Ercolano, capitale dell’epicureismo
A Ercolano nel I secolo a.C. si costituì un circolo di Epicurei per opera di Filodemo di Gadara (Siria), allievo di Zenone di Sidone. Entrato in contatto con Calpurnio Pisone, quest’ultimo lo incaricò di allestire una biblioteca – in gran parte di contenuto filosofico- nella sua villa di Ercolano, conosciuta oggi come la Villa dei Papiri.
La villa dei Papiri
La Villa dei papiri è una villa di epoca romana rinvenuta in epoca borbonica a Ercolano. In epoca borbonica l’esplorazione dell’edificio fu compiuta attraverso pozzi e cunicoli; esso non fu riportato alla luce. Si tratta di una dimora di grande rilievo architettonico dotata di una suppellettile di eccezionale ricchezza e qualità, paragonabile a una Villa Imperiale, corredata dell’unica Biblioteca finora restituita dal mondo antico. I papiri, le opere d’arte (sculture, pitture, mosaici), gli oggetti del quotidiano furono portati prima nell’Herculanense Museum, allestito nella Reggia di Portici, poi nel Palazzo degli Studi di Napoli (a partire dal 1806), l’attuale Museo Archeologico Nazionale. Oggi, da molte parti, se ne auspica uno scavo compiuto, nella fiducia che possa restituire ancora testi e opere d’arte sfuggiti all’esplorazione settecentesca; inoltre, uno studio dell’edificio nel suo insieme potrebbe chiarire alcune questioni che concorrerebbero a una nostra migliore conoscenza di alcuni aspetti della cultura della Roma tardorepubblicana.
I parziali interventi di esplorazione (1986-1987) e scavo (1992-1997) compiuti nello scorso secolo hanno rivelato che l’edificio si estendeva su più piani (almeno tre) sottostanti rispetto a quello già noto e non esplorati dall’indagine settecentesca e che la continuità tra la Villa e la zona occidentale della città era determinata dalla presenza di altri edifici che dallo scavo sono emersi.
In seguito a una convenzione stipulata tra la Regione Campania e la Soprintendenza Archeologica di Pompei è stato compiuto uno studio di fattibilità per lo scavo della dimora nell’ottica di un inserimento dell’area archeologica nel tessuto urbano attuale: ci si augura che questo possa essere il preludio a un concreto avvio dell’impresa.
La villa doveva appartenere a un facoltoso e colto aristocratico romano, forse identificabile in Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare e console nel 58 a.C.. In base ad alcuni recenti studi epigrafici, è stato anche proposto il nome di Appio Claudio Pulcro, cognato di Lucullo e console nel 38 a.C.
Calpurnio Pisone creò una biblioteca principalmente di carattere filosofico. Si ritiene che la biblioteca sia stata raccolta e selezionata da un amico e cliente di famiglia, l’epicureo Filodemo di Gadara. I seguaci di Epicuro studiavano gli insegnamenti di questo filosofo morale e naturalista. La sua filosofia insegnava che l’uomo è mortale, che il cosmo è il risultato di incidenti, che non esiste un dio provvidenziale, e che il criterio di una buona vita è il piacere. I collegamenti di Filodemo con Piso gli diedero l’opportunità di influenzare i giovani studenti di letteratura e della filosofia greca che si erano riuniti intorno a lui a Ercolano e a Napoli. Molte delle sue opere furono scoperto in circa un migliaio di rotoli papiracei nella biblioteca filosofica recuperata a Ercolano. Anche se la sua opera in prosa è di stile enfatico tipico della prosa greca ellenistica prima della rinascita dello stile attico dopo Cicerone, Filodemo superava il livello medio letterario a cui aspirava la maggior parte degli epicurei. Filodemo riusciì ad influenzare i romani più colti e distinti della sua epoca. Nessuna delle sue opere in prosa erano conosciute fintantoché non furono scoperti i rotoli tra le rovine della Villa dei Papiri.
Al tempo dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., la preziosa biblioteca era stata imballata in casse, pronta per esser trasportata in salvo, ma purtroppo fu sommersa dalla colata piroclastica; l’eruzione alla fine depositò circa 20–25m di cenere su tutto il sito, carbonizzando i rotoli ma conservandoli — l’unica biblioteca sopravvissuta dell’antichità classica — grazie all’indurimento della cenere che divenne tufo.
Lo svolgimento dei Papiri
I papiri rinvenuti a Ercolano, per il calore del materiale piroclastico che con l’ eruzione del 79 d. C. ricoprì la città e all’umidità a cui sono stati sottoposti per tanti secoli nel sottosuolo del territorio ercolanese, sono carbonizzati. Sono pertanto molto fragili, e il problema di srotolarli in modo adeguato si pose drammaticamente dal primo momento. Dopo alcuni tentativi infruttuosi e dannosi, il procedimento più adeguato fu elaborato da uno scolopio di origine genovese, Antonio Piaggio, che, su richiesta di Carlo di Borbone, il Prefetto della Biblioteca Vaticana inviò a Portici nel luglio 1753. A lui si deve l’invenzione della celebre macchina con la quale sono stati aperti la maggior parte dei rotoli che oggi leggiamo. Successivamente, furono compiuti altri esperimenti di svolgimento, che non hanno prodotto risultati apprezzabili, finché, nel corso degli anni Ottanta del Novecento, un’équipe norvegese, guidata dal filologo Knut Kleve, ha ideato un metodo, fondato sull’impiego di acido acetico, gelatina e acqua, che si è rivelato efficace. Per molti anni i tecnici norvegesi, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Napoli e con il CISPE, hanno compito operazioni di svolgimento e restauro dei papiri. Tra i nuovi testi, aperti col metodo ‘osloense’, un rotolo, ora conservato nella Bibliothèque de l’Institut de France, perché donato a Napoleone, ha rivelato un libro di Filodemo di Gadara dal quale sono emersi i nomi dei poeti augustei: Virgilio, Plozio Tucca, Quintilio Varo, Vario Rufo: così si è potuta migliorare la nostra conoscenza del clima culturale in cui operava Filodemo e, quindi, dell’Epicureismo in terra d’Italia.
A Kleve si deve anche la messa a punto di ottime tecniche fotografiche. Oggi, grazie all’interessamento di Gigante e in seguito a una convenzione con la Biblioteca Nazionale di Napoli, operatori della Brigham Young University (Provo, Utah) hanno realizzato la riproduzione fotografica multispettrale dell’intera collezione, che consente un migliore approccio di lettura ai testi anneriti.
IL CENTRO INTERNAZIONALE PER LO STUDIO DEI PAPIRI ERCOLANESI
Il Centro si costituì a Napoli nel 1969 per iniziativa del prof. Marcello Gigante, che lo ha guidato fino alla morte (2001). Dal primo momento ne furono membri i piú illustri filologi e papirologi. Il CISPE sorse col duplice intento di collaborare alla ripresa dello scavo della Villa dei Papiri in Ercolano e di promuovere il rinnovamento dello studio dei testi ercolanesi, conservati nella Officina dei Papiri nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli. Come è noto, i papiri furono trovati dagli scavatori borbonici, a partire dal 1752, nella Villa ercolanese probabilmente appartenuta alla famiglia romana dei Pisoni. L’edificio fu esplorato allora attraverso pozzi e cunicoli e mai riportato alla luce: ecco perché se ne auspica uno scavo compiuto, nella fiducia che possa restituire ancora testi e opere d’arte sfuggiti all’indagine settecentesca.
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