Geometria delle bolle di sapone

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Geometria delle bolle di sapone

“Fate una bolla di sapone e osservatela: potreste passare tutta la vita a studiarla”

(Lord Kelvin)

Sebbene si sappiano molte cose della schiuma, questa rimane intrisa di misteri e proprietà ancora da spiegare: per esempio, la scorrevolezza della panna montata, una singolare combinazione di caratteristiche solide e liquide, o la cosiddetta sonoluminescenza, un effetto straordinario per cui una bolla che galleggia su un liquido trasforma suono in luce. Gli scienziati affrontano questi argomenti nei numerosi istituti di schiumologia nel mondo con teorie complesse e impressionanti apparecchiature: sonde laser, tecnologia subacquea, sofisticate analisi dei dati e nuovissime tecniche computerizzate. Le molte applicazioni della schiuma migliorano la nostra vita e possono anche salvarla. La schiuma, sotto forma di plastica espansa protegge i serbatoi di carburante delle navette spaziali della NASA e fa da isolante nell’angusto abitacolo dei piloti di Formula 1; metalli espansi servono per costruire protesi più efficaci. In medicina, minuscole bolle iniettate nel flusso sanguigno consentono di diagnosticare un tumore con ultrasuoni; schiume antincendio derivate dalla soia hanno salvato innumerevoli vite durante la seconda guerra mondiale e quelle sviluppate di recente ai Sandia Nazional Laboratories potrebbero attutire l’esplosioni di congegni collocati da terroristi.

La scienza della schiuma e delle bolle trova applicazioni in luoghi inaspettati. E’ attraverso lo studio delle bolle di sapone che alcuni biologi stanno cercando di studiare le origini della vita.

Ha creato molta discussione qualche tempo fa, tra gli esperti di matematica, il lavoro di Ruggero Gabbrielli dell’ Università inglese di Swansea, incentrato sul problema geometrico di come le bolle di sapone si ripartiscono lo spazio fra di loro, per formare una schiuma. La formalizzazione rigorosa di questa questione, apparsa su un numero di «Philosophical Magazine Letters», aveva occupato già nel secolo scorso, un gigante della ricerca come Lord Kelvin. Il quale indagò sul modo più efficiente per suddividere lo spazio in celle di uguale volume, come sono di solito le bolle di sapone, con la più piccola area a separarle. La soluzione indicata da Kelvin fu un alveare di ottaedri troncati, cioè forme geometriche con sei facce quadrate e otto facce esagonali, leggermente incurvate.

Per lungo tempo, quello di Kelvin venne ritenuto un risultato insuperabile. La potenza degli attuali software ha però fatto emergere già un contro esempio: due fisici di Dublino, in Irlanda, hanno infatti ideato un’ altra struttura complessa, composta da un poliedro a 12 facce e da un altro di 14. La loro idea geometrica ha ispirato l’ architettura del Cubo d’ acqua, l’ impianto delle gare di nuoto che ha fatto sfoggio alle  Olimpiadi di Pechino.

Ruggero Gabbrielli è invece partito da indagini medico-ingegneristiche, sulle strutture ad alveare dei materiali per la sostituzione delle ossa. E ha ideato una soluzione basata su quattro diverse forme geometriche, che riempiono tutto lo spazio a loro disposizione, minimizzando le superfici. Lo scienziato ha ideato cioè una schiuma a struttura periodica, con facce quadrate, pentagonali e esagonali. Quanto a efficacia di impacchettamento, la sua soluzione non supera quella dei fisici dublinesi. Il giovane ricercatore del Dipartimento di ingegneria meccanica di Bath si è però valso di mezzi informatici più sofisticati, che aprono la strada a ulteriori avanzamenti, ben oltre i limiti di Lord Kelvin.

La geometria delle bolle di sapone, dunque, continua a sfidare la mente degli scienziati. Strettamente collegate alle bolle di sapone ci sono infatti campi della matematica come il calcolo delle variazioni, la topologia, le teorie dei sistemi dinamici e la teoria del caos. Inoltre sono anche studiate dai meteorologi per le incredibili affinità tra queste e l’atmosfera terrestre.

Prima di tutto: perché le bolle di sapone hanno proprio quella forma sferica che osserviamo?

Questo accade perché la sfera minimizza la superficie necessaria a rivestire un determinato volume, vale a dire che di tutte le superfici che delimitano solidi di volume assegnato, la sfera ha l’area minore. Curioso notare che, anche nel caso bidimensionale, la circonferenza è la curva chiusa di lunghezza minore rispetto al perimetro di qualsiasi poligono avente l’area uguale al cerchio da essa racchiuso. Questa considerazione si può inoltre estendere ad uno spazio euclideo di qualunque dimensione. La definizione rigorosa di superficie minima:

In geometria differenziale, si definisce superficie minima (o, meno usato, superficie minimale, dall’inglese minimal surface) una superficie che ha curvatura media uguale a zero in ogni punto.

E’ importante notare come questa caratteristica geometrica della stessa sia strettamente collegata al principio fisico di minima azione o di minima energia per cui la configurazione che la bolla assume è quella che gli permette maggior stabilità con la minore energia (che, in condizioni ideali, è proporzionale all’area della sua superficie).

Se poi avete mai provato a mettere un cerchio metallico di grandi dimensioni nell’acqua saponata, vi sarete senz’altro accorti che, traslandolo in maniera ortogonale al suolo, non si forma un cilindro (come pure sembra logico che si formi) ma un altro solido, più particolare e strozzato, noto ai matematici col nome di catenoide. Il catenoide è per l’appunto un esempio di superficie minima in quanto la sua curvatura è nulla in ogni punto.

Un esempio di catenoide. Anche i wormholes  hanno una descrizione matematica simile.

Un esempio di catenoide. Anche i wormholes
hanno una descrizione matematica simile.

Un altro esempio ancora è dato dall’elicoide retto, un solido molto simile ad una scala a chicciola: se prendiamo una striscia di metallo corrispondente ai bordi dell’elicoide e la immergiamo in acqua saponata, questo è il risultato che si ottiene:

Elicoide retto: l'acqua saponata si dispone in modo da minimizzare la sua energia.

Elicoide retto: l’acqua saponata si dispone in
modo da minimizzare la sua energia.

Inoltre, partendo dalla struttura del cubo ed eliminando due coppie di lati opposti delle basi, otteniamo un telaio che produce una lamina di una forma molto speciale, che ricorda proprio quella di una sella.

Una sella ottenuta con acqua saponata e una struttura opportuna

Una sella ottenuta con acqua saponata e una struttura opportuna

Immergendo nell’acqua saponata un telaio a forma di cubo si ottiene la rappresentazione tridimensionale della superficie chiamata tesseratto (ovvero un ipercubo di dimensione 4), che vive nello spazio a quattro dimensioni.

Sezione tridimensionale di un ipercubo quadridimensonale, così come si presenta nell'esperimento con l'acqua saponata.

Sezione tridimensionale di un ipercubo quadridimensonale, così come si
presenta nell’esperimento con l’acqua saponata.

Tutte questi modelli di superfici minime furono studiate sperimentalmente dal fisico belga Joseph Antoine Ferdinand Plateau (Bruxelles, 14 ottobre 1801 – Gand, 15 settembre 1883), che preparava lamine saponate di tutti i tipi. Durante i suoi esperimenti, Plateau riusciva sempre ad ottenere una lamina saponata, qualunque fosse la forma del telaio usato. Questi esperimenti quindi dimostravano, sperimentalmente, che le superfici minime finora conosciute non erano che una piccolissima parte delle superfici minime esistenti, delle quali bisognava però trovare le espressioni matematiche.

Visto il successo degli esperimenti di Plateau, da allora il problema di trovare la superficie di area minima avente come bordo un qualunque numero di curve chiuse nello spazio prende il nome di problema di Plateau, divenendo, di fatto, un problema di matematica pura o, al limite, di fisica matematica.

I colori iridescenti della bolla di sapone sono causati dall’interazione con la luce solare dovuta in particolare alla sottigliezza del film.

Quando la luce colpisce il film, alcuni raggi sono riflessi dalla superficie esterna di questo, mentre altri penetrano all’interno e vengono riflessi solo dopo aver subito una deviazione. La riflessione che si osserva è generata dall’insieme di queste riflessioni e dalla loro interferenza. Ogni attraversamento del film da parte di un’onda di luce le fa subire uno spostamento di fase proporzionale allo spessore del film e alla frequenza del raggio di luce, e dipendente dall’angolo di osservazione. L’interferenza può essere costruttiva per alcune lunghezze d’onda e distruttiva per altre, dipendentemente dallo spessore del film. Un viraggio del colore visibile sulla superficie può essere osservato quando il film della bolla si assottiglia a causa di fenomeni locali come l’evaporazione.
Ciò significa che una bolla di sapone che flotta nell’atmosfera, poiché l’acqua presente lungo la sua superficie evapora col tempo, riflette e assorbe lunghezze d’onda diverse in diversi momenti. I film più sottili assorbono la luce rossa (maggiore lunghezza d’onda) e riflettono blu-verde (bassa lunghezza d’onda). Film ancora più piccoli assorbono il giallo e riflettono il blu e altri ancora più piccoli assorbono il verde e riflettono magenta e assorbono il blu riflettendo giallo oro. Alla fine quando il film diventa talmente sottile da essere paragonabile alla lunghezza d’onda del raggio incidente non vi è alcune riflessione sicché la bolla non presenta colorazione. A questo stadio la superficie della bolla è spessa circa 25 nm ed è sul punto di scoppiare. In realtà lo spessore del film varia continuamente perché la gravità sposta il liquido verso il basso. Ecco perché bande di colore sono spesso osservabili sulla parte bassa della bolla.
Siccome l’interferenza dipende dall’angolo di osservazione, anche se la superficie della bolla presenta uno spessore uniforme, si possono osservare variazioni di colore dovute al raggio di curvatura o ad eventuali movimenti.
Poiché queste bande di colore sono soggette a diversi fenomeni, il loro alternarsi e mutare forma e dimensione può essere visto come un fenomeno caotico, regolato da numerosi parametri e soggetto alle leggi stocastiche (probabilistiche) della teoria dei sistemi dinamici. Questo tipo di teorie si preoccupa, infatti, di stabilire l’evoluzione probabile di sistemi soggetti a numerosi vincoli, di vario tipo, anche chiamati perturbazioni, per cui si usa anche parlare di approcci perturbativi. Un esempio è il ”problema dei tre corpi”, in cui si vuole sapere il moto di tre corpi di massa simile e soggetti alla sola forza gravitazionale. Il problema non è mai stato risolto rigorosamente, ma ci si è sempre accontentati di soluzioni approssimate o modelli esemplificativi (ad esempio considerando due corpi con masse decisamente maggiori del terzo).
In maniera simile alle bande iridescenti di cui sopra si evolvono le correnti isobare, gli anticicloni e, più in generale, il clima terrestre. Per cui i meteorologi si servono di complessi modelli matematici molto simili a quelli usati per descrivere l’evolversi nel tempo dell chiazze colorate sulla superficie di una bolla di sapone.
APPENDICE: STORIA DELLA RICERCA

E’ una storia iniziata molti secoli fa, e che continua a generare risultati entusiasmanti. Proviamo a ripercorrerne le tappe principali. Isaac Newton (1642-1727), nell’Ottica, la cui prima edizione è del 1704, è stato il primo a descrivere in dettaglio il colore che si osserva sulla superficie delle lamine saponate. Antoine Ferdinand Plateau (1801-1883) nel 1873 pubblica il risultato di quindici anni di ricerche: Statistique expérimentale et théorique des liquides soumis aux seules forces moléculaires. In quel libro si pongono molti problemi che riguardano le lamine e le bolle di sapone. Elaborò la moderna teoria delle superfici minime, quelle superfici che minimizzano l’area della superficie rispetto a qualche proprietà; nel caso della bolla di sapone, rispetto al volume d’aria contenuto.

Antoine Ferdinand Plateau fu il più autorevole degli schiumologi. Le sue leggi di geometria della schiuma sono tuttora valide. Egli rimase cieco gran parte della propria vita perché durante certe ricerche di ottica, guardò direttamente il Sole. Continuò comunque a studiare la schiuma e le lamine di sapone con l’aiuto di colleghi e amici. Mise a punto una soluzione di sapone, acqua e glicerina con cui otteneva pellicole che duravano anche 18 ore e potevano essere studiate a lungo. Derivò un insieme di leggi che descrivono le schiume attraverso esperienze e osservazione.

Una delle cose più stupefacenti che osservò Plateau è che se si soffia con una cannuccia in una soluzione d’acqua saponata gli angoli che le lamine formano sono solo di due tipi: o di 120° o di 109° e 28′. Un risultato che sarà dimostrato solo nel 1976 dalla matematica americana Jean Taylor.Nel 1902 uscì Soap Bubbles and the Forces Which Moulds Them del fisico inglese Charles V. Boys che racconta tre lezioni tenute nel 1889 davanti a un pubblico di giovani ascoltatori alla London Institution.

Il motivo centrale del libro è lo sforzo continuo di svelare i più profondi problemi connessi con la natura fisica delle bolle di sapone attraverso semplici esperimenti spiegati nei minimi dettagli.Problemi di massimo e di minimoIl più antico problema di massimo esplicitamente formulato che si conosca è contenuto, secondo Cantor, nella proposizione 27 del libro VI degli Elementi di Euclide che in forma geometrica modificata si può così riassumere:

“Dato un triangolo ABC, se da un punto D del lato BC si tracciano le parallele ED ad AC, FD ad AB, l’area del parallelogramma AEDF è massima quando D è il punto medio di BC”.
Triangolo ABC
Ne consegue che se AB = AC e l’angolo BAC è retto, allora tra tutti i rettangoli di perimetro dato, il quadrato è quello di area massima; proprietà implicita espressa nella prop 5 del libro II degli Elementi.
Triangolo rettangolo

Apollonio (262 a.C- 190 a.C) si occupò, ritenendoli di importante interesse, dei massimi e minimi che si possono condurre da un punto ai punti di una conica.

I greci conoscevano già i più celebri problemi di isoperimetria ad esempio:

  • fra tutti i poligoni convessi di n lati e di dato perimetro quello regolare racchiude l’area massima;
  • fra tutte le superfici piane, il cui contorno ha una data lunghezza, il cerchio ha l’area massima;
  • fra tutti i solidi di data superficie la sfera ha il massimo volume

Erone di Alessandria ( I secolo a.C. ) riconobbe che la riflessione di un raggio luminoso in uno specchio piano può essere descritta da un principio di minimo. Il problema infatti chiede di individuare il percorso più breve che permette di passare da un punto A ad un punto B, toccando una retta r, supposti i punti A e B dalla stessa parte di r.

Zenodoro (200 a.C- 100 d.C) ha raccolto una quantità notevole di teoremi sugli isoperimetri in geometria piana. I suoi risultati sono stati riportati da Pappo che li ha integrati con altri problemi quale ad esempio “fra tutti i segmenti circolari limitati da un arco di data lunghezza il semicerchio ha l’area massima”.

L’analogo, nello spazio, si trova già in Archimede.

Diversi sono stati i matematici che continuarono anche nei secoli successivi ad occuparsi di problemi degli isoperimetri:

C. Cramer (1752) ha dimostrato che fra tutti i poligoni piani convessi aventi come lati n segmenti dati, ha area massima quello inscrivibile in un cerchio.

S. Lhuilier, ( 1750-1840) ha raccolto, riordinato e ampliato tutto ciò che si conosceva fino a quel tempo sui problemi degli isoperimetri sia nel piano che nello spazio.

Fermat (1601-1665) dimostrò che la legge della rifrazione della luce può anche essere enunciata nei termini di un principio di minimo.
“In un mezzo non omogeneo, un raggio luminoso che passa da un punto a un altro segue un cammino per cui il tempo impiegato è minimo rispetto a tutti i cammini che congiungono i due punti”.
Il cammino di minimo tempo è quello per cui gli angoli di incidenza i e di riflessione r sono uguali.
Cammini di minimo tempo

J. Steiner (1796- 1863) ha trattato un notevole numero di questioni di massimo e minimo, utilizzando modi diversi per stabilire le proprietà isoperimetriche del cerchio e della sfera e da queste dedusse numerose applicazioni. Una delle più famose è la seguente: “Tre villaggi A,B,C, devono essere congiunti da un sistema di strade di minima lunghezza totale”.

Tre villaggi

R. Sturm (1803-1885) ha continuato l’opera di raccolta e perfezionamento di Steiner riordinando le questioni di massimo e minimo in un unico libro Maxima und Minima in der elementaren Geometrie – Berlin 1910.

Fino ad allora, i problemi venivano affrontati per via sintetica, mettendo in evidenza solo le condizioni necessarie cui la figura doveva soddisfare.

La trattazione rigorosa di tutta la teoria degli isoperimetri e delle questioni di massimo e minimo fu realizzata grazie ai metodi dell’Analisi. Fu così possibile ricondurre le ricerche di massimi e minimi delle funzioni di una o più variabili ad un’applicazione sistematica del calcolo delle derivate e fu possibile inoltre risolvere problemi dell’isoperimetria solida.

Nella sua tesi di laurea del 1851 Riemann fu criticato e ignorato dai matematici del tempo, in particolare da Weierstrass, su una questione di esistenza di un minimo.

Ad esempio, se si considera il problema “dati due punti A e B ad un distanza d su una retta r, determinare la poligonale di minima lunghezza che parta da A in direzione perpendicolare a r e termini in B”.

Poligonale minima

Ancora, nel caso della classe dei numeri 1; 1/2 ; 1/3… l’estremo inferiore è 0, ma non appartiene alla classe, pertanto tale classe non ammette minimo.

Furono necessari molti anni di ricerche perché Hilbert (1862_1943) riuscisse a dare una dimostrazione completa e rigorosa della questione irrisolta.

Hermann Schwarz (1843-1921) contribuì alla teoria delle funzioni e all’analisi, ma si dedicò anche a questioni elementari quali: “dato un triangolo acutangolo, inscrivere in esso un altro triangolo di perimetro minimo”. Egli dimostrò che esiste un solo triangolo e che è quello i cui vertici sono sono i piedi delle altezze.
Triangolo di perimetro minimoNel 1884 Schwarz dimostra la proprietà isoperimetrica della sfera (fra tutti i solidi con la stessa superficie, la sfera sia quello che contiene il maggior volume) nello spazio in cui siamo abituati, quello euclideo a tre dimensioni. Nel 1958 l’italiano Ennio De Giorgi, partendo dalla teoria di un altro matematico Renato Caccioppoli, uno dei padri della scienza delle bolle, fece di più: dimostrò che la proprietà isoperimetrica della sfera è valida in uno spazio a più di tre dimensioni.

Molti matematici ancora oggi stanno portando avanti ricerche in questo campo per dimostrare proprietà di minimo nella configurazione che formano due o più bolle di sapone se si toccano.

Configurazioni minime



Categorie:K05.5- Geometria differenziale - Differential Geometry, K20- [PHYTAGOREION- ARTE, MATEMATICA, FILOSOFIA]

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