Con queste note si intende avviare una riflessione sul linguaggio pubblico e sullo stile comunicativo di Berlusconi. Non è semplice farlo in un contesto in cui il protagonista è ancora attivo sulla scena politica. Probabilmente si dovrà attendere ancora per riuscire a definire con criteri linguistici appropriati i dati del problema.
In prima approssimazione ci soccorre il volume di Sergio Bolasco (ordinario di Statistica all’Università di Roma «La Sapienza»), Luca Giuliano (docente di Metodologia delle Scienze Sociali e Strategie di narrazione ipertestuale all’Università di Roma «La Sapienza), Nora Galli de’ Paratesi (che insegna Language and Communication alla American University of Rome), Parole in libertà, Un’analisi statistica e linguistica, Manifesto libri, 2006, si affronta con criteri originali e innovativi la problematica in oggetto, cioè quella relativa al linguaggio di Berlusconi.
Gli autori, in particolare Sergio Bolasco, sono impegnati da molti anni nella elaborazione di strumenti di text mining e di analisi dei dati testuali con metodi statistici. Bolasco è inoltre uno degli ideatori e autori del software TALTAC (Trattamento Automatico Lessico-Testuale per l’Analisi del Contenuto), ora disponibile in versione 2.0, potente strumento tutto italiano (che include, diversamente da altri software sul mercato, risorse specifiche per il trattamento di testi italiani – normalizzazione dei testi, parziale lemmatizzazione, confronto con liste di frequenza di riferimento) per condurre analisi statistiche su materiale testuale di ogni genere, utilizzato anche per le analisi dei discorso berlusconiano.
Il lavoro prende le mosse dall’osservazione che il linguaggio di Berlusconi è risultato “nuovo” sotto diversi aspetti, come linguaggio politico: “La ragione per cui questo libro è stato scritto è che anche noi abbiamo avvertito che si trattava di un linguaggio nuovo, ma ci è parso che l’unico modo di dimostrarlo e di uscire dal semplice impressionismo fosse quello di ricorrere all’analisi statistica dei suoi discorsi.” (dall’Introduzione).
La linguista Isabella Chiari, in una sua recensione del libro ha opportunamente sottolineato: “Occorre precisare che i dati quantitativi estratti dai corpora raccolti risultano del tutto neutrali rispetto alle successive interpretazioni. Una fase preliminare infatti consiste nella presentazione delle parole più frequenti del discorso berlusconiano, delle parole peculiari, delle differenze diacroniche che nel tempo ha assunto il lessico del premier.”
Il corpus di testi è costituito da 111 interventi, per un totale di 325.000 parole (di cui 4% sono testi scritti da Berlusconi, 47% è costituito da discorsi parlamentari, dichiarazioni programmatiche o discorsi ufficiali in sede istituzionale e 49% parlato trascritto).
Il discorso berlusconiano è inoltre stato sottoposto a diverse analisi: a) sviluppo e mutamento nel corso degli anni, dalla scesa in campo ad oggi; b) confronto con il discorso di altri politici; c) analisi qualitativa e interpretazione del lessico a seconda dei temi trattati.
Della parte interpretativa una sintesi è fornita sempre nell’Introduzione:
“È, innanzi tutto, un linguaggio profondamente irrazionale, volto programmaticamente a oscurare neutralizzando differenze (capitolo 2), ad aizzare le parti per esempio con la metafora della guerra, a infantilizzare il pubblico con la metafora del calcio o metafore «diminutive» (capitolo 4), a conquistare l’affetto del pubblico invece di spingerlo a fare scelte ragionando (capitolo 3). È un linguaggio che umilia le donne (capitolo 6), che avvilisce le istituzioni (capitolo 3) e che fa questo non solo con la menzogna e la ridicolizzazione dei contenuti, ma innovando un nuovo costume linguistico: la deroga dalle regole della grammatica del rispetto (conclusioni), cioè usando nelle istituzioni e a proposito delle istituzioni, un linguaggio che non è adatto ad esse, e inappropriato.”
Alessandro Chiappetta nella sua recensione del libro fornisce ulteriori elementi di sintesi:
“Al mondo della comunicazione politica Berlusconi ha presto dato una ventata di novità, trasferendo il linguaggio del suo mondo imprenditoriale, il gergo sportivo della “discesa in campo”, degli “azzurri” e della “squadra di governo”, forte dei suoi successi calcistici, e trapiantando i codici della persuasione dal mondo del marketing a quello politico. Il suo è un linguaggio corrosivo e irrazionale in cui dominano il sentimentalismo delle parole, la ridicolizzazione dei contenuti, la teatralità dei gesti. Racchiude almeno due forti novità emerse negli ultimi dodici anni. I suoi periodi brevi e non contorti, un vocabolario comprensibile, una fantasia “televisiva” in certe espressioni colorite fino a quel momento rimaste estranee ai recinti della politica, ne hanno fatto un punto di riferimento naturale per coloro che consideravano la politica “troppo difficile” o incomprensibile, distante e monotona. Eppure la sua chiarezza sintattica nasconde secondo gli autori “pericolose operazioni di mistificazione e un degrado che, pervadendo le istituzioni, di fatto costituisce un modello negativo per il Paese”. Con un’operazione di riduzione di complessità Berlusconi si avvicina ai suoi elettori attraverso un linguaggio politico fatto contemporaneamente di dati incontrovertibili perché intoccabili, e termini di marcata affettività (“L’Italia è il paese che amo…”), utilizzando frequentemente parole come “cuore”, “affettuoso”, “commovente”, nel sottolineare i fraterni rapporti coi suoi alleati, o l’amicizia profonda con Putin o Bush. Umanizzazione o “infantilismo politico” che sia, una simile strategia “scongela” i palazzi del potere dalla freddezza impacciata di tanti suoi predecessori, poco capaci e poco simpatici, senza fascino e soprattutto “molto noiosi”. L’altro elemento di grande discontinuità col passato sta proprio in questo. Differenziandosi profondamente dai precedenti leader e stimolato dal contesto internazionale di diaspora continua su temi come la guerra al terrorismo, le alleanze internazionali o gli scontri con la magistratura, Berlusconi ha introdotto la logica dicotomica e manichea del “noi contro loro”, adottata anch’essa dai suoi trascorsi sportivi, e figlia tanto di una logica concorrenziale di mercato, che di una soppesata e strategica estremizzazione del conflitto politico. I mondi inconciliabili emergono dall’opposizione del “vecchio e nuovo”, dai termini coi quali rievocare una politica superata, come “apparato”, “burocrazia”, “partito” “Stato”. E ancora l’avversario definito da aggettivi come “dispotico”, “illiberale”, oppure “strisciante”, per dare l’idea del rivale losco e viscido, oltre all’immancabile “comunisti”, che diventa quasi un’etichetta che li racchiude tutti. A questi si contrappone un linguaggio nuovo, quasi anche la politica fosse stata investita di slang giovanili, investita dal confronto con le logiche di comunicazione dei nuovi media, con i tempi e gli spazi della televisione, della rete, perfino degli sms. Abbondano i termini stranieri per dare spessore internazionale e appeal cosmopolita ai provvedimenti come “tax-day” “security” e “devolution”. I buoni diventano “difensori della democrazia”, affiora un linguaggio bellico che prevede “la chiamata alle armi” o il lessico religioso dei “missionari della libertà”. E la forza della leadership, già solida nella sua espressività fisica del condottiero ritto e fiero che parla all’uditorio estasiato circondato dal cielo azzurro, viene evidenziata dai “sono convinto che”, “non c’è dubbio”, “io ne sono certo”, “vedrete…”.”
Siamo d’accordo con Isabella Chiari. Si tratta di “Un volume certamente da leggere con attenzione, non solamente per l’evidente portato politico, ma anche come esempio di stringente coniugazione di metodologie quantitative e qualitative nell’analisi dei testi.”
E’ indubbio che il linguaggio e la comunicazione politica di Berlusconi abbiano rappresentato qualcosa di “nuovo” nel panorama politico italiano. Ma sembra di poter dire che questo riguarda soprattutto il primo decennio della sua attività pubblica. A partire dal 2004-05 si nota una progressiva spregiudicatezza, esibita anche in pubblico, realtiva alle sue passioni “private”, che in un certo senso appannano la lucentezza della sua dimensione “politica”, curvandone propensioni e risultati verso la costruzione di un “mito” (“il più amato dagli italiani”) che alla lunga sembra non giovargli del tutto. A questo si accompagnerà una serie di scandali (che non sono qui in questione) che produrranno alla lunga effetti controproducenti.
Bibliografia
Sulle strategie comunicative del discorso berlusconiano, sono da leggere due studi di Alessandro Amadori (il primo citato, in particolare, è ricco di suggestioni): Mi consenta. Metafore, messaggi, simboli. Come Silvio Berlusconi ha conquistato il consenso degli italiani, Scheiwiller, Milano 2002; Mi consenta – Episodio II. Silvio Berlusconi e l’esercito dei cloni, id. 2003. Nel 2006, sempre per i tipi della Scheiwiller, Amadori pubblica un incisivo saggio di “psicopolitica” sul confronto tra Berlusconi e Prodi, Duello finale. Berlusconi-Prodi, chi vincerà e perché, senza rinunciare all’analisi delle strategie comunicative e retoriche dei contendenti. Brillante e caustico nel tono, abbondante nella raccolta di materiale, Parola da Cavaliere di Augusta Forconi (Editori Riuniti, Roma 1997) offre una carrellata sulla “lingua in pericolo” parlata da Berlusconi, che dimostrerebbe “un incompleto controllo dell’italiano” (traggo le citazioni dalla Prefazione di Raffaele Simone). Sui contenuti dei messaggi berlusconiani è molto utile la lettura del contributo di Nora Galli de’ Paratesi La lingua di Berlusconi, in “MicroMega”, 1/2004, pp. 85-98. Aggiornata, assistita dal computer e quindi forte di una raccolta e selezione di dati linguistici compiuta su precisa ed estesa base quantitativa, in grado di permettere affinate analisi qualitative del linguaggio berlusconiano anche in termini differenziali, è l’analisi contenuta in Parole in libertà. Un’analisi statistica e linguistica dei discorsi di Berlusconi, Manifestolibri, Roma 2006, saggio a tre mani di Sergio Bolasco, Nora Galli de’ Paratesi e Luca Giuliano.
Bibliografia sulla comunicazione politica in generale e con particolare riferimento a quella della cosiddetta “Seconda Repubblica”
(Tratta dal sito Treccani.it)
La comunicazione politica
Per un quadro generale e aggiornato sulle caratteristiche della comunicazione politica in Italia – che tiene conto del contesto internazionale -, si legga Giampietro Mazzoleni, La comunicazione politica, Il Mulino, Bologna 1998. Marino Livolsi e Ugo Volli hanno curato l’interessante raccolta di saggi La comunicazione politica tra prima e seconda repubblica, Franco Angeli, Milano 1995. Un valido contributo all’analisi psicologica e semiotica della comunicazione politica è in Come la boxe. Lo spettacolo della politica in Tv (Laterza, Roma-Bari 2002), di Omar Calabrese. Attenta soprattutto agli aspetti della comunicazione politica inserita all’interno del circuito mediale (che comprende, oltre alla stampa, alla tv e al web, anche i mezzi “poveri” come manifesto e volantino o le forme di propaganda itinerante come il pullman elettorale e di protesta come il “girotondo”), è la ricca bibliografia posta in appendice da Donatella Campus al suo intervento La comunicazione politica di Berlusconi. Percorsi di lettura, in “Comunicazione politica”, V, 1/2004, pp. 179-189. A proposito dei meccanismi di carattere politico, sociale e culturale che influenzano il voto, è da leggere il volume La decisione di voto tra comunicazione di massa e influenza personale, a cura di Paolo Mancini, Laterza, Roma-Bari 2001. Una analisi seria, documentata (e di piacevole lettura anche per i non specialisti) della trasformazione del peso, della funzione e delle forme della comunicazione politica in Italia dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri si deve alla penna di Edoardo Novelli, La turbopolitica. Sessant’anni di comunicazione politica e di scena pubblica in Italia: 1945-2005, Bur-Rizzoli, Milano 2006.
Il linguaggio dei “nuovi” politici
Un breve densissimo saggio di Giuseppe Antonelli, Sull’italiano dei politici nella Seconda Repubblica (in L’italiano oltre frontiera, atti del V Convegno Internazionale [Lovanio, 22-25 aprile 1998], a cura di Serge Vanvolsem et alii, Leuven University Press – Cesati, Lovanio-Firenze, 2000), elabora una serie di criteri metodologici e analitici che consentono all’autore di classificare i diversi tipi di testo prodotti dai politici (a seconda del canale comunicativo, del contesto in cui si trova chi emette il messaggio e del tipo di destinatario) e discute, ponendoli, problemi e segnali relativi al passaggio, in Italia, dal linguaggio politico tradizionale al politichese dei politici del dopo-Tangentopoli. In particolare, Antonelli sottolinea e analizza due dinamiche: il passaggio dal paradigma della superiorità al paradigma del rispecchiamento nel rapporto (in particolare quello linguistico) instaurato dai personaggi politici con i destinatari dei loro messaggi; la tendenziale scomparsa delle antinomie ideologico-concettuali che animavano la polemica politica tra i partiti tradizionali (comunismo-democrazia, fascismo-antifascismo ecc.) e la comparsa sulla scena della ideologicamente vaga logica binaria vecchio/nuovo. Fanno tesoro dei criteri e delle analisi di Antonelli, Maria Vittoria Dell’Anna e Pierpaolo Lala, i quali, nel loro Mi consenta un girotondo. Lingua e lessico nella Seconda Repubblica (Mario Congedo editore, Galatina 2004), corredano il loro discorso con una ricca documentazione dei fattori di innovazione lessicale nella lingua dei politici degli ultimi dieci anni, collocando l’analisi dei neologismi politico-giornalistici all’interno delle strutturali categorie di innovazione lessicale proprie della lingua italiana e aprendosi a una problematica considerazione sull’effettiva novità dei cambiamenti intervenuti nel linguaggio dei politici italiani. Quest’ultimo nodo è affrontato di petto da Riccardo Gualdo e Maria Vittoria Dell’Anna, autori di La faconda Repubblica. La lingua della politica in Italia (1992-2004), edito da Manni, San Cesario di Lecce 2004. Nel primo capitolo, Gualdo, dopo aver riepilogato la cronologia politica degli anni che vanno dal 1993 al 2004, analizza i fenomeni che hanno contraddistinto la comunicazione politica tra continuità e novità: la dinamica vecchio/nuovo; personalizzazione e leaderismo; mediatizzazione spettacolarizzazione e marketing politico; comunicazione povera e uso dei nuovi media; forme della semplicità e forme dell’oscurità; riti e simboli vecchi e nuovi. Dell’Anna si concentra, nel secondo capitolo, su Lingua e nuova retorica politica, spiegando in quale senso si possa parlare di “lingua della politica”, cioè di “linguaggio dei politici e della politica di ogni giorno”, un linguaggio “che può dirsi settoriale solo nel senso ampio del termine, perché non riguarda un ambito d’uso circoscritto e non dispone di un lessico tecnico-specialistico, tendente all’univocità semantica”. In questa cornice, Dell’Anna, riprendendo e sviluppando l’analisi di Antonelli, distingue i testi politici in varie tipologie e cataloga, sulla scorta del Manuale di retorica di Bice Mortara Garavelli, Bompiani, Milano 2003, le figure retoriche che permettono di caratterizzare “oggi la lingua politica e coglierne gli elementi di continuità e di novità rispetto al politichese” tradizionale. Il punto di forza del libro sta nella presentazione di un’antologia di ventuno testi – scritti e orali, prodotti in differenti circostanze comunicative – di politici italiani, dal 1993 al 2004, corredati da un puntiglioso commento linguistico (al cui spirito ha cercato di conformarsi chi scrive nel prendere in esame, su questo sito, un testo scritto berlusconiano), con un’appendice iconografica che comprende alcuni significativi esempi di manifesti elettorali, suddivisi per appartenenza politica, sottoposti anch’essi ad attenta analisi. Lorella Cedroni – Tommaso Dell’Era, Il linguaggio politico, Carocci, Roma 2000, offrono invece una particolareggiata rassegna della ricerca teorica sul linguaggio politico, in Italia e all’estero.
Il linguaggio di Berlusconi
Martin Rueff, Berlusconisme, césarisme et langage politique, in
Parole nuove
Appariscente la verniciata neologistica che il linguaggio politico-giornalistico subisce a partire dalla metà degli anni Novanta del XX secolo. Si possono utilmente consultare i repertori degli Annali del lessico contemporaneo italiano, a cura di Michele A. Cortelazzo (tre volumi: Neologismi ’93-’94, Neologismi 1995, Neologismi 1996), Esedra editrice, Padova 1995, 1996, 1997; Il dizionario italiano. Parole nuove della Seconda e Terza Repubblica, Datanews, Roma 1995 (importanti gli spunti di analisi forniti nella Presentazione da Luca Serianni), e il Dizionario della Seconda Repubblica. Le parole nuove della politica, Editori Riuniti, Roma 1997, entrambi compilati da Silverio Novelli e Gabriella Urbani. Ricca la presenza di voci della lingua politica e politico-giornalistica nel vasto e rigoroso repertorio allestito da Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio, Olschki, Firenze 2003, da integrare con il successivo 2006 Parole nuove. Un dizionario di neologismi (degli stessi autori), Sperling & Kupfer, Milano 2005. Analitico e accurato il Glossario compreso in Mi consenta un girotondo, cit., che mette sotto la lente d’ingrandimento, ricostruendo la storia di ogni termine a lemma, una settantina di neologismi del linguaggio politico-giornalistico.
Questa bibliografia è tratta dal sito Treccani.it
Documenti
Lo storico discorso televisivo di 9 minuti con cui Silvio Berlusconi scese in politica il 26 gennaio 1994.
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CRONACA E STORIA
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Categorie:L00.08- Partiti e comunicazione politica
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