Talete, il primo dei matematici e il primo dei filosofi

Talete

Un ruolo particolarmente importante nella trasformazione della cultura matematica è sicuramente quello svolto da Talete. Probabilmente, perché tutto ciò che riguarda scoperte e realizzazioni scientifiche attribuitegli non ci viene tramandato da documenti storici bensì da una tradizione non troppo sicura; neppure sulla sua data di nascita, presumibilmente da collocarsi intorno al 625 a.C., ci sono certezze. Di madre fenicia, Talete nacque nella città ionica di Mileto. Esperto commerciante, intelligente e saggio uomo politico, ebbe certamente la possibilità di frequenti contatti con gli egizi, delle cui conoscenze fece presto tesoro. In un viaggio in Mesopotamia apprese dagli astronomi di Babilonia dei loro studi sulle eclissi. Attento osservatore, intuì che le nozioni acquisite dagli astronomi babilonesi avevano una notevole validità scientifica. Si narra inoltre di una sua clamorosa previsione, nel 585 a.C., dell’eclisse solare che avvenne in quell’anno a Mileto, dove viveva; ma la fondatezza storica di tale episodio è piuttosto discutibile. In ogni caso le conoscenze astronomiche apprese a Babilonia contribuirono moltissimo a infondere nei greci l’interesse per un’attenta osservazione dei fenomeni naturali.

Nonostante di Talete non sia rimasto alcuno scritto, è tradizione ritenere che le sue ricerche più importanti riguardassero la geometria. È certo che lo scienziato di Mileto abbia appreso molti dei segreti matematici degli egizi: la leggenda lo descrive mentre ai piedi delle grandi piramidi sbalordisce i sapienti sacerdoti per il modo con il quale determina l’altezza della piramide di Cheope. Fissando verticalmente un bastone nella sabbia, Talete aspettò che la sua ombra assumesse la stessa lunghezza del bastone; quindi misurò l’ombra proiettata dalla piramide e, aggiungendo a questa metà della lunghezza del lato di base, ne ottenne l’altezza.

Per renderci conto del procedimento di Talete è necessario considerare il triangolo avente per lati il bastone e la sua ombra: esso è rettangolo e avendo due lati uguali ha uguali anche due angoli. Il triangolo in esame è metà di un quadrato , per cui ciascuno dei due angoli uguali, pari a metà di un angolo retto, ha ampiezza 45°. In altri termini, tale triangolo è isoscele quando i raggi solari hanno un’inclinazione di 45°. Allora, dato che i raggi sono paralleli fra loro, anche il triangolo ideale individuato dall’altezza della piramide e dalla sua ombra è isoscele.

Pare comunque che Talete abbia saputo generalizzare il problema, determinando l’altezza della piramide indipendentemente dall’inclinazione dei raggi solari. Considerando infatti triangoli rettangoli con le ipotenuse aventi uguale inclinazione rispetto alle basi, il numero che esprime quante volte l’altezza è contenuta nella base è lo stesso per tutti i triangoli. Se, per esempio , il lato AB è la metà di BC nel triangolo ABC, anche il lato VO è la metà di OM nel triangolo VOM. In termini moderni diciamo che i due triangoli sono simili e che i lati sono “proporzionali”.

Tornando alla piramide risulta allora chiaro il procedimento generale seguito da Talete: se, per esempio, l’altezza AB del bastoncino è metà della sua ombra BC, per avere l’altezza VO della piramide basterà misurare OM (che è metà del lato della piramide più l’ombra da questa proiettata) e prenderne la metà. L’importanza delle osservazioni di Talete non sta tanto nel procedimento seguito per risolvere un problema, quanto nel modo assolutamente nuovo di considerare la figura geometrica.

Si è all’inizio di una evoluzione fondamentale per la geometria: il passaggio dalla materializzazione delle figure, tipica dei geometri egizi, alla loro idealizzazione. Cioè il segmento, il quadrato, il triangolo non sono più visti come oggetti materiali che rappresentano la distanza tra due paletti o la lunghezza di un argine o la superficie di un campo coltivabile, ma sono considerati enti astratti delle cui proprietà si occupa la geometria razionale. Il fatto, per esempio, che il triangolo individuato dal bastone nella sabbia e dalla relativa ombra abbia due lati uguali quando l’inclinazione del terzo lato è 45°, non è una proprietà di quel particolare triangolo ma, al contrario, vale per qualunque altro abbia un angolo retto e uno di 45°. Poiché è impossibile verificare materialmente questa proprietà, essendo infiniti i triangoli che si trovano in quella situazione, è indispensabile trovare un certo tipo di ragionamento, la “dimostrazione”, che consenta di generalizzare la proprietà stessa partendo da uno qualunque di questi triangoli.

Talete viene anche ricordato per avere risolto il problema di determinare la distanza di una nave dalla costa stando sulla sommità di una torre o di una rupe.

Immaginiamo che si possa sistemare un’asta orizzontale AB, parallela al livello del mare, sporgente dalla torre in modo che un osservatore posto in C veda sulla stessa retta il punto A, estremo dell’asta, e il punto N dove si trova la nave. Misurando BC e AB e conoscendo l’altezza CO della torre, si è in grado di determinare la distanza ON tra la nave e il piede della torre. Infatti il triangolo CAB è simile al triangolo CNO, per cui CB è contenuto in AB quanto CO in ON. Se per esempio CB è 1/10 di AB, la distanza ON della nave sarà 10 volte l’altezza CO della torre. È lo stesso principio applicato per determinare l’altezza della piramide.

I problemi prima descritti e risolti da Talete costituiscono un esempio di quelle trasformazioni geometriche dette similitudini, la cui introduzione tradizionale inizia con un famoso teorema attribuito a Talete. Ma è accertato che il teorema è stato dimostrato almeno un secolo dopo la sua morte.

Tre rette tra loro parallele determinano sulle rette trasversali m, n, p una corrispondenza di punti tale che “il rapporto tra due segmenti sulla retta m è uguale al rapporto tra i segmenti corrispondenti sulle rette n e p”. Se, per esempio, A1B1 è metà di B1C1, anche A2B2 è metà di B2C2 e A3B3 metà di B3C3. Passando cioè dalla retta m alla n e alla p, le immagini dei segmenti A1B1 , B1C1 ecc. variano di lunghezza, ma il rapporto fra loro rimane costante.

Fra le altre scoperte geometriche attribuite a Talete vi è l’importante relazione tra i lati e gli angoli del triangolo isoscele: “un triangolo che ha due lati di uguale lunghezza, ha gli angoli a essi opposti di uguale ampiezza e viceversa” ; per cui nel triangolo equilatero, cioè con tre lati di uguale lunghezza, gli angoli hanno tutti la stessa ampiezza . Altra scoperta attribuita a Talete riguarda “l’uguaglianza delle ampiezze degli angoli opposti al vertice determinati da due rette che si intersecano” , nonché la proprietà riguardante la somma degli angoli di un triangolo: la somma degli angoli interni è, per qualsiasi triangolo, un angolo piatto. Proprietà che può essere verificata in modo pratico ritagliando i tre angoli di un triangolo e disponendoli uno di seguito all’altro.

Sempre a Talete è attribuita la scoperta di un’altra importante proprietà geometrica: “qualsiasi triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo”.

Con questo teorema risulta superato il procedimento degli egizi per la costruzione dell’angolo retto (creando con una fune un triangolo di lati 3,4,5): per ottenere un angolo di 90° basta disegnare una circonferenza e fissare gli estremi A e B di un suo diametro e un punto qualsiasi appartenente alla circonferenza; in quest’ultimo si determina l’angolo retto facendo passare una fune tesa per i tre punti fissati.

La storia di Talete e delle sue scoperte, giunta fino a noi con testimonianze postume, spesso contraddittorie e soprattutto, come già detto, del tutto prive di qualsivoglia tipo di documentazione storica, non è da considerarsi particolarmente importante per le scoperte in se stesse, quanto per il fatto che a lui si deve, presumibilmente, l’inizio della geometria greca come analisi delle figure private di ogni riferimento materiale. Talete fu certamente un uomo pratico che affrontò e risolse problemi in modo innovativo; tra la geometria esclusivamente pratica degli egizi e la geometria della figura “immateriale” dei greci, Talete rappresenta un anello di congiunzione. Si può affermare con ragionevole sicurezza che abbia contribuito alla organizzazione razionale della matematica mentre va considerata con molta più cautela l’ipotesi che di lui si possa parlare come del primo vero matematico in quanto fondatore dell’impostazione deduttiva della geometria. In ogni caso l’enorme importanza dei progressi realizzati da Talete in campo matematico era fuori discussione tra i greci; non a caso Platone, uno dei più grandi filosofi e pensatori dell’antichità, gli riserva un posto fra i “saggi” della Grecia.

Platone afferma che Talete era abilissimo nell’escogitare espedienti tecnici, mentre lo storico Erodoto ci racconta che Talete progettò e realizzò un canale per deviare un fiume dal suo corso e farlo rientrare più avanti nel suo alveo.

Talete oltre che matematico fu anche filosofo:Aristotele sostiene, in veste di storico della filosofia, nel primo libro della Metafisica, che Talete è l’iniziatore della  filosofia che ricerca le cause (aitiai) e il principio (archè) da cui scaturisce l’intera realtà nelle sue manifestazioni. Tale principio  secondo Talete è costituito dall’ acqua:  osservando che il cibo degli esseri viventi è in buona parte costituito da acqua, così come i semi degli esseri viventi sono umidi egli mette in risalto l’assoluta centralità dell’acqua nella vita.

Dimostrazioni

A Talete di Mileto (625-547 a.C. circa) si attribuiscono vari teoremi di geometria elementare e i primi tentativi di fornire dimostrazioni razionali. Dice Proclo:

Talete fu il primo che, andato in Egitto, ne riportò questa dottrina e la introdusse nell’Ellade, e molte scoperte fece egli stesso e di molte dette lo spunto ai suoi successori affrontando alcuni problemi in modo più generale, altri in modo più pratico.

Sui teoremi attribuiti a Talete gli storici non sono unanimi, non esistono frammenti attribuibili a lui, le fonti che parlano dei suoi contributi alla matematica sono poche e incerte. Il celebre Teorema di Talete relativo ai rapporti che un fascio di rette parallele individua su una trasversale pare non fosse noto ai tempi di Talete e neppure la teoria della similitudine che Euclide fa discendere da quel teorema. Ma di questo ne parleremo più diffusamente nel successivo paragrafo.

Discutiamo ora l’insieme dei teoremi che si ritiene fossero noti ai tempi di Talete riferendoci soprattutto ai Commenti di Proclo che pare disponesse di una ampia storia della matematica, oggi perduta, scritta da Eudemo allievo di Aristotele. Si tratta di una decina di risultati fondamentali nella geometria piana che formano in un qualche modo un corpo unico di una certa coerenza e compiutezza. Di ogni teorema riportiamo le testimonianze, i relativi frammenti e qualche commento di natura didattica.

Un diametro divide un cerchio in due parti uguali.

Che invero il cerchio sia diviso in due parti uguali dal diametro l’ha dimostrato per primo – dicono – il famoso Talete.
(Proclo, Commento …157,10)

Notiamo che questo teorema implica che gli angoli curvilinei formati da un diametro e dalla circonferenza sono tutti uguali a mezzo angolo piatto, cioè a un angolo retto.


l’angolo curvilineo A è uguale all’angolo curvilino B

Non abbiamo nessun riferimento per capire in cosa potesse consistere la dimostrazione di questo “teorema”. Siamo più propensi a credere che il contributo di Telete possa essere stato quello di avere chiaramente formulato questo enunciato considerandolo, per altro, del tutto ovvio.

In un triangolo isocele gli angoli alla base sono uguali.

A Talete l’antico, orbene si deve gratitudine sia per molte altre scoperte, sia per il seguente teorema. Si dice appunto, infatti, che per primo lui abbia riconosciuto ed enunciato – come qualcosa di nuovo – che in ogni triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali, e abbia chiamato peraltro “simili” – in modo piuttosto arcaico – gli angoli uguali
(Proclo, Commento… 250,20).

Aristotele (Analitici Primi, I,24, 41b 13-22) riporta una dimostrazione di questa proposizione che lui chiama mediante figure e che utilizza l’osservazione precedente: la “dimostrazione” si basa sul fatto che una qualunque corda da luogo ad angoli curvilinei uguali


l’angolo curvilineo G è uguale all’angolo curvilineo D

se ora gli angoli alla base del triangolo isoscele sono rivolti verso il centro abbiamo


A + G = B + D perché angoli relativi a due diametri
G = D perché angoli relativi a una corda

e quindi sottraendo dagli angoli interi, che sono uguali, angoli uguali, sono uguali i rimanenti A e B

Osserviamo come in questa dimostrazione alcuni fatti (quelli relativi agli angoli formati dalle corde di un cerchio) non si dimostrano con un ragionamento, ma si assumono come veri sulla base di una presunta evidenza visiva, mentre viene dedotta, con un ragionamento che fa uso delle nozioni comuni, che Euclide precisa all’inizio degli Elementi, una proprietà che a priori non pare della stessa evidenza. Noi chiamiamo questo tipo di dimostrazione, attribuita da Nicomaco al pitagorico Filolao, “dimostrazione per natura”.

Gli angoli opposti al vertice sono uguali.

Questo teorema orbene dimostra che sono uguali gli angoli al vertice formati da due rette che si intersecano: è stato trovato da Talete per primo secondo quanto afferma Eudemo
(Proclo, Commento … 259,1. Eudemo di Rodi, frammento 135).

Anche in questo caso abbiamo una dimostrazione “per natura” ampiamente discussa da M. Wertheimer 1.
Guardando la figura vediamo che:


A + G = B + G sono entrambi angoli piatti

e dunque si conclude come prima che A = B.

L’idea di parallelismo è molto antica, legata all’osservazione quotidiana dei raggi di luce o delle goccie di pioggia, e probabilmente alcune proprietà relative alle rette parallele erano considerate del tutto ovvie. Se, ad esempio, prendiamo un segmento AB e partiamo da A con un certo angolo a rispetto ad AB e da B con un certo angolo b allora,

se a+b è minore di due angoli retti, le due rette si incontrano e si forma in modo unico un triangolo, cosa che invece non accade se a+b è uguale a due angoli retti. Da questo fatto deriva in modo evidente, poichè il triangolo si forma in modo unico, il così detto secondo criterio di uguaglianza per i triangoli, rigorosamente dimostrato negli Elementi di Euclide (Libro I, Teorema XXIV) che Proclo sostiene fosse sicuramente noto a Talete.

Due triangoli che hanno uguali due angoli e il lato compreso sono uguali

La stessa formulazione di Euclide del postulato delle parallele risente di quest’ordine d’idee:

Se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa parte minori di due retti, le due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti.

Nella figura abbiamo disegnato verticalmente la retta che “cade”. Se a + b

è minore di due angoli retti, si forma un triangolo, cioè le rette si incontrano, dunque se le rette non si incontrano (né da una parte né dall’altra) cioè se sono parallele, a + b deve necessariamente dare due angoli retti. Euclide pone questo fatto, probabilmente considerato ovvio e intuitivamente chiaro dai matematici precedenti, a fondamento della sua geometria, dichiarandone la validità non come fatto assoluto relativo allo spazio fisico, ma come assunto liberamente scelto e, una volta accettato, da accettare insieme a tutte le conseguenze che da quello logicamente ne conseguono. In questo possiamo individuare una delle differenze fondamentali tra un tipo di geometria prescientifica e il modello assiomatico-deduttivo proprio del sistema euclideo e del metodo scientifico moderno.

Tra le conseguenze di questa proprietà delle parallele ve ne sono alcune ottenibili “per natura” probabilmente note ai tempi di Talete, sulle quali tuttavia non abbiamo nessuna testimonianza. Ad esempio:

Se due rette sono parallele gli angoli “alterni” sono uguali


a + b = g + b

infatti, se le due rette sono parallele a + b è uguale a due angoli piatti e, ancora, levando cose uguali a cose uguali, abbiamo cose uguali, cioè a = g .

Il fatto che, nel caso di due rette parallele tagliate da una trasversale, si formino quaterne di angoli uguali, doveva essere ben chiaro anche come fatto lampante, da esercitare nei giovani al punto da diventare un automatismo visivo.


Questa ipotesi è confermata da un passo di Aristotele molto importante (Metafisica Q 9, 1051, 24-33) che altrimenti risulta di difficile interpretazione. In questo passo Aristotele cerca di descrivere una particolare attività del pensiero in grado di produrre dimostrazioni “per natura”. Riportiamo il passo includendo delle figure che ne esaltano il significato:

Anche le figure collegate alle dimostrazioni geometriche vengono scoperte per mezzo di una attività: le scoprono infatti operando divisioni [nelle figure assegnate]. Perché un triangolo è due retti? Perché gli angoli intorno a un punto sono due retti.


A + B + G = due angoli retti?

Se poi fosse stata condotta la retta parallela ad un lato, il perché sarebbe stato chiaro a chi guardava [la figura].

Possiamo dunque considerare noto come conseguenza delle proprietà delle parallele che

La somma degli angoli in un triangolo è un angolo piatto.

Il passo di Aristotele prosegue nel modo segunete:

Perché in generale un angolo in un semicerchio è retto?


A è retto?

Se sono uguali tre segmenti, sia le due basi che la retta apposta dal mezzo, è chiaro anche solo a guardare [la figura] per chi conosce questo.


A = B+G e 2G + 2B = due retti.

Così che è chiaro che ciò che è in potenza viene scoperto riportandolo ad una attività: causa ne è che il pensiero è attività…

Osserviamo come questi fatti geometrici anche molto elementari si presentano inizialmente di difficile soluzione mentre un semplice atto creativo del pensiero, come l’aggiunta di una parallela, o di un raggio, rende la dimostrazione del teorema del tutto palese ed evidente. Avviene un salto, un “ricentramento cognitivo” attraverso il quale conoscenze pregresse trovano nella nuova situazione che si evidenzia, una collocazione coerente.

L’attribuzione a Talete del teorema di cui parla Aristotele è confermata da Diogene Laerzio.

Un triangolo inscritto in un cerchio, che abbia come lato un diametro, è rettangolo.

Panfilo [vissuto in età neroniana] dice che Talete, che imparò la geometria dagli Egizi, per primo descrisse un cerchio attorno a un triangolo rettangolo e che (per questa scoperta) sacrificò un toro. Altri però come Apollodoro il calcolatore, dicono che fu Pitagora. (Diogene Laerzio, Vite, I, 24-25).

Un altro risultato, simile ai precedenti, che fa uso della “gestalt” degli angoli che una trasversale forma con rette parallele è la seguente proprietà dei parallelogrammi.

I lati opposti in un parallelogramma sono uguali.

Fatto questo che diventa chiarissimo appena si tracci la diagonale

dal momento che questa divide la figura in due triangoli con un lato uguale (la diagonale in comune) e gli angoli uguali per via delle coppie di rette parallele.

Queste “dimostrazioni” possono essere utili per esercitare un primo approccio alla dimostrazione geometrica e mettono in luce l’aspetto dinamico e produttivo della dimostrazione. La dimostrazione richiede di intervenire con un atto del pensiero creativo sulla figura trasformandola in modo da renderne gestalticamente palesi alcune configurazioni che all’inizio erano nascoste. Il tipo di intervento da fare non è né ovvio né naturale. Le configurazioni che appaiono danno senso alla costruzione perché appaiono contemporaneamente, l’una in relazione all’altra e non una dopo l’altra. Tracciando la diagonale emergono due triangoli uguali simultaneamente ed è in questo loro “sorreggersi a vicenda” che la dimostrazione prende forma.



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