In principio era il biliardio. Il luogo veniva denominato in modi vari e pittoreschi nelle varie regioni d’Italia. Quello più conosciuto era: bisca. Fumo consumato: per lo più sigarette senza filtro; costavano poco e bruciavano i polmoni. Poi vennero i videogiochi. Sala giochi era un titolo troppo innocente per le attività ivi praticate. Fumo consumato: droghe leggere. Oggi invece ci sono i posti dove si gioca quasi esclusivamente a poker. Ma non quello classico, ormai fuori moda. Adesso la sfida è quasi sempre a Texas hold’em. Un gioco vietato a livello di torneo non autorizzato. E comunque ai minorenni, che fino alla metà degli anni Novanta affollavano le bische di periferia. Ora – già a 15-16 anni – frequentano casinò clandestini aperti anche di giorno, dove oltre alle carte ci sono altre attività: lap dance e spogliarelli, club privé e slot machine. Alcolici al banco e fumo libero.
Apprendiamo dal Corriere della sera – Cronaca di Roma, che pochi giorni fa, al termine dell’ultima operazione della polizia amministrativa – che su ordine del questore Fulvio Della Rocca ha chiuso sei locali fra Roma centro e provincia – uno su cinque delle centinaia di persone identificate era composto da minori. Ragazzini attratti dalle carte, pronti a puntare 50 euro per volta, come vedono fare dai loro beniamini in tv: campioni di hold’em capaci di vincere migliaia di euro con una sola mano ben giocata.
Soltanto in un locale, all’Appio Claudio – poi chiuso in via definitiva con la cessazione di attività -, sono stati scoperti 11 tavoli da poker attrezzati e affollati di giocatori. Una scena simile a quella mostrata solo venerdì sera in una puntata della serie tv «I Cesaroni», dove uno dei giovanissimi protagonisti, per aiutare la sorella cocainomane e in debito con uno spacciatore, allestisce di nascosto una bisca per hold’em nell’osteria dello zio. Come a dire che ormai non c’è affatto differenza fra fantasia e realtà.
Anche perché le famiglie non sono mai al corrente che i figli passano ore seduti al tavolo verde o davanti alle slot.
«A casa non lo sanno – conferma Edoardo Calabria, dirigente dellaDivisione di polizia amministrativa -. I minorenni sono spesso abituati a giocare, anche proprio da casa, su Internet con schede prepagate, comprate usando magari il documento d’identità del fratello maggiorenne. Quello che manca – spiega sempre l’investigatore della Questura – è proprio il controllo delle famiglie. Noi possiamo farlo fuori, ma dentro no. I ragazzi appartengono a famiglie normalissime, che non sanno che marinano la scuola. Una volta si andava al parco, ma ora, fra paghette e altre entrate, i quindicenni hanno i soldi sufficienti per giocare. Cominciano con i Gratta&vinci e poi passano alle slot machine. Anche se non è ancora un allarme sociale».
Secondo Calabria, però «il vero pericolo è rappresentato dal riciclaggio di soldi sporchi che girano nelle bische». E i ragazzi potrebbero restarne coinvolti. «Per questo – conclude – ho proposto solo pochi giorni fa schede prepagate riservate ai maggiorenni, da acquistare con la tessera sanitaria con limiti prefissati di gioco, vincite e perdite».
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