Il rito magico-ossessivo del Rave party
Un Rave party con 1700 giovani stipati nei locali dell’ex deposito Standa in viale Europa a Cusago, nel milanese. Intervengono carabinieri e polizia del reparto mobile della Questura in assetto antisommossa per allontanare i raver. I tafferugli durano a lungo, con lancio di bottiglie e mobilio da una parte, lacrimogeni dall’altra. Bilancio: 40 le persone rimaste ferite, tra cui 20 agenti . Quattro i giovani arrestati per resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Una ventiduenne , nelle fasi concitate dello sgombero, è caduta accusando un malore. È stata subito condotta all’ospedale San Carlo di Milano, verso le 22 di ieri e sottoposta, date le gravi condizioni, ad un intervento chirurgico per una emorragia cerebrale. Ora la giovane è in coma farmacologico. Alla ragazza sarebbe stato trovato un alto tasso alcolemico nel sangue.
Questa è solo una delle tante notizie che riguardano i Rave party.
Le analisi socio-politiche delle feste chiamate così hanno un difetto di fondo: sono elaborate da gente che non ha mai partecipato a un vero Rave. Volendo affrontare questo fenomeno ho così scelto di partire dalle testimonianze dei raver. Dalle testimonianze e dai documenti emerge che Rave in italiano è una parola senza connotazione di genere, vale per il maschile e il femminile, e di numero, anche al plurale si dice Rave.
Scrive la raver “Principessa MK”il 21/04/2005 su un blog: “Ho 29 anni e sono un Raver. Un Raver è il frequentatore abituale di Rave. Sono ormai circa 8 anni che frequento i Rave, ci vado mediamente ½ volte al mese girando l’Italia, la Francia, la Germania e la Svizzera. Siccome molti mi chiedono spesso “Che cos’è un Rave e perché ci vai?”, ho deciso di accettare la proposta di questa intervista per parlare dei Rave”.
Ecco, appunto: “Che cos’è un Rave?” I primi Rave prendono corpo nelle fabbriche abbandonate delle metropoli americane, all’inizio nelle fabbriche di Detroit, per poi espandersi in Gran Bretagna e nel resto dell’Europa. Con la momentanea invasione di un’area industriale ormai in disuso (in inglese TAZ, ovvero Temporary Autonomous Zone Zone Temporaneamente Autonome) si vuole stigmatizzare la condizione sociale di migliaia di operai disoccupati e celebrare la liberazione dell’uomo dalla catena del lavoro; per un’intera notte quel luogo riprenderà vita e le macchine fino ad allora produttrici di merci saranno teatro di una nuova, forte espressione musicale che si esprime in un suono senza strumenti né spartiti, ma scandito da suoni elettronici e casse ritmiche. Anche nella scelta dei suoni, che vengono campionati e poi mixati con il computer, si ritrova l’imprescindibile legame che il rave ha con la metropoli, nella quale nasce e si sviluppa; si tratta spesso di suoni provenienti dalla realtà urbana, sirene, antifurti, suoni di macchinari industriali. La musica techno è segnata fin dalla sua nascita dalla marginalità rispetto alla società, sviluppandosi fra le minoranze, nei club di Houston e Chicago frequentati per lo più da omosessuali e afroamericani. Rave party è il termine utilizzato alla fine degli anni 80 per descrivere le prime feste illegali con musica elettronica (acid house, techno, jungle, drum & bass), caratterizzate dal ritmo incalzante di musica dance e giochi di luce.
Dagli Stati Uniti il fenomeno dei rave si diffonde in Europa e soprattutto in Gran Bretagna, dove l’influsso della cultura psichedelica figlia degli anni settanta dà vita a un nuovo genere musicale, l’acid house, che segnerà l’inizio dell’associazione tra i rave e il consumo di droghe e soprattutto la nascita del rave illegale. Negli USA infatti, i rave rimangono nei club; è in Gran Bretagna che il consumo di droghe determina la repressione governativa e la chiusura dei club, portando migliaia di persone a proseguire la loro festa fuori dalle città, organizzando feste illegali.
Ma sentiamo “Principessa Mk”: “Nessuno sa niente, o quasi, dei Rave: i giornali, quando toccano l’argomento, lo fanno esclusivamente per conteggiare le decine di ricoveri dovuti alle conseguenze di risse o a collassi causati dalle droghe assunte; per fare un resoconto moralista degli ingenti danni alla città e infine per sottolineare l’inquinamento acustico insopportabile.
“Il Rave è: 1) uno spazio illegale, autogestivo, antibroibizionista, trasgressivo e anarchico; 2) un rito collettivo; 3) un momento di aggregazione partecipe in cui si annullano tutte le differenze dei singoli e avviene una coesione sociale; 4) una festa di protesta contro le leggi vigenti che regolano gli orari di chiusura dei locali e la somministrazione di bevande alcoliche, contro la legge Fini sulle droghe. chi va ad un Rave, insomma, lo a per scaricare la rabbia e lo stress quotidiano, per avere una rivalsa, per sentirsi qualcuno, per fare un’esperienza diversa dalla solita serata, perché si è un techno-apostolo per fare sesso, per andare in botta”.
Vi sono essenzialmente due tipi di Rave: la Street Rave Parade e il Rave Party.
“La Street Rave Parade– scrive “Principessa Mk”- è una sfilata di enormi truck per le vie della città al suono della musica dei sound system. Questi tipi di Rave, però, non sono molto frequentati perché hanno bisogno dell’autorizzazione del Comune e quindi di coperture e sostegni politici”. Nel 1996, in risposta al Criminal Justice Act, si sviluppa un’azione di protesta a livello globale racchiusa nello slogan “Reclaim the streets“, che consiste nell’occupazione di spazi metropolitani, azioni di disturbo del traffico urbano attuate in bicicletta (massa critica) e nell’organizzazione di street party, una nuova forma di corteo danzante caratterizzato dalla presenza di migliaia di persone che ballano seguendo i carri sui quali sono montati i sound system. A Londra, lo slogan Reclaim the streets si avvale di diversi connotati sociali, politici ed economici; esso infatti abbraccia la protesta ecologista contro la speculazione stradale, la stigmatizzazione dell’auto come simbolo del vivere urbano, la reazione alla repressione poliziesca nei confronti dei rave. Da queste parate musicali improvvisate discendono le attuali manifestazioni realizzate in tutta Europa, note sotto il nome di Street Rave Parade.
I Rave Party, invece, non hanno bisogno di autorizzazioni di nessun tipo perché viene allestito in aree denominate, come si diceva, TAZ (Temporary Autonomous Zone Zone Temporaneamente Autonome): case, fabbriche, monasteri isolati e abbandonati che vengono occupati abusivamente.
“E’ possibile venire a sapere delle feste grazie al passaparola, all’attacchinaggio murale e alla distribuzione di Flyers – scrive “Principessa Mk”. Il passaparola avviene perlopiù per internet in siti di controinformazione”.
“Il Rave, almeno per me che lo vivo sempre con un sapore romantico, è qualcosa di indescrivibile con scenografie, luci e immagini mozzafiato. Naturalmente una Street Parade è più colorata, i carri sono allestiti e addobbati nei modi più bizzarri.
“In entrambi non mancano, comunque, le esibizioni di ragazze immagine, veri e propri stereotipi di bellezza che improvvisano balli erotici e spogliarelli.
“Con il tempo i Rave si sono sofisticati, inserendo nei programmi dibattiti e convegni sulle normative vigenti in materia di uso e consumo di sostanze stupefacenti, sull’analisi delle sostanze e l’uso della chill-out (sala di compressione)”.
13 mila watt di sound
“13 mila watt del sound o Techo-music è come viene chiamata la musica. Non è quella accettata comunemente, ha sonorità molto lontane dalla logica della musica commerciale e da ascolto. La musica, o meglio il sound, è costituita da un DJ che crea un movimento incessante da ballare velocemente, a proprio piacimento e senza pensare troppo.
“Qui non conta l’apparenza e l’abbigliamento è trai i più strambi. Tutti sono vestiti come quelle persone sospette che eviti lungo la strada, quelle cui normalmente non ti siedi affianco sulle panchine. C’è veramente di tutto, perfino persone in giacca e cravatta e persone di mezza età vestite come teenager.
“Il rumore assordante non permette di parlare e la comunicazione e il contatto avviene attraverso i gesti e il tatto. Il tutto è scandito dal movimento del corpo. Si raggiungono delle intese formidabili non pronunciando neanche una parola. In questi casi le parole sono superflue. La danza in un Rave è la ricerca del piacere collettivo.
“Di solito i Rave durano sulle 10/20 ore. la musica assordante, l’alta temperatura, il continuo movimento e l’eventuale consumo di eccitanti e di alcolici provocano l’innalzamento della temperatura corporea, la disidratazione fisica e una dispersione notevole di energia… per sopportare per tante ore un simile bombardamento ci vuole una buona presentazione fisica e soprattutto saper ottimizzare i tempi. se si bruciano subito tutte le energie si durerà al massimo un paio di ore.
I Rave sono ambienti in cui l’uso di droghe e alcol è massiccio e, per limitare i rischi, a volte è presente del personale medico che interviene se qualcuno si sente male, distribuiscono acqua, materiale informativo sulle sostanze e preservativi. Un modo per dare una mano senza giudicare.
Bene, questo è quanto ho da dire. Sono sole le idee di un uomo, quindi discutibilissime. Mi interesso alla scena Techno perché credo che sia un modo alternativo alla vita vuota di troppi miei coetanei di combattere il malessere. Sapere che c’è qualcun altro che la pensa come me mi rinfranca, mi fa sentire parte di qualcosa di speciale, sì sottobanco, illegale, ma è bello credere il contrario. Alla fine, io vivo la mia vita cercando di evitare i problemi, anche se questo a vote significa obbedire a certe regole. Non rivolterò il sistema, non farò qualcosa per l’umanità. Scusate l’egoismo”.
Dopo questa esaltazione del Rave bisogna citare anche voci contrarie che provengono dal mondo delle musiche giovanili:
Dj Aniceto, uno dei dj italiani piu’ impegnati nel sociale, testimonial di campagne antidroga in tv soprattutto per Piero Chiambretti e membro della ‘consulta degli esperti ed operatori’ per il dipartimento per le politiche antidroga a Palazzo Chigi, interviene sui disordini accaduti al rave. ”Questa vicenda mi ha molto colpito e siamo tutti un po’ responsabili di questi disordini – spiega il dj -: dai genitori, alle scuole, a chi e’ al potere. Lo stato deve mettercela tutta affiche’ queste mattanze annunciate finalmente finiscano! Con la musica bisogna solo ballare e non partecipare ad una vera e propria guerriglia”.
Dj Aniceto spiega di essere ”da sempre contro tutti i ‘Rave’ e le ‘feste improvvisate’ soprattutto se fatti in luoghi di divertimento non autorizzati e senza ogni tipo di supporto medico in caso di emergenze”. ”Chi apre questi ‘non locali’ dovrebbe essere severamente punito perché gioca troppo facilmente con delle giovani vite’ – prosegue Aniceto – Molti anni fa, a questo tipo di feste mi hanno spesso invitato a lavorarci ma ho sempre evitato di andare. E lo consiglio a tutti i miei colleghi”. ”Il Rave è un luogo dove si va esclusivamente a ‘farsi’ lontanissimo da ogni tipo di controllo e dove i giovani pensano che possano ‘sfogarsi’ in tutte le maniere possibili ed inimmaginabili con l’alibi del sottofondo musicale – conclude – ed io non voglio essere il juke box del funerale di questi ragazzi. Vietare i Rave party, come ha fatto la Francia, è un atto di civiltà e di tutela della salute”.
A.DeL.
Diritti riservati
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Musica da Rave
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Bell’articolo (detto da un raver), comunque la musica è la Tekno; non la Techno.. ci sono differenze abissali 😂😂