Test di ingresso all’università: lotteria o meritocrazia?
“Divieto d’accesso al futuro”. Questo lo slogan del flash mob che l’Udu, il sindacato studentesco ha effettuato in occasione dei test di Medicina, prima dell’ingresso in aula dei candidati, davanti all’Universitàdi Roma La Sapienza con una schiera di ragazzi con una maschera raffigurante un cartello con appunto il “divieto d’accesso”. Oggi toccava infatti a 85 mila aspiranti medici e odontoiatri cimentarsi con le prove d’ammissione all’Università e, conti alla mano, solo 1 su 8 riuscirà ad entrare.
Si decide se uno può fare il medico o l’ingegnere con uno schema a priori, dettato dalla logica del test. Chi non lo supera entra nel girone infernale degli Esclusi, anime vaganti da un’università all’altra, con un rimpianto che si porteranno dentro per sempre. Al Liceo non si fa altro che spingere queste masse nelle fauci del mostro. Ormai si fanno solo test. E i test sono predisposti per materie tecniche
Un’idea più democratica sarebbe quella di ammettere tutti, ma espellere quelli che al secondo anno non hanno fatto tutti gli esami del primo. Fateli provare. Il test prevede una logica autoritaria, dello stesso genere di quella che privilegia i primi della classe. Si promuove un nozionismo fine a se stesso, basato su domande che spesso sfiorano il ridicolo. Basta vedere quelle presentate in questa sessione.
C’è una logica in questa follia. Una volta un docente universitario mi ha spiegato perché si introdussero i test. Il ragionamento era questo: siccome le università erano superaffollate bisognava potare. Da dove cominciamo? Da quei soggetti pià adatti a stare dietro i fornelli o a lavare i piatti che a studiare la topologia algebrica. Chi sono? I più deboli, quelli che in un altro sistema all’università non sarebbero mai andati. Buttiamoli con educata prova selettiva, con i test. Tanto, vincono sempre quelli che si possono permettere un corso di preparazione da 2 mila euro: vuol dire che hanno già accettato la logica dei vincenti e dei perdenti.
A.DeL.
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