I servizi segreti del Fascismo
Come ogni regime totalitario, il fascismo fu per sua natura un grande fautore dei servizi di sicurezza. È del 1925 la fondazione del Servizio Informazioni Militare, dell’anno successivo quella dell’OVRA, la polizia segreta del ventennio. Tra i fatti riconducibili ai servizi del tempo, probabilmente va ricordato l’assassinio dei fratelli Rosselli, ed in qualche maniera anche quello dell’onorevole Giacomo Matteotti, almeno a quanto riferisce Amerigo Dumini nella sua autobiografia. L’omicidio dei Rosselli, peraltro, appare parte di una serie di “operazioni speciali” oltre confine (assassinii politici, atti di sabotaggio/terrorismo ecc.) quasi sempre (e stranamente) organizzate dal Centro controspionaggio di Torino, che godeva tra l’altro di mezzi finanziari tali da potergli consentire la gestione a Sanremo di un caffè-concerto (bar Jolanda) e di una casa chiusa. L’esecuzione materiale delle uccisioni in questione sarebbe stata in realtà “subappaltata” ai cagoulards (estremisti di destra francesi, spesso divenuti collaborazionisti degli occupanti tedeschisotto il governo di Vichy). Nel 1934 vi era stata un’altra operazione analoga: l’assassinio di Alessandro di Iugoslavia, eseguito per ordine di Mussolini da elementi di quegli ustascia che il governo fascista italiano faceva addestrare da istruttori della milizia a Borgotaro.
Nel 1937, in concomitanza alla guerra civile spagnola, il colonnello Santo Emanuele del SIM tentò di far saltare in aria la nave spagnola Ciutad de Barcelona nascondendo esplosivo nel carbone utilizzato come carburante.
Anche se, inevitabilmente, buona parte di ciò che riguarda l’OVRA è tuttora avvolto nel mistero, quel che sembra assodato è che quella struttura disponeva di un patrimonio finanziario ed organico di assoluto rilievo per l’epoca. Da fonte attendibile consta che potesse contare su un’ottantina di funzionari, seicento agenti e migliaia di informatori (legati ai primi dal classico rapporto che s’instaura con i case officers.) Da un punto di vista dicompetenza territoriale, il suolo patrio era stato suddiviso dall’OVRA in ispettorati, con il primo che sorse nel Nord Italia nel 1927; seguito da un secondo (1930) che copriva Emilia-Romagna, Toscana e Marche; nel 1933 da un terzo —(detto “Apulia”) su Abruzzo, Umbria e Molise— ed un quarto per la Sicilia; nel 1937 il quinto per laSardegna; nel 1938 il sesto per Calabria e Campania e l’ultimo nel 1940 per il Lazio (esclusa la capitale, che rientrava in una zona autonoma).
Per quanto riguarda il SIM, l’evento più rilevante di questi anni è probabilmente l’ascesa al comando del generale Mario Roatta (1934): particolarmente incline ad assecondare per ragioni opportunistiche le esigenze del potere (del momento; egli stesso dichiarò che era indifferente al “colore o forma” del governo che doveva servire), iniziò la tendenza dei servizi a piegarsi interessatamente ai desideri (non sempre “istituzionali”) di chi occupava le massime istituzioni. Roatta aveva avuto il suo esordio nella guerra d’Etiopia, quando aveva ordito una serie di piani (che brillavano soprattutto per fantasia) per togliere di mezzo Ras Tafari. Uno dei pochi successi conseguiti in quei frangenti dal SIM fu la cattura dei documenti segreti del patto Hoare-Laval. Quando, nel 1944, Roatta fu messo sotto inchiesta ed arrestato (dapprima per la mancata difesa di Roma e poi per le sue dirette responsabilità nell’omicidio dei Rosselli), si trattò di un evento talmente dirompente da innescare la prima “guerra di dossier” dell’epoca vicina a noi, con documenti scottanti che improvvisamente, e per vie arcane, si materializzavano nella disponibilità dei magistrati inquirenti; di pari passo, venivano propalate ad arte fantasiose indiscrezioni sull’imminente arresto di Pietro Badoglio (che da poco aveva lasciato la Presidenza del Consiglio), evidentemente allo scopo di togliere “legittimità politica” a questi primi tentativi del rinnovato stato italiano di far luce su scabrosi episodi consumatisi poco tempo prima. Questo gran polverone ottenne almeno l’effetto di far intervenire con pesante ingerenza gli ambienti diplomatici anglo-americani nell’intento (coronato da successo) di impedire l’acquisizione processuale di atti o notizie pregiudizievoli per gli interessi “alleati”. Per la cronaca, il principale imputato (ve ne erano altri 38), cioè appunto Roatta, beneficiò di un’evasione di sospetta facilità, che gli permise di raggiungere la Spagna attraverso il Vaticano, e di godersi un’indisturbata latitanza fino al 1966, anno in cui decise di rimpatriare.
Il secondo conflitto mondiale
La seconda guerra mondiale confermò nuovamente la tendenza già esposta alla moltiplicazione degli enti di intelligence, secondo una visione cui non era estraneo lo stesso Benito Mussolini, preoccupato dell’eccessivo potere che si sarebbe concentrato nell’uomo che da solo avesse eventualmente dominato i servizi segreti.
Di conseguenza, al momento l’Italia metteva in campo:
- il già ricordato SIM;
- il Centro Controspionaggio (CS) (che del SIM era una sorta di spinoff);
- il Servizio Informazioni Aeronautica (SIA);
- il Servizio Informazioni e Sicurezza della Marina (SIS);
- il Servizio Informazioni dell’Esercito (SIE);
- il Servizio Informazioni Speciali;
- (dal 1940) una direzione degli Uffici “I” presso ciascuna forza armata.
Nel 1940, anche in esito ad una sorta di regolamento di conti tra varie fazioni del SIM, il controspionaggio diveniva una branca del tutto autonoma dei servizi, con la denominazione di “Controspionaggio militare e servizi speciali“ (CSMSS).
Sempre in quell’anno, il SIM strumentalizzava la brutale uccisione di un delinquente comune, Daut Hoxha, che nella controinformazione fascista, capeggiata da Virginio Gayda, divenne un grande patriota albanese della Ciamuria, contribuendo a costituire il pretesto per la campagna italiana di Grecia.
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