Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo, di tipo abusivo, tramite l’impiego di falsi metodi di opposizione e intimidazione nei confronti di sé stessi[1] o nei confronti dei pari[2] in particolare quando vi è una palese asimmetria di potere; può implicare molestie verbali, aggressioni fisiche, persecuzioni, spesso in base a discriminazioni etniche, confessionali, di genere o di orientamento sessuale.[3]
I primi studi sul bullismo si svolsero nei paesi scandinavi, a partire dall’inizio degli anni settanta[4], e, poco dopo, anche nei paesi anglosassoni, in particolare Gran Bretagna e Australia: uno degli studi pioneristici, in particolare, si deve alle indagini di Dan Olweus[5] a seguito di una forte reazione dell’opinione pubblica norvegese dovuta al suicidio di due studenti non più in grado di tollerare le ripetute offese inflitte da alcuni loro compagni.[6]
Sappiamo però che anche Vittorino da Feltre preferiva non ricorrere alle punizioni corporali, ma solo nel XVIII secolo con l’avvento dell’illuminismo e la pubblicazione di Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, i pedagogisti ispirarono a un nuovo approccio gli insegnanti. Analogamente alla modernizzazione della scuola, mutarono anche le soluzioni dei pedagogisti. Con la seconda metà degli anni novanta, ricerche analoghe furono condotte anche in Italia. Da segnalare il caso del Giappone con gli studi sull’ijime che si svilupparono verso un modello di analisi orientato alla psicologia di gruppo.
Letteralmente il termine significherebbe “prepotente”, “bullo”, tuttavia la prepotenza, come alcuni autori hanno avuto modo di rilevare,[7] è solo una componente del bullismo che è da intendersi come un fenomeno multidimensionale.
In Inghilterra non esiste una definizione univoca, mentre in Italia con il termine bullismo si indica generalmente «il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico».[6]
In Scandinavia, soprattutto in Norvegia e Danimarca, si usa il termine mobbing[8], così come in Svezia e Finlandia[9] derivante dalla radice inglese mob stante a significare «un gruppo di persone implicato in atti di molestie».[6][9] che è, appunto, il calco dell’inglese bullying.
Il bullismo può includere biasimi verbali, graffiti o altre forme scritte offensive, discriminazioni dal gruppo di pari, molestie, il plagio ed altre coercizioni.[10][11]
L’allontanamento dal gruppo in particolare è favorito da una serie di metodi quali la mormorazione, il rifiuto a socializzare con la vittima, il tentativo di spaventare i suoi amici di modo che si allontanino a loro volta. Oltre a tali metodi positivi, nel senso che sono finalizzati ad emarginare la vittima, ce ne sono altri di tipo negativo che, sotto le false spoglie di un probabile ingresso nel gruppo, nascondono il tentativo di procurare danni o discriminazioni, ad es. sottoponendo la vittima a dei rituali o ad attività pericolose come una partita truccata di poker, una competizione in macchina ad alta velocità, l’assunzione di alcolici o di altre sostanze proibite in gran quantità, ecc. Lo scopo è di alzare sempre più la posta in gioco in modo da far cadere la vittima in acquiescenza e di colpirla nel momento di maggiore debolezza o stanchezza[12][13] and self-reliance on the victim’s part[14]. Nel 2003 in Inghilterra, a fronte dell’incremento notevole di casi di bullismo, è stato necessario adottare nelle scuole un codice di comportamento per aiutare le vittime a denunciare i propri carnefici.
Il bullismo si basa su tre principi:
- Intenzionalità.
- Persistenza nel tempo.
- Asimmetria nella relazione.
Vale a dire un’azione intenzionale eseguita al fine di arrecare danno alla vittima, continuata nei confronti di un particolare compagno, caratterizzata da uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce. Il bullismo, quindi, presuppone la condivisione del medesimo contesto deviante.[15]
Esistono diversi tipi di bullismo, che si dividono principalmente in bullismo diretto e bullismo indiretto.
Il bullismo diretto è caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e a sua volta può essere catalogato come:[16]
- bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci, spintoni, sputi o la molesta sessualmente;
- bullismo verbale: il bullo prende in giro la vittima, dicendole frequentemente cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi, sgradevoli o minacciandola, dicendo il più delle volte parolacce e scortesie;
- bullismo psicologico: il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro false voci sul suo conto;
- cyberbullying o bullismo elettronico: il bullo invia messaggi molesti alla vittima tramite sms o in chat o la fotografa/filma in momenti in cui non desidera essere ripreso e poi invia le sue immagini ad altri per diffamarlo, per minacciarlo o dargli fastidio.
Il bullismo indiretto è meno visibile di quello diretto, ma non meno pericoloso, e tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola per mezzo soprattutto del bullismo psicologico e quindi con pettegolezzi e calunnie sul suo conto
Nelle azioni di bullismo vero e proprio si riscontrano quasi sempre i seguenti ruoli:
- “bullo o istigatore”: è colui che fa prepotenze ai compagni
- “vittima”: è colui che più spesso subisce le prepotenze
Una prima distinzione è in base al sesso del bullo: i bulli maschi sono maggiormente inclini al bullismo diretto, mentre le femmine a quello indiretto. I maschi in particolare, tendono maggioramente all’approccio di forza, mentre le femmine preferiscono la mormorazione.[17]
Per quanto riguarda invece l’età in cui si riscontra questo fenomeno, si hanno due diversi periodi. Il primo tra i 12 e i 14 anni di età, mentre il secondo tra i 14 e i 18, ma negli ultimi anni si sono riscontrati fenomeni di bullismo anche tra i ragazzi di 11 anni e anche di meno.
Un terzo ruolo è rappresentato dall'”attendente o spettatore” che partecipa all’evento senza prendervi parte attivamente (vedi infra).
Il bullismo, quindi, varia da un semplice rapporto diadico ad una gerarchia di bulli che si circuiscono a vicenda[18].
Le cause primarie di questo fenomeno sono da ricercarsi non solamente nella personalità del giovane bullo, ma anche nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi imposti dai mass-media, nella società che, oggi a volte, è disattenta alle relazioni sociali.
Oggi si ricorre soprattutto a sospensioni, pagelle e respingimenti, in altri paesi[19] non sono rare le soluzioni dei castighi corporali che, il più delle volte, non fanno altro che peggiorare il fenomeno. Queste soluzioni, infatti, non considerano il dialogo che il docente potrebbe instaurare col il minore.
Gli effetti del bullismo possono essere gravi e permanenti. Il collegamento tra bullismo e violenza ha attirato un’attenzione notevole dopo i fatti di Columbine nel 1999. Due ragazzi armati di fucili e mitragliatori uccisero 13 studenti e ne ferirono altre 24 per poi suicidarsi. Un anno dopo un rapporto ufficiale della CIA ha messo in luce per ben 37 volte di un tentativo pianificato da altrettanti ragazzi in diverse scuole americane, per i quali il bullismo aveva giocato un ruolo chiave in almeno due terzi dei casi.[20]
Si stima che circa il 60-80% del totale del bullismo a scuola, stia evolvendo verso forme inattese in senso stragistico e terroristico. Molti criminologi, ad es., si sono soffermati sull’incapacità della folla di reagire ad atti di violenza compiuti in pubblico, a causa del declino della sensibilità emotiva che può essere attribuito al bullismo. Quando, infatti, una persona veste i panni di bullo, assume anche uno status che lo rende meno sensibile al dolore, fino al punto che anche gli attendenti iniziano ad accettare la violenza come un evento socialmente conveniente.
A tal proposito l’Anti-Bullying Centre at Trinity College di Dublino è intenta ad approfondire le conseguenze del bullismo sugli aggressori stessi, sia minorenni che adulti, i quali sono più soggetti a soffrire di una serie di disturbi quali depressione, ansia, deficit di autostima, alcolismo ed altre dipendenze.[21]
I mass media hanno messo in luce certi casi di suicidio indotto da bullismo omofobico[22] Si stima che circa 15-25 giovani ogni anno tentano il suicidio a causa del bullismo.[23][24]
Gli adulti che abusano della propria personalità, che hanno un atteggiamento autorevole, combinato con il bisogno di controllare l’ambiente circostante[25], hanno anche una maggiore tendenza a sottovalutare le proprie vittime[26]
Sviluppi nella ricerca hanno dimostrato che fattori come l’invidia ed il risentimento possono essere indicatori di rischio per diventare un bullo.[27] I risultati sull’auto stima, in particolare, sono controversi:[28][29] mentre alcuni evidenziano un aspetto narcisistico[30], altri mostrano vergogna o imbarazzo.[31]
In alcuni casi l’origine del bullismo affonda le radici nell’infanzia, magari da parte di chi è stato a sua volta vittima di abusi[32][33][34] Ci sono delle prove che indicano che i bulli hanno molte più probabilità di avere problemi con la giustizia[35], e che possa strutturarsi da adulto in una vera e propria carriera criminale.[36]
Mentre in superficie, il bullismo cronico può apparire come una semplice azione di aggressione perpetrata su vittime casuali, il ciclo di riattivazione del bullismo può essere visto come una risposta inadeguata da parte della vittima verso l’aggressore, cioè di una risposta che è vista come stimolante da parte del bullo al fine di porre in essere i propri propositi devianti. D’altro canto, una risposta adeguanta presuppone la capacità da parte della vittima di ignorare le attenzioni dell’aggressore oppure di stare al gioco nell’ambito dei processi di comunicazione fra pari.[37] La vittima designata, comunque, deve necessariamente dimostrare in qualche modo di non essere intenzionata a continuare a subire alcuna intimidazione né altri sintomi che possano favorirne l’insorgenza. Quei soggetti, infatti, che riescono subito a scoraggiare chiunque ad effettuare nuovi tentativi di approccio deviante, sono coloro che più di tutti riescono a sfuggire dal distruttivo ciclo abusivo. D’altro canto coloro che reagiscono rapidamente a situazioni nelle quali si percepiscono delle vittime, tendono a diventare più frequentemente delle potenziali vittime del bullismo.[38]
Nonostante la maggior parte dei soggetti non sia interessata ad assumere il ruolo del bullo, ci sono un certo numero di persone che intervengono comunque nella vicenda. Tali individui sono i cd. “attendenti” e sfortunatamente tendono a prendere le parti del bullo. Nell’85% dei casi, gli attendenti sono coinvolti nella denigrazione della vittima o nella consolazione del bullo.[39]
Nella maggior parte dei casi, comunque, gli attendenti non fanno nulla che possa preoccupare né la vittima né l’aggressore, a meno che fino a quando il bullo non si stufi di avere gente intorno.[40] Ci sono al riguardo una serie di ragioni per le quali gli attendenti non intervengono, che variano dalla paura di diventare a loro volta delle vittime, alla differente percezione delle ingiustizie che si verificano nel corso della vita.[41] [42]
Spesso il bullismo ha luogo alla presenza di un folto gruppo di attendenti. In alcuni casi, grazie al proprio carisma o autorità, il bullo riesce a creare un’aura di suggestione che gli permette di conquistare il favore degli attendenti e rafforzare la sua volontà. Tali dinamiche sono spesso sottese al fenomeno delle cd. “baby gang”. A meno che non intervengano dei mutamenti significativi nella prima parte della vita di una gang, c’è il rischio che la “mentalità deviante” si strutturi progressivamente non solo nelle coscienze degli attendenti ma anche nel resto della scuola.
In alcuni gruppi dove tale mentalità ha attecchito, gli abusi e le ingiustizie diventano un denominatore comune all’interno del contesto di riferimento. Una certa tendenza ad elaborare in malo modo le informazioni emotive si riscontra negli attendenti ma in misura minore dei bulli. La conversione della mentalità deviante nei gruppi è spesso un lavoro che richiede molto tempo, risorse e coordinamento con i servizi sociali nonché l’assunzione di un certo rischio.
In diverse circostanze, le vittime possono scegliere in maniera casuale o arbitraria, specialmente nei gruppi sociali in cui la mentalità bulla può ottenere proseliti nella gerarchia del medesimo gruppo quando, ad es., i meccanismi di difesa del gruppo possono essere raggirati in modo tale che non sia necessario andare a cercare le vittime fuori dal quel gruppo. Il ciclo di tale comportamento implica qualche volta una previsione maggiore delle possibili risposte delle eventuali vittime, rispetto a quei gruppi dove la mentalità bulla si trova ad uno status ancora primitivo e dove, idealmente, è ancora possibile intervenire per recuperare i soggetti.[43] [44]
Generalmente, il ciclo deviante può includere sia atti di aggressione sia atti di reazione a disposizione dell’eventuale vittima che sono interpretati come stimolanti da parte del bullo. Il ciclo si basa essenzialmente sulla capacità di avere sempre degli stimoli che possano motivare l’aggressore a porre in essere i propri propositi deviati, a volte reiterati nel lungo termine per mesi, anni o per tutta la vita. Allo stesso tempo il ciclo può essere subito interrotto al suo nascere, o durante la sua progressione, se viene a mancare o l’atto abusivo o la risposta della vittima.
Mentre il coinvolgimento sociale può sembrare complicato per comprendere l’attività bullistica, lo stimolo che più frequentemente è implicato nella riattivazione del ciclo è la sottomissione. Nel momento di percezione dello stimolo, l’istigatore tenta di ottenere un riconoscimento pubblico per ciò che andrà a compiere, come dire: «vedetemi e temetemi, sono così forte che ho il potere di incutere timore verso qualsiasi persona ed in qualsiasi momento senza pagare alcuna conseguenza per le mie azioni!».
Nel momento in cui la vittima dimostra di possedere delle tendenze passive o comunque che la inibiscono di reagire, allora il ciclo continuerà a riattivarsi. Nei casi in cui il ciclo non si è stabilito ancora, la vittima potrebbe rispondere in modo che qualsiasi tentativo da parte dell’aggressore non avrebbe alcun effetto. All’uopo, le istituzioni possono inibire o rafforzare il bullismo, ad es., colpevolizzando le vittime ed inducendole a risolvere da soli i propri problemi.[45] [46]
A scuola, il bullismo si verifica non solo in classe ma in tutti gli ambienti che permettono le relazioni tra pari quali palestre, bagni, scuola bus, laboratori o all’esterno. In tali casi si pongono in essere dei comportamenti devianti tesi ad isolare un compango e guadagnare il rispetto degli attendenti che, in tal modo, eviteranno di diventare a loro volta delle vittime designate.
Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si presenta come una forma di violenza antitetica a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche): queste ultime sarebbero esogene, dove il bullismo è, invece, endogeno, una sorta di cannibalismo psicologico interno al gruppo dei pari. Inoltre è da sottolineare come quasi sempre, in particolare nei casi di ostracismo, l’intera classe di attendenti tende ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo, tramite meccanismi di consenso, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere la cultura identitaria del gruppo, sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio.
In molte scuole si stanno predisponendo dei codici di condotta anche per gli insegnanti.[47][48][49]
Si intendono sia le università che gli enti di ricerca dove sono più frequenti i rapporti tra docenti e propri assistenti, sia intesi come ricercatori che dottorandi.[50]
Le statistiche mostrano che il bullismo è più frequente sul posto di lavoro e che, mentre un impiegato su 10000 diventa una vittima di mobbing, uno su sei subisce atti di bullismo, molti dei quali non sono necessariamente illegali nel senso che non sono previste dalla policy organizzativa del datore di lavoro. Un’altra fattispecie sono le molestie sessuali che colpiscono soprattutto le donne, in tal senso gli studi presentano delle lacune sui danni subiti dai maschi[51][52].
Questa forma di bullismo è molto diffusa ma non sempre rilevata a causa dell’anonimato con cui agiscono gli aggressori magari tramite l’uso di email, forum asincronici, siti web, social network, etc.[53][54][55]
Il bullismo nei confronti di queste persone si caratterizza per comportamenti, specialmente di tipo verbale e denigratorio, specialmente in ambienti dominati da stereotipi e pregiudizi nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e LGBT.
A causa delle propria condizione, molti atti di bullismo compiuti su questo tipo di persone sono spesso confusi con i crimini d’odio[56] A peggiorare la situazione, interviene la difficoltà da parte loro di esprimersi al meglio in modo da attivare i dovuti interventi.
Un altro ambiente conosciuto per le proprie pratiche coercitive è l’istituto penitenziario. Ciò è inevitabile quando molti dei detenuti sono stati a loro volta bulli prima di finire in carcere ed ora si ritrovano a subire le medesime angherie da altri detenuti o, magari, dal personale di polizia penitenziaria.
Si è detto che tale comportamento può essere dovuto ad un generale consenso sui rapporti di forza in un dato ambiente di lavoro. Nel caso delle forze armente, i soldati accettano il rischio di perdere la propria vita, nella prospettiva di un miglioramento in carriera quando potranno a loro volta formulare ordini nei confronti di nuove reclute, sia di genere maschile che femminile.[57] In quest’ultimo caso però gli interessi personali sembrano prevalere rispetto a quelli prettamente pratici, nonostante il ruolo del militare in carriera attualmente sia molto meno impegnativo che nel passato.
L’enorme presenza di episodi di bullismo da parte dei mass-media hanno portato ad una crescente attenzione sul problema. Sono pensieri o opinioni sul bullismo essenzialmente errati, ma troppo spesso radicati:
- credere che sia soltanto un fenomeno facente parte della crescita;
- pensare che sia una semplice “ragazzata”;
- ritenere che si riscontri soltanto delle zone abitative più povere e arretrate (ipotesi dimostratasi falsa e inutile, alcune volte, ragazzi benestanti, perseguitano ragazzi più poveri)
- giudicare colpevole la vittima, poiché non in grado di sapersi difendere.
È di fondamentale importanza, infatti, che l’opinione pubblica riconosca la gravità degli atti di bullismo e delle loro conseguenze per il recupero sia delle piccole vittime, che nutrono una profonda sofferenza, sia dei propri prevaricatori, che corrono il rischio di intraprendere percorsi caratterizzati da devianza e delinquenza.[15] Da non sottovalutare la causa più importante: una libera scelta incondizionata e consapevole da parte del prevaricatore di danneggiare il compagno[senza fonte].
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Fonte: Wikipedia
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