse possibili in qualche sorta di geometria.
Il giovane giurista otteneva tra l’altro la formula fondamentale di una nuova geometria che egli chiamava “logaritmico-sferica“, per cui la somma degli angoli di un triangolo era minore di p e al tendere dei lati del triangolo a zero la somma tendeva a p e i triangoli differivano sempre meno da quelli euclidei. Le formule della nuova trigonometria si potevano ottenere da quelle dell’usuale trigonometria sferica considerando immaginario il lato della sfera (cioè ponendo

Ovvero di considerare una superficie non come immersa in uno spazio tridimensionale e rappresentata da un’equazione del tipo z = f(x,y), ma piuttosto di “considerare le superfici non come contorni di corpi, ma come corpi di cui una dimensione è infinitamente piccola“, una sorta di velo “flessibile ma inestensibile“ e deformabile senza pieghe o stiramenti.
Gauss dedicava poi l’ultima parte del suo lavoro ad un dettagliato confronto tra gli angoli di un triangolo geodetico su una superficie e gli angoli di un triangolo piano avente i lati della stessa lunghezza.
In questa occasione egli riportava le misurazioni da lui eseguite per un triangolo avente come vertici le cime dei monti Brocken, Hohehagen e Inselberg, dove la differenza della somma degli angoli da p poteva considerarsi trascurabile.
La prima pubblicazione sulla geometria non euclidea, János Bolyai
Le Disquisitiones aprivano ai matematici un nuovo campo di ricerche, quello dello studio di una superficie a curvatura variabile, che abbracciava anche le problematiche delle geometrie non euclidee.
Qualche anno più tardi Gauss si decise a pubblicare quello che aveva scoperto sulle geometrie non euclidee.
Scriveva infatti a Schumacher il 17 maggio del 1831:
Da qualche settimana ho cominciato a metter per iscritto qualche risultato delle mie meditazioni su questo soggetto, che risalgono in parte a quarant’anni, e di cui non avevo mai nulla redatto; cosa che mi ha costretto tre o quattro volte a ricominciare tutto il lavoro nella mia testa. Non vorrei pertanto che tutto ciò perisse con me. |
In questo senso la geometria non euclidea non contiene assolutamente nulla di contraddittorio, sebbene molti dei suoi risultati debbano sulle prime essere ritenuti paradossali; tuttavia scambiare ciò per una contraddizione sarebbe unicamente un’illusione, provocata dalla vecchia abitudine a considerare la geometria euclidea come strettamente vera. |
Nel corso della stessa lettera egli ricorda alcuni fra questi risultati di apparenza paradossale: nella geometria non euclidea non esistono figure simili che non siano anche uguali, gli angoli di un triangolo equilatero non hanno misura costante ma, al crescere della lunghezza dei lati, diventano piccoli a piacere. La geometria non euclidea contiene grandezze assolute, a differenza di quella euclidea.
Egli fornisce poi la formula che esprime, nella geometria non euclidea, la misura della circonferenza di raggio R,

dove “k è una costante, della quale noi sappiamo per via d’esperienza che essa deve essere eccezionalmente grande, in confronto a tutto ciò che possiamo misurare. Nella geometria di Euclide essa diviene infinita.” E’ appunto questa costante k l’unità assoluta di misura dei segmenti di cui parla Gauss.
Ma gli appunti allora abbozzati furono presto interrotti quando nel 1832 gli giungeva tra le mani una prima pubblicazione sulla geometria non euclidea ad opera di Janos Bolyai.
Janos Bolyai (1802-1860), nonostante le esortazioni del padre a non occuparsi delle questioni relative al V postulato che erano state per lui fonte di lunghi e vani sforzi, fece della teoria delle parallele l’oggetto preferito delle sue riflessioni. Dopo alcuni inutili tentativi di dimostrazione del V postulato, estese le sue ricerche nella direzione della geometria assoluta, e nel 1823 aveva già trovato alcune formule fondamentali della geometria non euclidea (nonostante fosse inizialmente deciso a dimostrare il V postulato).
Egli scriveva in una lettera del 3 novembre al padre Farkas Bolyai:
Sono ormai risoluto a pubblicare un’opera sulla teoria delle parallele, appena avrò ordinato la materia e le circostanze me lo permetteranno. Non l’ho ancora fatto, ma la via che ho seguito ha certamente, per così dire, quasi raggiunto lo scopo; lo scopo proprio non è raggiunto, ma ho scoperto cose così belle che ne sono rimasto abbagliato, e si dovrebbe sempre rimpiangere se andassero perdute. Quando le vedrete, lo riconoscerete voi pure. Nell’attesa non vi posso dire altro che questo: ho creato dal nulla un nuovo universo. Tutto ciò che vi ho comunicato fino ad ora non è che un edificio di carta di fronte a questa torre. Sono tanto persuaso che questo mi farà onore come se ciò fosse già avvenuto.
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..se la cosa è perfettamente riuscita, è conveniente affrettarsi a renderla di pubblica ragione per due motivi: primo perché le idee passano facilmente da uno all’altro, che in seguito le può pubblicare prima; in secondo luogo, perché c’è anche qualche verità in questo fatto, che parecchie cose hanno un’epoca, nella quale esse sono trovate nello stesso tempo in più luoghi, precisamente come in primavera le violette da ogni parte vengono alla luce; e poiché ogni contesa scientifica è solo una gran guerra, alla quale non so quando seguirà la pace, si deve, quando si può, vincere, poiché qui il vantaggio spetta al primo.
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I risultati di János Bolyai comparvero come appendice al I volume di un’opera didattica di matematica del padre, uscita nel 1832 col titolo Tentamen juventutem studiosam in elementa matheseos purae, elementaris ac sublimioris, methodo intuitiva, evidentiaque huic propria, introducendi. Il titolo dell’appendice di János è: Appendix scientiam spatii absolute vera exhibens, a veritate aut falsitate axiomatis Euclidei (a propri haud unquam decidenda) indipendentem: adjecta ad casum falsitatis quadratura circoli geometrica.
La “scienza dello spazio assolutamente vera” che Bolyai annunciava era la geometria indipendente dal postulato delle parallele, di cui i primi 28 teoremi degli Elementi di Euclide erano un esempio elementare. Egli considerava poi le formule fondamentali della trigonometria sferica, che è indipendente dal postulato euclideo, e mostrava che per una sfera di raggio infinito F la geometria sferica era identica a quella piana.
Bolyai sviluppava poi la trigonometria piana nel caso non euclideo, ne applicava le formule al calcolo delle aree e affrontava infine il problema della costruzione di un quadrato equivalente ad un dato cerchio.Gauss venne a conoscenza dell’opera in questione poiché Farkas Bolyai gli inviò una copia del suo volume.
E in risposta egli gli scrisse:
Se comincio col dire che non posso lodare un tale lavoro tu certamente per un istante rimarrai meravigliato; ma non posso dire altro; lodarlo significherebbe lodare me stesso; infatti tutto il contenuto dello scritto, la via seguita da tuo figlio, i risultati ai quali egli perviene coincidono quasi interamente con le meditazioni che ho intrapreso in parte già da trenta-trentacinque anni. Perciò sono rimasto del tutto stupefatto….Anzi, era mia idea scrivere, col tempo, tutto ciò, perché almeno non perisse con me. E’ dunque per me una gradevole sorpresa vedere che questa fatica può essermi ora risparmiata, e sono estremamente contento che sia proprio il figlio del mio vecchio amico ad avermi preceduto in un modo tanto notevole.
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Vedendo nella poco generosa lettera di Gauss un maldestro tentativo di plagio egli non nascose nel seguito della sua vita la sua avversione verso il grande matematico tedesco.
Nicolaj Ivanovic Lobacevskij
Sia il giovane Bolyai sia Gauss ignoravano che già da tempo idee analoghe avevano visto la luce a Kazan in Russia per opera di Nicolaj Ivanovic Lobacevskij (1793-1856).
Professore presso l’università di quella città, Lobacevskij i fin dal 1817 aveva intrapreso una revisione critica dei principi della geometria, di cui presentava i primi risultati ai colleghi dell’Exposition succinte des principes de le géometrie, avec une démonstration rigoureuse du théorème des parallèles (1826), un testo di cui ci resta solo il titolo, ma che ai matematici di Kazan apparve troppo rivoluzionario per essere pubblicato dalla Facoltà. Lobacevskij rendeva allora noti i suoi principali risultati nel saggio Sui principi della geometria, apparso tra il 1829 e il 1830 nel “Kazanski Vestnik” (Messaggero di Kazan).
A questo primo, fecero seguito altri due articoli pubblicati ancora a Kazan, La geometria immaginaria (1835) e i Nuovi principi della geometria con una teoria completa delle parallele (1835-1838).
Nell’intento di far conoscere le sue teorie all’estero, Lobacevskij pubblicò nel 1837 una traduzione francese della Geometria immaginaria e poi le Geometrische Untersuchungen zur Theorie der Parallellinien (Ricerche geometriche sulla teoria delle parallele), un volume apparso a Berlino nel 1840, che trovò un attento lettore in Gauss il quale, in una lettera a Schumacher del 1846, scriveva:
Sono stato indotto di recente a rivedere l’opuscolo di Lobacevskij. Contiene i fondamenti di quella geometria che dovrebbe, e a rigore potrebbe, aver luogo se la geometria euclidea non fosse vera. Un certo Schweikart la chiamò geometria astrale. Lobacevskij geometria immaginaria. Lei sa che già da 54 anni [dal 1792] ho le stesse convinzioni. Materialmente non ho trovato nulla di nuovo nell’opera di Lobacevskij , ma lo sviluppo è fatto per una via diversa da quella che ho seguito io… |
Questo era il metodo seguito da Lobacevskij nella sua indagine sui “nuovi principi” della geometria, all’interno della quale egli collocava anche la teoria delle parallele. Essa non gli appariva infatti questione da affrontare in termini puramente logici, dimostrando che l’ipotesi dell’angolo acuto -per usare l’espressione di Saccheri- non era contraddittoria, ma al contrario che era coerente con più generali principi “ottenuti dalla natura” e “conseguenza necessaria dell’essenza delle cose”.
In questo senso per Lobacevskij il postulato di Euclide o le altre proposizioni ad esso equivalenti cui ricorrevano così spesso i geometri “per quanto appaiano semplici, sono ciò nondimeno arbitrarie e non possono pertanto essere ammesse”.
Nell’Introduzione ai Nuovi principi della geometria scriveva:
A tutti è noto che, fino ad oggi, nella geometria la teoria delle parallele era rimasta incompiuta. I vani sforzi [compiuti] dai tempi di Euclide, per il corso di duemila anni, mi spinsero a dubitare che nei concetti stessi [della geometria] non si racchiuda ancora quella verità che si voleva dimostrare, e che può essere controllata, in modo simile alle altre leggi fisiche, soltanto da esperienze quali, ad esempio, le osservazioni astronomiche. |
Ai fini pratici, dunque, l’ordinaria geometria euclidea si poteva senz’altro ritenere in accordo coi dati dell’esperienza.
D’altra parte scriveva che “nella nostra immaginazione lo spazio può essere ampliato senza limiti” e “la natura stessa ci indica distanze“ al cui confronto quella astronomica tra la terra e le stelle fisse appare trascurabile. Egli affermava che “nella natura noi abbiamo cognizione, propriamente, soltanto del movimento, senza il quale le sensazioni sensoriali sono impossibili“ e dunque i concetti geometrici non sono che “creazioni artificiali della nostra mente, tratte dalle proprietà del movimento; ecco perché lo spazio in sé, separatamente [preso] per noi non esiste“.
Lobacevskij non vedeva alcuna contraddizione per la nostra mente nel supporre che “talune forze della natura segnano una geometria, altre un’altra loro particolare geometria“.
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