I delitti dei colletti bianchi: peculato, concussione (truffa aggravata), corruzione
PECULATO- ART. 314 CODICE PENALE
Il peculato, nel diritto penale italiano, è il reato previsto dall’art. 314 (Peculato) del codice penale, in virtù del quale il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria; detto reato è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
La disciplina del peculato è stata modificata con la Legge 86/1990, recante Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
CONCUSSIONE- ART. 317 CODICE PENALE
Nella legislazione italiana, il reato è disciplinato dall’articolo 317 del codice penale il quale recita:
“Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità e dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni”.
La concussione è il più grave dei reati contro la pubblica amministrazione. È un reato proprio in quanto può essere commesso solo dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio. La condotta incriminata consiste nel farsi dare o nel farsi promettere, per sé o per altri, denaro o un altro vantaggio anche non patrimoniale abusando della propria posizione. Tale condotta può esplicitarsi in due differenti modalità: costrizione e induzione. La parola deriva dal latino concussio,-onis, derivato da concussus, participio passato di concutere, estorcere.
- La costrizione è intesa nel senso di coazione psichica relativa, cioè essa implica la prospettazione di un male ingiusto alla vittima, la quale rimane tuttavia libera di aderire alla richiesta o di subire (eventualmente) il male minacciato.
- L’induzione invece si realizza mediante comportamenti di sopraffazione del privato non direttamente riconducibili alla violenza psichica relativa (allusioni, silenzi, metafore) idonee a influire sul processo motivazionale del privato creando uno stato di soggezione psicologica. In questo contesto, la giurisprudenza negli ultimi anni ha creato la figura di “concussione ambientale” che si ravvisa quando il privato è indotto a compiere l’azione, più che da un comprovato comportamento induttivo del soggetto pubblico, dalla convinzione di doversi adeguare a una prassi consolidata, cioè la convinzione che quella dazione o promessa costituiscano i soli strumenti per ottenere un concreto agire degli organi amministrativi.
La concussione rientra certamente tra i reati di cooperazione con la vittima in quanto il comportamento della vittima è determinante ai fini della configurabilità della fattispecie, infatti qualora non avvenisse la dazione o la promessa il reato non si configurerebbe. È però ammesso il tentativo, che si configura qualora il soggetto pubblico compia atti diretti a costringere o indurre taluno a dare o promettere, ma effettivamente non seguano la dazione o la promessa.
Il dolo è generico e consiste nella coscienza e volontà di compiere il reato. Il reato non è configurabile per colpa.
Il soggetto passivo secondo l’impostazione originaria del Codice Rocco era solo la pubblica amministrazione; oggi invece, alla luce dei valori costituzionali che pongono l’accento sulla centralità della persona nel sistema giuridico, il soggetto passivo è anche il concusso, coartato nel suo diritto alla libera autodeterminazione e leso nella sua integrità patrimoniale.
La truffa aggravata è configurabile quando la qualità o funzione del pubblico ufficiale concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifici o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta. Invece deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l’abuso delle qualità o della funzione del pubblico ufficiale si atteggia come causa esclusivamente determinante, così da indurre il soggetto passivo all’ingiusta dazione che egli sa non dovuta.
La differenza tra le due figure, non sempre facilmente delineabile, risiede per la giurisprudenza maggioritaria nel “metus publicae potestatis”. Se la dazione o la promessa sono compiute dal privato, in quanto posto in uno stato di soggezione derivante dall’abuso del soggetto pubblico si integra concussione. Viceversa se i due soggetti liberamente agiscono per un risultato comune, si integra l’ipotesi di corruzione. Nel caso della concussione il concusso cerca di evitare un danno (certat de damno vitando), mentre nella corruzione cerca di ottenere un vantaggio (certat de lucro captando).
La corruzione ambientale è quel fenomeno per il quale una persona sia convinta che determinati comportamenti, quali la prestazione dell’indebito, siano dovuti da ormai una consolidata prassi popolare utilizzata da tutti e per questo anche se non lecita, “normale”; chiaro che, perché si configuri il reato c’è sempre bisogno che il privato venga indotto da un comportamento del pubblico agente.
Il pubblico agente “abusa” della propria qualità quando non si limita a dichiararne il possesso, o al limite, a farne sfoggio, ma, per il contesto, l’occasione, le modalità in cui viene fatta valere, essa appare priva di altra giustificazione che non sia quella di far sorgere nel soggetto passivo “rappresentazioni induttive o costrittive di prestazioni non dovute”, deve cioè assumere efficacia psicologicamente motivante. L’abuso dei poteri avviene nel momento in cui l’agente li esercita fuori dai casi o al di là dei limiti, stabiliti dalla legge: quando non dovrebbero essere esercitati ovvero quando dovrebbero essere esercitati in modo diverso.
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CORRUZIONE- ART. 318/321 CODICE PENALE
In Italia il concetto di corruzione è riconducibile a diverse fattispecie criminose, disciplinate nel Codice Penale, Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo II – Dei delitti contro la pubblica amministrazione. Le relative fattispecie criminose sono tutte accomunate da alcuni elementi:
- reati propri del pubblico ufficiale
- accordo con il privato
- dazione di denaro od altre utilità
Quindi, la corruzione è categoria generale, descrittiva dei seguenti reati:
- art. 318 c.p. – Corruzione per un atto d’ufficio
- art. 319 c.p. – Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio
- art. 319 ter c.p. – Corruzione in atti giudiziari
- art. 320 c.p. – Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio
- art. 321 c.p. – Pene per il corruttore
In base all’art. 319 codice penale il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni. è definita questa corruzione propria ed è la forma più grave di corruzione poiché danneggia l’interesse della pubblica amministrazione a una gestione che rispetti i criteri di buon andamento e imparzialità (art.97 cost). Di questo reato (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, art. 319 cod. pen.) può essere ritenuto responsabile anche un Consigliere Regionale per comportamenti tenuti nella sua attività legislativa. In base alla definizione dell’art. 357 cod. pen. è pubblico ufficiale anche colui che esercita una funzione legislativa. È priva di fondamento la tesi secondo cui nell’esercizio di un’attività amministrativa discrezionale, ed in particolare della pubblica funzione legislativa, non può ipotizzarsi il mercanteggiamento della funzione, nemmeno qualora venga concretamente in rilievo che la scelta discrezionale non sia stata consigliata dal raggiungimento di finalità istituzionali e dalla corretta valutazione degli interessi della collettività, ma da quello prevalente di un privato corruttore. Non è applicabile la speciale guarentigia sanzionata dal quarto comma dell’art. 122 della Costituzione secondo cui i Consiglieri Regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Questa speciale immunità non trova applicazione qualora il Consigliere Regionale non sia perseguito dal giudice penale per avere concorso alla formazione ed alla approvazione di una legge regionale, ma per comportamenti che siano stati realizzati con soggetti non partecipi di tale procedimento al fine di predisporre le condizioni per il conseguimento di un vantaggio illecito.
In base all’art. 318 codice penale il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Questa forma di corruzione viene definita corruzione impropria antecedente poiché l’oggetto della prestazione che il pubblico ufficiale offre in cambio del denaro o dell’altra utilità che gli viene data o promessa, è un atto proprio dell’ufficio e la promessa o la dazione gli vengono fatti prima che egli compia l’atto . Il disvalore della condotta è sicuramente minore poiché pur nella violazione dei beni giuridici di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione non ci sono atti che ledano gli interessi della stessa, come avveniva invece nella corruzione propria con ritardi o omissione di atti dovuti ovvero con il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio . Il pubblico ufficiale non sarà imparziale avendo accettato una retribuzione non dovuta e venendo meno all’espresso divieto che gli pone la legge e pertanto sarà punito.
Al comma 2 del suddetto articolo si descrive la corruzione impropria susseguente, la forma meno grave in assoluto di corruzione. Il pubblico ufficiale riceve, a seguito di un atto proprio del suo ufficio da lui già compiuto, una retribuzione indebita. La pena in questo caso è molto minore rispetto alle altre forme di corruzione, reclusione fino a un anno. è dibattuto il bene giuridico che venga tutelato in questa norma e non essendo configurabile né nel buon andamento né nell’imparzialità (avendo il pubblico ufficiale compiuto un atto conforme ai suoi doveri privo di ingerenze da parte del privato), ne risulterebbe forse auspicabile la depenalizzazione. Potrebbe forse configurarsi come un reato ostativo, creato ad hoc per evitare la verificazione di reati più gravi.
L’Alto Commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito
La legge 13 gennaio 2003, n. 3 ha istituito nell’ordinamento italiano l’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione. L’articolo 68, comma 6, del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, ha successivamente soppresso l’Alto Commissario. Con DPCM del 5 agosto 2008 le relative funzioni sono state attribuite al Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione che ha istituito il Servizio Anticorruzione e Trasparenza. L’Italia ha aderito al Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), unità del Consiglio d’Europa a Strasburgo che monitora la corruzione, il 30 giugno 2007. GRECO è stato fondato nel 1999 da 17 paesi europei, oggi ne conta 49, e include anche paesi non europei. L’ultima valutazione di GRECO sullo stato della corruzione in Italia è stato pubblicato in marzo 2012, ed è disponibile in inglese e francese.
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