Hitler, la lancia di Longino e la Sacra Sindone
Una circostanza abbastanza conosciuta in generale ma poco nei dettagli è l’ossessione di Adolf Hitler per i simboli e le reliquie della tradizione cristiana. Uno di questi episodi riguarda la caccia dei nazisti alla Sacra Sindone.
Il 7 settembre 1939 – da sette giorni la Germania aveva invaso la Polonia – l’Abate Ramiro Marcone dell’Abbazia di Montevergine fu convocato telegraficamente in Vaticano dal Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovan Battista Montini. Il santuario di Montevergine è un complesso monastico mariano di Mercogliano, situato nella frazione di Montevergine, in Campania ed è una delle sei abbazie territoriali italiane. All’inizio del XX secolo il santuario era tornato a godere di un’antica fama, diventando uno dei più visitati del sud Italia.
L’Abate Marcone era atteso dal Cardinal Luigi Maglione, Segretario di Stato vaticano. “Il re ha fatto trasferire, data la situazione internazionale, la Sacra Sindone al Quirinale. Adesso ci chiede di ricoverarla in Vaticano, non la vede sicura nemmeno nella reggia”. “Gli abbiamo fatto sapere che nemmeno il Vaticano – riprese Maglione – sarebbe sicuro se anche l’Italia, com’è certo, entrerà in guerra. Abbiamo pensato a Montevergine, eccelenza”. Montevergine: il Vaticano aveva fatto la scelta giusta, per la prima ipotesi di trasferimento, poi scartata, si prese infatti in considerazione l’Abbazia di Montecassino, quella che le bombe alleate avrebbero raso al suolo nel ’44.
Ci si domandava cosa sarebbe successo se Hitler avesse messo le mani sulla Sacra Sindone come aveva fatto qualche anno prima con la Lancia di Longino, famosa per avere trafitto il costato di Cristo in croce (che sarebbe stata salvata all’ultimo a Norimberga dal generale Patton in persona).
La storia dell’incontro di Hitler con la Lancia di Longino è nota. L’aveva vista, ventenne, nell’Hofburg di Vienna. A quanto si dice, ne rimase affascinato e sostò lungamente di fronte alla teca in cui era conservata. Da questa esperienza sembra che sia nata la passione per l’esoterismo del dittatore. Nel 1938, dopo l’annessione forzata dell’Austria alla Germania, Hitler ordinò di trasferire la Lancia Sacra a Norimberga, dove venne collocata nella chiesa di S. Caterina che divenne una sorta di santuario esoterico nazista. Nel corso della guerra, in particolare dopo la disfatta di Stalingrado, Hitler decise che la lancia di Longino dovesse essere conservata in un luogo più sicuro. Fu quindi collocata in una camera blindata dell’antica fortezza di Norimberga, il cui accesso fu distrutto in un bombardamento alleato nel ’44. Dopo lunghe vicissitudini, accompagnate da eventi inquietanti, la lancia venne ritrovata dagli alleati il 30 Aprile 1945, alle ore 14 e 10, poche ore prima che Adolf Hitler si suicidasse nel bunker della cancelleria a Berlino.
Ma torniamo alla Sindone. Passarono neppure 18 giorni e il 25 settembre la Sindone fu trasportata a Montevergine, sfatando la leggenda della sua inamoviilità da Torino. Dopo numerose peregrinazioni durate due millenni, dal 1578, anno della traslazione da Chambéry ad opera dei Savoia, la Sindone aveva trovato destinazione nel Duomo di Torino. Ora partiva per la lontana Campania, in automobile, senza nessuna apparente scorta militare, ma sotto la vigilanza di Monsignor Paolo Busa, primo cappellano del Re e custode, a Torino, della reliquia e di Monsignor Giuseppe Garglio, secondo Cappellano del Re. All’arrivo la reliquia fu consegnata all’Abate Marcone, il quale -recita il verbale di consegna- “l’accetta lieto di poter conservare nel Santuario sì preziosa Reliquia”.
La cassa contenente la Sindone, lunga m. 1.40, larga m.0.365 e alta m.0.28, venne”collocata sotto l’altare del Coretto di notte, chiuso a chiave da un robusto paliotto di legno, presenti, anche come testimoni, i menzionati D. Bernardo Rabasca e Mons.Giuseppe Cariglio”.
Erano stati messi al corrente del segreto dall’Abate e da Don Bernardo Rabasca solo il Vicario Don Anselmo Tranfaglia – che sarà Abate dal 1952 -, il “superiore invernale” del Santuario e il “padre sacrista”, e solo perché stessero all’erta per ricoverare la Sindone, “in caso di eventuali incursioni aeree” nella ben più munita galleria sotterranea che unisce il monastero al cosiddetto Ospizio Nuovo.
Passa la guerra, i tedeschi restano, tra la tarda estate e il primo autunno del 1943, padroni assoluti di gra parte dell’Italia meridionale; si fortificano anche a Montevergine ma non li sfiora neppure il sospetto che in quel santuario si celi una delle più eccezionali reliquie della cristianità!
Il 29 ottobre 1946 la Sindone lascia intatta e riverita da una folla acclamante, a cui il Cardinal Fossati, Arcivescovo di Torino ha concesso, quasi a titolo di ringraziamento, un’esposizione eccezionale della miracolosa immagine. Al santuario di Montevergine, annota il solerte cronista, è rimasta custodita, come “in riposte mura”, precisamente sette anni, un mese e quattro giorni!
Al ritorno a Torino della più grande reliquia del cristianesimo, l’arcivescovo cardinal Fossati pubblicò sulla Rivista Diocesana una lettera ai fedeli, in cui giustificava l’aver nascosto la Sindone «perché l’invasore si affrettò a chiederne notizia». L’abbazia fu solo la meta finale però, poiché come si venne a sapere dopo diversi anni, la Sindone fece tappa al Quirinale, nella cappella di Guido Reni, quando il Re prese contatto col Vaticano per trovarle un rifugio Oltretevere. Fu proprio Vittorio Emanuele III a scortarla personalmente durante il tragitto, segno dell’affezione personale alla reliquia, donata all’Italia proprio dalla famiglia reale.
A.DeL.
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In casi di pericolo Casa Savoia era usa portare con sè la Sindone se doveva abbandonare Torino o. prima Chambery. Quindi non è vero il fatto che la Sindone era inamovibile. Strano che non abbiano portato la Sindone a Roma quando divenne capitale..